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Alessandro Di Battista:      M5S, “Che fare?”          Quando una cosa facile è anche impossibile Alessandro Di Battista:      M5S, “Che fare?”          Quando una cosa facile è anche impossibile
Non è casuale il riferimento al romanzo di Černyševskij e ci serve per esprimere non tanto una similitudine politica con esso, quanto per dimostrare... Alessandro Di Battista:      M5S, “Che fare?”          Quando una cosa facile è anche impossibile

Non è casuale il riferimento al romanzo di Černyševskij e ci serve per esprimere non tanto una similitudine politica con esso, quanto per dimostrare la tesi che, molto spesso, pur pensando di cambiare nella realtà non possiamo, perché non riusciamo a svincolarci del tutto da quella matrice che ci rese in un certo qual modo, schiavi di noi stessi o degli altri. La protagonista del romanzo “Che fare?”, Vera Pavlovna, trovata una via di fuga da un destino di prigionia con un uomo che non ama, sposa il suo “salvatore”, Lopuchov, pur amando un altro uomo. Le accade perché l’intrepida eroina è ancora profondamente ancorata alle convenzioni del suo tempo: si strugge quando capisce di essersi innamorata del medico Kirsanov, perché si sente in dovere di amare Lopuchov, rimanendo quindi sottomessa ad un marito che considera suo liberatore.

E così l’intervista che Alessandro Di Battista ha rilasciato ieri al Fatto Quotidiano ci ha fatto riflettere sui meccanismi che oggi agitano i Cinque Stelle; ci dice Di Battista:

Ho ribadito le mie idee, e sono sempre le stesse. Ho insistito sulla necessità di una legge sul conflitto di interessi (oggi non si corrompe più con le bustarelle, si “corrompe” con consulenze e pagando politici per partecipare a convegni e conferenze). Ho parlato del sacrosanto recupero di tasse non versate da parte della Chiesa Cattolica e di altri istituti religiosi. Ho insistito sulla necessità di NAZIONALIZZARE le autostrade italiane. E’ lo STATO che deve guadagnare sulle autostrade (con l’obbligo poi di reinvestire gli utili in manutenzione e altre opere infrastrutturali), non i Benetton. Ho criticato aspramente il neo-liberismo che, prossimo agli ultimi colpi di coda, diventerà sempre più violento. Ho detto che se fossi un parlamentare non voterei il MES perché reputo che solo chiamarlo Meccanismo-Salva-Stati sia una balla colossale. Sono le mie idee, condivisibili o meno ma sono sempre le stesse“.

Ecco, soffermiamoci su questa prima parte: sul linguaggio, sul concetto, sulle modalità e sui risultati. Sui risultati certo, perché se il Movimento dopo dieci anni si trova incagliato in quegli stessi nodi che lo generarono, vuol dire che qualcosa non va. Il conflitto di interessi, il nazionalizzare per gestire senza il rischio d’ingerenze di dubbia matrice, il neo liberismo, l’Europa, il Mes, l’Euro e i suoi derivati, cioè il nostro modernizzato debito: tutte cose da infiocchettare sopra le barricate di una rivoluzione che doveva essere intellettuale, senza armi, senza vittime. Eppure, malgrado non sia scorso il sangue per le vie, qualche attivista (e non solo) oggi si sente morto nell’anima, inutile, spettatore di sé stesso, della propria schiavitù e della fine sempre più imminente di un sogno. E i parlamentari del Movimento ci appaiono come “la protagonista” del romanzo “Che Fare?“, pronti a cambiare ma impossibilitati a scegliere la vera via risolutiva. “Sono accadute” convivenze senza amore, pur nella difesa dei propri principi e nella obbligata condizione democratico/parlamentare, ma senza una incisività che potesse risultare reale, definitiva, efficace, rivoluzionaria. E di conseguenza, senza avere modo di essere felici. E senza felicità non c’è ottimismo, voglia di fare, ansia di costruire. Probabilmente è questo il messaggio che Di Battista (l’antieroe della vicenda) vuole dare agli amici del Movimento. Quasi in esilio (volontario) eppure sereno, perché la solitudine (politica), molto spesso, è quantomeno una condizione di onestà praticabile e soddisfacente.

Alessandro Di Battista è stato il primo a capire che si può incidere fino ad un certo punto politicamente. Del resto fu in tempi non sospetti che citò Mark Twain, classe 1835, che disse: “Se le elezioni servissero a qualcosa, non ce le lascerebbero fare”.

Ha detto molto, ieri, Alessandro Di Battista. Ha parlato dei nuovi liberal travestiti da ambientalisti, dell’inquinamento dell’industria bellica e della tanta ipocrisia che segue, di pseudo opere utili, di pseudo destra e pseudo sinistra, dei green liberal che sono una “nuova forma di capitalisti che pensano che utilizzare bicchieri biodegradabili a casa (cosa giusta, per carità) sia sufficiente a salvare il pianeta, ma che tacciono di fronte alle guerre di invasione mascherate da missioni di pace, che oltre a provocare morte tra gli esseri umani uccidono l’ambiente”. Tutte cose semplici quelle che dice Di Battista che scuote il Movimento: “abbiate il coraggio di scagliarvi contro il falso ambientalismo abbracciando proposte concrete. Il Movimento combatta contro le nuove forme di corruzione. La corruzione è come il doping, quando l’anti-doping arriva pensa già a nuovi aggiornamenti. Ripeto, oggi esiste un modo, purtroppo ancora spesso legale, per foraggiare la politica e dettarle la linea: le consulenze e le conferenze.

Tutte cose semplici quelle che dice Alessandro Di Battista, ingenue quasi, quanto l’innocenza di un bimbo che guarda la pioggia e ti dice: “apri sto benedetto ombrello”, ma tu alzi gli occhi al cielo e gli rispondi: “lo aprirei volentieri ma ho le mani mozzate”.

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