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Gaza: come siamo arrivati al genocidio Gaza: come siamo arrivati al genocidio
Daniel Vanhove (mondialisation.ca.) Sapevano. Tutti, sapevano. Tutti, avevano le informazioni. Bastava avere il coraggio di tenerne conto e di confrontarle con i racconti mendaci... Gaza: come siamo arrivati al genocidio

Daniel Vanhove (mondialisation.ca.)

Sapevano. Tutti, sapevano. Tutti, avevano le informazioni. Bastava avere il coraggio di tenerne conto e di confrontarle con i racconti mendaci del regime coloniale sionista. Ma, alimentati regolarmente dal ricordo colpevolizzante dei crimini commessi contro gli ebrei sotto il regime nazista, alla gran massa dei giornalisti e degli uomini politici è mancato quel coraggio. Non è stato fatto il lavoro elementare di uscire da questo sordido amalgama elaborato dagli strateghi sionisti che si servono del genocidio nazista e di smascherare i loro piani. Il sentimento di vergogna assoluta di fronte agli orrori del regime nazista ha sommerso, accecato e paralizzato il mainstream. Ciò che si svolge da decenni in Palestina occupata avrebbe dovuto non solo allertare tutti al massimo grado, ma anche mobilitarci sia collettivamente che individualmente.

Tanto più che esistono numerose informazioni documentate riportate da coloro che si sono recati sul posto e ne hanno testimoniato. Dai volontari anonimi alle ONG più famose. Invece, a cosa abbiamo assistito? A reazioni molto modeste nella forma, e mai efficaci. I nostri responsabili politici hanno moltiplicato le riunioni internazionali, i vertici di facciata e altri balletti diplomatici che hanno prodotto dichiarazioni timide e consensuali. Ma senza prendere la minima decisione vincolante per fermare un’ideologia criminale che ha avuto tutta la libertà di svilupparsi e di arrivare, con le sue odiose macchinazioni, al genocidio attuale che nessuno riesce più a fermare.

La cosiddetta ‘Comunità internazionale’, che sin dall’inizio ha imposto la partizione della Palestina ai suoi abitanti, si è adattata ai saccheggi delle terre per una quantità di cattive ragioni, e non vi ha opposto nulla di serio se non qualche misera protesta verbale. Questi furti venivano sempre compiuti con violenza, spesso fino a commettere crimini contro i Palestinesi depredati e aggrediti da coloni provenienti in gran parte dall’Europa e dagli Stati Uniti. Ma poiché si trattava di individui che si proclamavano appartenenti al ‘popolo ebraico’, nessuno ha osato reagire, e queste pratiche illegali sono diventate la norma, persino ‘banali’.

Il Diritto internazionale e umanitario è stato istituito dopo i massacri delle due guerre fratricide che hanno devastato l’Europa e si sono estesi oltre fino a essere definite ‘mondiali’. Numerosi giuristi ci lavorano in condizioni a volte difficili, tanto questo Diritto si scontra regolarmente con gli interessi economici e finanziari dei paesi dominanti che non intendono farsi imporre limiti nelle loro avventure coloniali predatorie. Nelle sedi dell’ONU, che dovrebbero essere esemplari, vige anche la legge del più forte, appena mitigata da alcune regole a cui la maggior parte degli Stati ha comunque accettato di sottostare. Eppure questo Diritto internazionale e le risoluzioni che emette occasionalmente non sono rispettati dalla colonia chiamata ‘Israele’ in virtù della sua eccezionalità. E nessuno ha trovato nulla da obiettare, se non le consuete riprovazioni tanto ‘banali’ quanto inefficaci.

Gli ‘avamposti’ – per riprendere il linguaggio del regime coloniale – impiantati dai vari governi sionisti si sono moltiplicati nelle colline e nelle terre desertiche abitate da beduini e i loro greggi, lontano dalle telecamere e per lo più ignorati dai media. Questi nomadi erano comunque visti dai paesi che si dicono ‘civilizzati’ come arretrati che vivono ancora sotto tende e si spostano secondo le stagioni, come un tempo. E poiché si trattava di Arabi, nelle abitudini delle grandi potenze, nulla di nuovo in questo razzismo inerente alle loro pratiche coloniali, e cosa c’è di più ‘banale’, in fondo?

