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Una domenica qualunque Una domenica qualunque
Sono tornato dalle vacanze e qualcuno mi ha detto che a fine settembre si andrà a votare. Vero vero? Continuavo a chiedere con lo... Una domenica qualunque

Sono tornato dalle vacanze e qualcuno mi ha detto che a fine settembre si andrà a votare. Vero vero? Continuavo a chiedere con lo sguardo sperando di trovare nell’interlocutore il ghigno dello scherzo. Invece no. Tutto vero. Azzerate le ultime volontà Cinquestelle, ovvero il “giorno utile in più” (ma solo uno davvero), che consegnerà loro i 40 denari di pensione e un seggio sicuro nell’eterno inferno dantesco, ci troveremo immersi nelle solite schermaglie da bar, in cui per breve tempo, rispunteranno nostalgici di ere sepolte e nuovi germogli, figli del decadentismo contemporaneo. Lo scontro, apparentemente duro, vedrà vincere (o perdere) entrambi gli schieramenti popolari. L’ironia della sorte è che non se ne accorgerà nessuno: troppo debole l’ideale politico, fragile l’entusiasmo sentimentale in un’epoca afflitta dalla speculazione finanziaria, madre e padre ermafrodita di guerra e pandemia; impalpabili le identità nazionali, sempre più alla catena di un’Europa prigione del Vecchio Continente e schiava del blocco occidentale U.S.A.

Essere di destra o di sinistra non solo non ha più senso ma è del tutto ininfluente. A vari livelli, ostinandoci a restare nel sistema, saremo sempre più impoveriti: Stato, regioni, città, comuni, rioni. Chi si arricchisce? Un pugno di uomini che detiene, dalla punta della piramide, le tessere singole di ogni elemento finanziario, dai finti soldi che girano opportunamente depauperati di un valore reale, alle mega strutture economico/sanitarie, alimentari, industriali. Chi si assicura un apparente benessere? Gli impiegati di lusso di questo sistema (politici, giornalisti, dirigenti) che fino alla base dell’iceberg, vengono comprati, depurati dell’anima e nutriti con i frammenti di un’esplosione che sta letteralmente spazzando via il pianeta. La popolazione? Cuccioli senza madre circondati da sciacalli.

Ma cosa è rimasto della destra e della sinistra? Il vestito. Gli occhiali e i maglioni di Mughini o le cravatte di Caprarica insomma. Un vestito logoro, rattoppato, ritinteggiato e fuori moda. Prestissimo verrà riposto nell’armadio, giacché la politica oggi, come ha dimostrato l’ultima legislatura del tutti insieme, non è schieramento identitario ma economia europea. Tutto il lavoro anti sociale deve essere orientato all’eliminazione dell’intruso, che sia esso cultura, valore, eccellenza, unicità. In modo tale che, cancellando la riflessione profonda, non resti che una superficie sicura e allettante, fatta di droghe tecnologiche, cibo “leggermente” avvelenato, depressione da mancanza di frenesia, inutilità e dissolvimento.

In un mondo in cui l’uomo (ma non l’umanità) ha raggiunto traguardi tecnologici tali, per cui non dovremmo più lavorare per vivere ma divertirci nel lavorare, in un mondo in cui dovremmo distribuire la ricchezza (ottenuta, presente, reale), prolificare, rafforzarci, aumentare le aspettative di vita e conquistare le stelle, ci troviamo invece a nasconderci dietro al dito dei nuovi padroni silenziosi, senza battere ciglio, poiché è più facile nutrirsi delle briciole che pensare di rischiare di perderle. Anche se devi vendere la madre o un amico.

Alcuni di noi possono fieramente affermare di non far parte di questa piramide. O di tentare faticosamente di starne alla larga. La speranza non è ancora morta. Qualcuno se ne è andato, qualcun altro è stato cacciato ed esiliato; forse chissà, la maggior parte ha semplicemente scelto la strada di un’indipendenza fatta di cose semplici ed utili. Di cose prive della falsa ricchezza che illude di necessitare del superfluo, ma straripanti di quella libertà ottenibile grazie ad un prezzo altissimo ma giusto, deciso da te e non da altri.

m.m.