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Il futuro dell’Italia e il Recovery Fund (le stime dell’FMI) Il futuro dell’Italia e il Recovery Fund (le stime dell’FMI)
Il pericolo è la crescita dell’indebitamento pubblico in mancanza di una moneta nazionale Il Fondo monetario internazionale aveva, nel mese di giungo, valutato che... Il futuro dell’Italia e il Recovery Fund (le stime dell’FMI)

Il pericolo è la crescita dell’indebitamento pubblico in mancanza di una moneta nazionale

Il Fondo monetario internazionale aveva, nel mese di giungo, valutato che il PIL italiano sarebbe sceso, a causa del lock-down e delle altre misure restrittive della libertà personale, che si riverberano sui consumi, del 12,8%.

Come spesso accade nelle previsioni affidate alla ‘scienza economica’ (talmente tanto scienza da non aver saputo prevedere neppure la gigantesca crisi mondiale del 2008) le cifre, dopo soli tre mesi, sono già cambiate. Adfesso si parla di una contrazione del 10,6%.

Sempre il FMI e sempre in giugno, aveva previsto una crescita del 6,3%. Ma in questo caso gli ‘esperti’ erano stati troppo ottimisti, e la nuova cifra è il 5,2%

Peggiora invece lo scenario di crescita, con una ripresa nel 2021 al 5.2%, più lenta di 1,1 punti rispetto alle precedenti previsioni. 

Le spese previste, e in parte già attuate in via ordinaria, con i finanziamenti del Recovery Fund, porteranni il debito pubblico, sempre secondo il FMI, al 161,8% – dall’attuale 134,8 – e si trtatta di una cifra sconvolgente.

Questa improvvisa conversione dell’UE a una politica di indebitamento degli stati, è dovuta alla crisi in atto, e dunque alla necessità di investimenti, pubblici e privati, che permettano di ripartire a ogni singolo stato.

Quando, in tempi lontani, la stessa richiesta, ma in termini assai più edulcorati, era stata fatta dal governo giallo-verde, la risposta era stata negativa su tutti i fronti, e la tesi sostenuta dai seguaci dell’austerity è che una politica Keynesiana non faccia altro che drogare l’economia, con ricadute pesantissime in termini di inflazione.

Senza addentrarci, quello che fa molto riflettere è che l’Italia chiedeva lo sforamento del mitico 3% (riducendo addirittura la richiesta d’indebitamento a un modesto + 2,6%) proprio per uscire da una crisi strutturale, caratterizzata da un aumento della povertà e da un tasso spaventoso di disoccupazione giovanile, soprattutto nel Mezzogiorno.

Adesso, improvvisamente, quello del debito non è più un tabù, e nessuno si azzarda più a evocare un provvedimento che è stato addirittura messo in Costituzione: il mito ‘pareggio di bilancio’. E certo, non è più solo l’Italia a essere in difficoltà. Infatti, se per il 2020 l’Italia avrà un deficit del 13%, la Francia seguirà con un bel 10,8.

Ci si domanderà a cosa servissero pareggio di bilancio e parametro defict massimo del 3 (poi, per l’Italia, 2,06) %. Ora la risposta è facile e senza possibilità di smentita: a mantenere inalterati i rapporti di forza economici all’interno della UE.

I soldi del Recovery Fund sono concessi sulla base di un piano strutturale di riforme del sistema economico e produttivo nazionale, allo scopo di renderlo più efficiente. Nell’attuale condizione, nel 2020 il tasso di disoccupazione arriverà all’11%, con un aumento dell’1,1 rispetto al 2019, secondo il FMI nel 2021, pur con il miglioramento del PIL,  crescerà. La previsione dà circa l’1% in più, e se le nuove misure di efficientamento del sistema avranno o meno efficacia su questo basilare parametro, non è dato sapere. Ricordiamo che il tasso medio di disoccupazione nella UE è del 8,9%, ma ricordiamo anche altre due cose:

  • il tasso di disoccupazione riguarda che cerca attivamente lavoro, e non è da confondere col tasso di occupazione, che riguarda la totalità della popolazione
  • L’UE stabilisce un tasso massimo di occupazione per ogni economia nazionale, sulla base di calcoli della ‘scienza economica’.

Il via libera a un gigantesco indebitamento per un paese che non sia padrone della propria moneta (condizione questa che la teoria Keynesiana dava invece per scontata) per quanto oggi indispensabile apre la strada a scenari pericolosi ed inquietanti. Una ripresa della politica di ‘austerity’ della UE segnerebbe un tracollo per la nostra economia.

Franco Slegato