Parallelamente, le abitazioni dei Palestinesi che vivono a Gerusalemme, ‘capitale eterna’ rivendicata come tale dall’entità sionista e confermata in tal senso dal suo principale sponsor statunitense sotto l’amministrazione Trump che alcuni trovano ‘molto meglio’ dei suoi avversari, sono regolarmente oggetto di espulsioni e demolizioni a favore di coloni ebrei, gettando così intere famiglie palestinesi in strada, nonostante i loro titoli di proprietà ereditati dai loro antenati e trasmessi nel corso delle generazioni. Ma chi se ne commuove, visto che queste pratiche mafiose sono diventate abituali e quindi, ‘banali’ nella giudaizzazione forzata della città?

Nello stesso tempo, la morsa si è stretta anche in Cisgiordania occupata dove sempre più spesso i Palestinesi vengono cacciati dalle loro case a favore di famiglie di coloni che così sottraggono l’abitato e le terre degli autoctoni, senza che nessuno vi opponga misure ferme per indicare che questi furti spudorati e i sradicamenti che provocano da oltre 75 anni non sono più accettabili. Impedendo in tal modo ogni soluzione a ‘due Stati che vivono fianco a fianco’, come ripetono ancora gli utili idioti che, riprendendo questa formula, non fanno altro che ritardare qualsiasi soluzione al problema. La Knesset ha infatti appena votato a stragrande maggioranza – 68 voti contro 9 – il rifiuto di qualsiasi Stato palestinese. Ancora e sempre la stessa ‘banalità’, insomma.

Durante questi lunghi anni di ostinata resistenza da parte dei Palestinesi, gli assassinii cosiddetti ‘mirati’ dai loro assassini hanno costellato le molteplici proteste e altri movimenti della popolazione civile palestinese, per lo più non violenti. La lista dei martiri si è allungata. Anche quella dei feriti, spesso per colpi di cecchini israeliani che a volte, per gioco, miravano le loro vittime per renderle disabili. Il numero di giovani palestinesi amputati delle gambe è sconcertante. Ma, il regime criminale responsabile di una tale politica affermava che di fronte ai lanciatori di pietre, aveva ben il ‘diritto di difendersi’, no!? Antifona ripresa in coro da tutti i responsabili politico-mediatici dei nostri paesi così pronti a usare la giustizia e i suoi decreti… in funzione di ciò che gli conviene. La ‘banalità’ ordinaria, insomma.

A volte, questi movimenti di resistenza hanno assunto le dimensioni di rivolte di massa, più violente, scuotendo la quotidianità di una politica coloniale che perseverava nelle sue operazioni di usurpazioni e furti di terre. Repressi in orribili bagni di sangue, non hanno suscitato alcuna opposizione seria da parte degli ‘amici di Israele’ che, al contrario, continuavano i loro affari con un regime che mostrava comunque tutti i segni di una politica di apartheid nei confronti delle popolazioni di cui aveva la responsabilità. Calpestando così i ‘valori’ dietro cui questi eletti indegni si rifugiano… quando gli conviene. Questi vasti movimenti di rivolta chiamati Intifada, repressi con estrema violenza e causando vittime che si contano a decine di migliaia per mano dell’esercito coloniale, non dovevano perturbare il normale corso dei contratti in corso con questo regime assassino. E dopo alcuni mesi di scontri, il ‘business as usual’ tanto ‘banale’ quanto di consueto, riprendeva il suo corso.

Di anno in anno, poi di decennio in decennio, il regime terroristico israeliano stringeva sempre più la sua presa sulla Palestina e proseguiva il suo macabro piano di liquidazione e di pulizia etnica della sua popolazione, con il culmine della barbarie nella trasformazione della Striscia di Gaza in un enorme campo di concentramento, un vero e proprio ghetto tagliato da ogni contatto con le città e i villaggi fratelli palestinesi. Mantenuto in vita da un calcolo sordido di razioni caloriche trasportate da camion, 2.300.000 Palestinesi sono sottoposti a ogni sorta di esperimenti di sicurezza al servizio dell’industria della difesa di questo regime criminale che si vanta delle sue prodezze ‘in vivo’. E gli ‘amici di Israele’ firmano grossi contratti per beneficiare di queste tecnologie all’avanguardia, testate sui Gazaoui abbandonati da tutti in quello che è diventato un campo di sperimentazione e di sterminio, considerati come ‘banali’ cavie.

