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Salvini, Franceschini e Renzi, come il sistema tenta di neutralizzare l’anomalia 5 Stelle Salvini, Franceschini e Renzi, come il sistema tenta di neutralizzare l’anomalia 5 Stelle
Correva l’anno 2016, e ciò significa meno di tre anni orsono, quando l’ex e attuale ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, elaborava con chiarezza... Salvini, Franceschini e Renzi, come il sistema tenta di neutralizzare l’anomalia 5 Stelle

Correva l’anno 2016, e ciò significa meno di tre anni orsono, quando l’ex e attuale ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, elaborava con chiarezza e spessore la sua visione della situazione politica nazionale.

Tre anni, in politica, possono essere tanti o pochi, a seconda del mutare degli scenari internazionali ed economici: questo può comportare un mutamento di posizioni, che solo gli sciocchi, molto spesso, definiscono ‘tradimento’. Quello che non cambia, di certo, in tre anni (a meno che non si parli di un sedicenne che sta cercando di formarsi una sua idea politica) sono i fondamentali, i principi, le scelte di campo ideologiche, che non risentono in quanto tali di considerazioni tattiche, perché si basano su una precisa visione della società.

Veniamo a noi. veniamo a Dario Franceschini, il massimo artefice della svolta ‘giallo-rossa’, assieme a Matteo Renzi – che è però personaggio anomalo, o almeno caratteristico, perché non ha alcuna idea o valore di riferimento che non sia Matteo Renzi.

Cosa affermava Dario Franceschini solo tre anni orsono?

Affermava che lo «schema» attuale della politica, in Italia come in Europa, vede da una parte le forze populiste, e dall’altra quelle «sistemiche», cui lui appartiene, insieme al Partito Democratico.

Citazione testuale (a Direziona Nazionale del PD) : “Io penso che siamo dentro questo schema, e che dobbiamo abituarci che lo schema nuovo è “populisti/sistemici”, e noi dobbiamo chiaramente cercare di aggregare quelli che sono contrapposti, in varie forme e con varie storie, al populismo, che in Italia si manifesta in forme diverse e tende facilmente ad aggregarsi”.

Qual è l’elemento centrale di questa affermazione? E’ il riconoscere l’esistenza di un sistema di potere definito, e fortemente radicato. rivendicando di esserne convintamente parte integrante.

Ne discende un’idea della propria azione politica come difesa dello status quo. Ne discende l’accettare il ruolo di ‘cameriere dei banchieri’, o se volete di cane da guardia del capitalismo finanziario, che indiscutibilmente è il dominus di questo sistema economico sociale e politico.

La Lega – come ha fatto Trump negli USA – si traveste da movimento populista e ‘sovranista’ italiano, mentre è espressione dei ceti industriali del nord, per dragare consensi fra la povera gente (povera innanzitutto in consapevolezza politica, e poi in termini di potere e di denaro). Si allea col M5S e resta al governo il tempo sufficiente per incassare un grande consenso sul tema del blocco dell’immigrazione: ma lo fa saltare quando devono venire al pettine i nodi veramente populisti, come la riforma della giustizia, il salario minimo garantito, il taglio dei parlamentari. Tutti elementi che la Lega non può accettare, o meglio che i veri padroni della Lega non possono accettare. Quindi Salvini fa saltare il Governo, e conta di andare diritto alle elezioni, con la benedizione, pensa, dei poteri forti, garantiti da Giorgetti. Ma c’è un problema, un grosso problema. Per dragare il suo 30% Salvini ha dovuto assumere posizioni rigidissime contro l’immigrazione e contro l’Europa (imbarcando gente come Borghi, Bagnai e Rinaldi) , e ai poteri forti servono sia l’immigrazione clandestina (che distrugge il mercato del lavoro) e la camicia di forza europea garanzia e regolatrice dei loro equilibri. Il rischio che alle elezioni Salvini riesca a conquistare proprio i ‘pieni poteri’ appoggiato da FdI e tagliando fuori i popolari moderati e filo UE di Berlusconi, è troppo alto. Far fuori i 5 stelle e ritrovarsi con un dittatore megalomane non è una soluzione. Ecco scendere in campo Franceschini, che guida il Partito Democratico verso l’alleanza col M5S (come fece la Lega) dandogli un’immagine ‘di sinistra’: in perfetto accordo con la fuoruscita di Renzi dal Partito. L’uscita di Renzi, avvenuta subito dopo la sua partecipazione al Bilderberg – se qualcuno avesse avuto ancora dubbi sulla sua appartenenza “sistemica” – va vista in quest’ottica: restituire a un partito di sistema un appeal verso le classi deboli, che le sottragga all’azione del M5S.

Grillo ha ordinato al M5S, in un mare in tempesta, di continuare tranquillamente nelle sue politiche di sinistra, in favore delle classi deboli, fregandosene bellamente dei compagni di viaggio, ed anzi accettando evidentemente la sfida ad acquisire l’elettorato ‘di sinistra’ , che in Italia vale circa il 40/45%, esattamente quanto l’elettorato ‘di destra’.

Per ora tutte le posizioni hanno il loro punto di forza.

Salvini pronto per le elezioni, dove sarà il primo partito, provando anche a farsi una legge elettorale su misura;

Il PD di Franceschini di nuovo in condizioni di difendere il sistema, stando al governo;

Renzi con una formazione sua che gli garantisce visibilità e potere, le uniche cose che gli interessano;

Il M5S si salva dall’inevitabile tracollo elettorale e può giocare sulla lunga distanza, facendo approvare riforme ‘di sinistra’ che gli garantiscano un bacino elettorale di nuovo intorno al 25%.

Ma i punti deboli, pure, esistono per tutti e quattro gli attori.

La Lega è debolissima in Parlamento. se anche riuscisse a vincere un referendum elettorale, è sicuro che M5S e PD si metterebbero d’accordo per cambiare la legge e dunque vanificarlo.

I ‘sistemici’ di Franceschini dovranno per forza frenare le velleità ‘populiste’ del M5S, e così rischieranno di perdere l’immagine di sinistra su cui si giocano il futuro elettorale.

Renzi, nonostante la sua consueta arroganza, ha in mano una minuscola forza politica, senza orizzonti e cultura politica, con una ‘classe dirigente’ che rasenta il nulla cosmico, e soprattutto ha lasciato di sé un ricordo così spiacevole da non poterlo riscattare in alcun modo.

Il M5S, in perfetta specularità con il PD, è obbligato a far passare i suoi provvedimenti populisti: se non ci riesce e deve sacrificare troppo del suo programma, vedrà i suoi potenziali elettori, e ancor più, la sua base, abbandonarlo, e abbandonare ogni speranza nell’azione politica.

Se lo scenario è questo, a determinare il risultato della partita, che presumibilmente si avrà di qui a 2/3 anni, saranno da un lato l’abilità degli attori, dall’altro le scelte dei Poteri Forti, che schierando le truppe dell’informazione e dei finanziamenti giocheranno il ruolo di dominus.

Ci aspetta una bella partita.

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