8 settembre – I manifestanti di Hong Kong cantano Star Spangled Banner in appello a Trump per chiedere aiuto. Così le migliaia di manifestanti di Hong Kong hanno invitato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a “liberare” la città governata dalla Cina. Alla 15esima settimana, prosegue il forte attrito tra il Governo cinese ed i suoi rappresentanti ad Hong Kong e gli abitanti, furiosi per le misure restrittive della PRC nei loro confronti. Un canto indirizzato a quello che appare, evidentemente per loro, un baluardo di democrazia, costituisce l’ultima di una serie di manifestazioni che hanno attaccato il territorio per mesi.
Il bollettino registra oggi un punto a sfavore dei manifestanti, bloccati nel loro ennesimo tentativo di destabilizzare i trasporti e il commercio provocando disordini, ancora una volta, all’aeroporto internazionale: la polizia è riuscita, infatti, od operare massicce operazioni di controllo e prevenzione, impedendo di fatto la possibilità stessa di assembramenti. La cronaca registra perquisizioni, sorveglianza capillare ed azioni fortemente limitanti persino dei più classici ritrovarsi con abbracci fra familiari.
Mentre il cordone dissuasivo riusciva così ad evitare gli scontri condotti la settimana scorsa proprio all’aeroporto e nelle vie di accesso, con lanci di sassi da parte dei manifestanti anche sui treni e nella metro, gli incidenti e i tafferugli si sono spostati ieri ed oggi, come riporta l’agenzia Reuters, “sulla linea della metropolitana di Tung Chung, città satellite adiacente all’aeroporto, tra centinaia di manifestanti e polizia in tenuta antisommossa. Altri sit-in, sempre nella stessa città, si sono tenuti in un centro commerciale gestito dall’operatore del servizio delle metropolitane. In centinaia hanno dimostrato venerdì sera a Mong Kok, distretto della penisola di Kowloon. Le forze dell’ordine hanno fatto ricorso ai lacrimogeni e agli spray urticanti nel tentativo di disperdere la folla“.
La densità della popolazione contraria al regime cinese e l’espandersi a macchia di leopardo delle azioni di guerriglia non preludono a una precoce risoluzione della questione. Come un’anguilla che sa assumere velocemente diverse fattezze, la massa degli honkonghesi, contraria a Pechino cresce e cambia ogni volta l’obiettivo da colpire per indebolire il braccio di ferro cinese. Ora, questo appello a Trump, potrebbe complicare ulteriormente la situazione dal punto di vista dei rapporti fra diplomazie. Già il 15 agosto scorso, il presidente americano, che deve fare i conti con il crollo delle borse e lo spettro della recessione globale dovuti alla guerra commerciale con Pechino, invitò il suo collega cinese, Xi Jinping, a dialogare con Hong Kong. Essere indicato ora come principale interlocutore a garanzia delle libertà rivendicate, aumenta il suo peso di “antagonista” suo malgrado della Cina.
Ariel
*Per approfondire le motivazioni che hanno portato a questo stato di cose, può essere utile l’articolo pubblicato da ON la settimana scorsa: https://ovidionetwork.it/hong-kong-cresce-la-rivolta-e-la-repressione-si-fa-durissima/