Di recente, convinti al massimo grado che con la loro supremazia tecnologica potessero controllare tutto ciò che accade in Cisgiordania e soprattutto nella Striscia di Gaza, la risposta dei gruppi della resistenza guidate da Hamas attraverso la loro operazione ‘Ouragan d’al-Aqsa’ ha preso tutti di sorpresa, in primo luogo l’infame regime di apartheid che è stato colto alla sprovvista dai palestinesi che hanno dimostrato di quale coraggio siano capaci. Da allora, l’orrore ha superato ogni limite ed è dell’ordine dell’inumanità. Il regime terrorista israeliano, convinto della franchigia che gli è stata concessa da sempre al riparo del suo scudo americano, si permette l’impensabile, l’innominabile. Ogni barbarie viene dispiegata con una ferocia e un sadismo che rasentano la patologia. Nessuna vita palestinese è al sicuro. Anziani, donne, bambini, neonati, prigionieri, malati, tutto passa. Compreso il bestiame malato che ancora si trova lì. Facendo così, ha perso in pochi mesi il sostegno pubblico che aveva impiegato decenni a costruire in tutto il pianeta, basandosi sul suo destino che vorrebbe così particolare. Sempre più cittadini hanno preso la misura dell’ignominia e vomitano questo regime coloniale, e nella scia criticano i loro stessi governi per non aver agito con fermezza contro i responsabili politici di un tale regime di terrore. Svelando alla luce del giorno questa giustizia calpestata, a geometria sempre più variabile, e che sembra aver perso ogni bussola quando si tratta della Palestina e della sua popolazione araba sacrificata.

Questa pigrizia morale e intellettuale porta a una deriva inevitabile, fino all’abbandono dei nostri punti di riferimento sempre più vaghi e confusi, dimostrando fino a che punto i nostri responsabili politico-mediatici abbiano perso il minimo di etica. Ma, non sono forse i nostri rappresentanti? E quindi, una tale ‘banalizzazione del male’ non ci riguarda tutti, a titolo privato come a titolo collettivo? Come sono arrivate le nostre società a questo punto?! Alcuni pensano che, lasciando un regime mettere in atto lo stesso tipo di atrocità che una parte dei suoi antenati ha conosciuto sotto il III Reich tedesco, si riscattino dal loro passato e che in tal modo venga resa una qualche giustizia? Come accettare che, con i nostri mezzi di comunicazione attivi 24 ore su 24, una popolazione già allo stremo venga privata di cibo e acqua da una politica coloniale che i nostri governi sostengono?! Non abbiamo alcuna scusa!

Sapevamo. Per quanto riguarda la Palestina, è già da molto tempo che ogni limite è stato superato. E già da molto tempo avremmo dovuto fare pressione per costringere i nostri governi ad agire con determinazione, richiamare i nostri diplomatici, espellere quelli di questo odioso regime, interrompere gli accordi di associazione con l’Europa, rifiutare l’accesso alle competizioni sportive e manifestazioni culturali, fermare ogni finanziamento con il pretesto di ‘ricerche’, così come interrompere ogni consegna di armi, ecc… Insomma, prendere una serie di sanzioni drastiche nei confronti di questo regime sionista e razzista, senza lasciarsi impressionare dal ‘jolly’ dell’antisemitismo regolarmente brandito dai nazisti che lo sostengono minacciando coloro che fanno perfettamente la differenza con l’antisemitismo.

È inaccettabile distogliere lo sguardo: sapevamo! La Palestina è sacrificata sull’altare delle nostre codardie. E oggi, ciò che è di una gravità indicibile, è che non solo abbiamo lasciato fare, ma continuiamo a lasciare che il male assoluto diventi una ‘banalità’, sotto i nostri occhi… il che ci rende corresponsabili del genocidio della popolazione palestinese rispetto alla quale avremo, credeteci o no, un debito che dovremo pagare. E più i giorni passano, più questo sarà pesante.

Daniel Vanhove

19.07.24

Daniel Vanhove, Francia / Belgio: osservatore civile in Palestina 2001 – 2004. È autore di diversi libri: co-autore di “Retour de Palestine”, 2002 – Ed. Vista; “Se distruggete le nostre case, non distruggerete le nostre anime”, 2004 (Prefazione di Ilan Halevi – Ed. M. Pietteur); co-ideatore del DVD “Sull’orlo della morte, coltiviamo la speranza”, Testimonianze in situ che accompagnano il libro, La Democrazia Menzogna, 2008 – Ed. Marco Pietteur – coll. Oser Dire. Amministratore del blog Movimento Cittadino Palestina (MCP). È associato di ricerca del CRM (Centro di ricerca sulla Mondializzazione).

La fonte originale di questo articolo è Mondialisation.ca Copyright © Daniel Vanhove, Mondialisation.ca, 2024

Traduzione dal francese di Franco Slegato