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PERCHÉ OGGI LA POLITICA SAREBBE LA DISCIPLINA PIÙ IMPORTANTE PERCHÉ OGGI LA POLITICA SAREBBE LA DISCIPLINA PIÙ IMPORTANTE
Senza un ritorno al controllo della politica l’uomo finirà per essere inghiottito dalla tecno-distopia, senza capire come si è scavato la fossa con le... PERCHÉ OGGI LA POLITICA SAREBBE LA DISCIPLINA PIÙ IMPORTANTE

Senza un ritorno al controllo della politica l’uomo finirà per essere inghiottito dalla tecno-distopia, senza capire come si è scavato la fossa con le sue mani.

Di Massimo Franceschini

Pubblicato anche su Attivismo.info, Sfero

A ben vedere, siamo in un’epoca di “pensieri deboli”, ma “automaticamente” e spietatamente determinati a modificare ogni aspetto della realtà.

Gli assunti di questi pensieri sono così flebili da immaginare che i programmi di calcolo artificiale possano addivenire alla coscienza, o quantomeno ammettere sia corretto che possano “superarci” prendendo importanti decisioni al posto nostro.

Al posto dell’umano.

Viviamo così in questa finestra di Overton “sostitutiva” chiamata transumanesimo, con il conseguente postumanesimo, che mi fa apparire sempre più chiara una questione che potrebbe sembrare controintuitiva, se vista con gli occhi del pensiero unico dominante “progressista”: non è la scienza ad essere la massima espressione del pensiero umano, ma la POLITICA.

Proprio per questa ragione, paradossalmente, al giorno d’oggi la politica passa in secondo piano, devastata com’è dall’ignoranza, dai poteri forti che se ne servono e dall’antipolitica.

Al contrario dell’andazzo imperante, sono per la costruzione di una nuova volontà politica, un nuovo modo di intendere l’organizzazione e l’attività politica, che dovrebbero avere una forte predilezione per gli aspetti culturali e giuridici della politica stessa.

Quindi, da un punto di vista pragmatico, una “politica nuova” oggi mi sembra ancor più necessaria della filosofia, persino della ricerca spirituale e religiosa.

La Politica con la P maiuscola si nutre certamente di filosofia, di logica, di etica, in modo da avere una capacità di visione aperta, per così dire interculturale, pluralista, o almeno così dovrebbe essere: le moderne istituzioni liberali, la moderna concezione dello stato di diritto, la separazione dei poteri, molte Costituzioni e la Dichiarazione Universale dei diritti umani sono lì a dimostrarlo.

Il bello della politica, la sua vera sfida, risiede nel fatto che è “costretta” alla sintesi, se non altro lo era, almeno in parte, fino a qualche decennio fa: una necessità dovuta a quel necessario pragmatismo capace di rendere possibili e praticabili gli ideali, in quanto messi alla prova dell’ordine civile.

La tesi appena espressa, serve anche a capire l’antipolitica oggi imperante, soprattutto a livello popolare, che ci mette di fronte alla necessità di rispondere alla seguente domanda: se la politica è così importante, così determinante per l’uomo, perché l’antipolitica?

E di seguito: se la “facoltà politica” dell’uomo è così corrotta al punto da aver sviluppato il suo contrario, che speranza abbiamo di poter di nuovo aver fiducia in lei?

Oltretutto, vista la corruzione, sarebbe ancora giusto speraci?

Non sarebbe meglio abbandonarci agli algoritmi artificiali del nuovo “fideismo scientista” e tecnocratico, a quella “teoscienza” chiaramente imperante dal 2020?

Le domande appena poste sembrano tracciarne un’altra, senza uscita: se l’uomo è finito per tradire il suo essere politico al punto di adombrare un governo tecno-distopico, come la letteratura fantastica e fantascientifica preconizzavano da sempre, non vuol dire forse che tale destino fosse già tracciato e inevitabile?

Insomma, non è “giusto” e “fatale”, che le cose vadano in questo modo?

Evidentemente, la risposta a queste domande può variare a seconda del livello di comprensione personale, culturale e storica; può anche variare a seconda del senso di responsabilità umana e civile che si possiede.

Per quanto mi riguarda, posso ammettere quanto segue: il fatto che le cose vadano così è comprensibile, “razionale”, a questo punto inevitabile, a meno di quello che chiamo “miracolo politico”; certamente non posso ammettere che l’andamento delle cose sia giusto, o corretto, almeno da un punto di vista democratico e civile.

Abbiamo affogato la politica in una critica totalizzante, come spiego qui e qui un sostanziale gatekeeping; ne abbiamo preso le distanze proprio nel momento in cui i centri di potere che condizionano fortemente la politica hanno rafforzato la capacità di incidere come non mai sulle nostre vite.

La politica sembra una montagna non scalabile, proprio perché “posseduta” dai poteri forti, da consorterie antidemocratiche, più o meno palesi, extra istituzionali e sovranazionali.

Nessuna forza politica, nessuna nuova classe politica, nessun gruppo coeso di intellettuali ha voluto o saputo raccogliere la sfida dell’attuale società dello spettacolo integrato, una sfida totalizzante resa possibile dal nuovo livello tecnologico raggiunto.

Anzi: tutti, ma proprio tutti, anche i “professionisti del dissenso”, hanno di fatto riconosciuto e riverito l’autorità della tecnologia mediatica e socialmediatica, genuflettendosi ad essa, rimanendo così invischiati in un “attivismo mediatico” che non può che rimanere pre-politico, destinato com’è a compiere il suo corto respiro nell’effimera produzione di contenuti e kermesse di scarsissima rilevanza sociale.

Senza strategia, senza idea di organizzazione, senza concretezza e pragmatismo, senza autorevolezza e senza una reale comunicazione alla società civile nel suo insieme, si pratica soltanto un’inutile trasparenza, buona solo alla fugace soddisfazione della produzione dei contenuti, che esala in poco tempo il corto respiro permesso da una socialmediaticità ristretta negli algoritmi imposti dall’alto.

A mio parere, andrebbe compiuto un estremo tentativo di recupero della politica e delle sue istituzioni di formazione, come i partiti di massa del secolo scorso, che pur nelle loro imperfezioni erano ben altra cosa dai vuoti comitati elettoral-mediatici dei nostri tempi.

In questa serie di 5 articoli alcune mie modeste proposte in tal senso.

Se per qualche miracolo l’Occidente riuscisse a ricostruire una vera politica democratica e repubblicana, forse un giorno i libri di scuola potrebbero raccontare una diversa storia: quella che si sta costruendo sulla scia delle agende globali sghembe, false e antidemocratiche è di pessima fattura, ma purtroppo di grande resa perché ammannita con una sapiente “regia psico-mediatica”.

In caso contrario, buon futuro di asservimento a tutti.
(AI free)

3 febbraio 2024
fonte immagine: Wikipedia