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Giornata della memoria/1          Ebrei e non solo Giornata della memoria/1          Ebrei e non solo
Soltanto cambiando il soggetto della Storia ci libereremo dalla barbarie Alla fine del secolo XIX, la cultura europea era impregnata di antisemitismo, e questo... Giornata della memoria/1          Ebrei e non solo

Soltanto cambiando il soggetto della Storia ci libereremo dalla barbarie

Alla fine del secolo XIX, la cultura europea era impregnata di antisemitismo, e questo antisemitismo la fece da padrone fino alla metà del secolo successivo. Il nazismo era ben di là dall’apparire, e il veicolo di questa infezione era il cattolicesimo, che aveva anche la possibilità di renderla ‘popolare’, nel senso che i fedeli apprendevano l’odio per i ‘giudei’ direttamente nelle chiese e dalle prediche dei preti.

Se questo modo di avvicinarsi al tema di oggi (la giornata della memoria) appare indigeribile, è perché riversare tutta la colpa dell’olocausto sui soli nazisti è stata la scelta ‘ufficiale’ più comoda, capace di lavare le coscienze. Ma se si pensa che addirittura Alcide De Gasperi scriveva, su un quotidiano austriaco, articoli contro gli ebrei, non sarà difficile capire la verità.

Hitler era senza ombra di dubbio un fanatico, che riunì attorno a sé altri fanatici e seppe addirittura fanatizzare le masse. La sua stella polare era la Razza Ariana, di cui la Germania costituiva la guardia armata. Il suo nemico era il popolo ebraico, per una questione di supremazia. Difatti gli ebrei a loro volta si considerano il ‘popolo eletto’, quello che ha un rapporto speciale con Dio. Ovviamente parliamo qui degli Ebrei praticanti, che ispirano le loro idee e le loro convinzioni ai testi sacri, in cui i ‘gentili’, ossia i non ebrei, sono indicati come esseri inferiori, in un innegabile parallelismo con i cosiddetti “untermenschen” (sotto uomini) dei nazisti.

Pensare a un intero popolo, o a una razza, come soggetto della Storia, quindi come una sorta di individuo cui assegnare colpe e primati, è un vizio che perdura da secoli e secoli, addirittura allargato dal marxismo alla categoria di ‘classe sociale’: per cui l’umanità va a ramengo, gli individui divengono sacrificabili, ammazzare 1.000.000 di ebrei diventa normale, deportare 1.000.000 di armeni o di curdi, o addirittura di kulaki (contadini russi)) altrettanto accettabile, sganciare due bombe atomiche su due città Giapponesi (le ‘scimmie gialle’ come simpaticamente li chiamavano i marines) un normale atto di guerra… di stermini, massacri e deportazioni è piena la storia, cambiano i termini e i metodi, ma dai saccheggi delle città conquistate (delenda Cartago) a Pizarro a Custer, dalla rotta triangolare alla Vandea, alla conquista del Sud chiamata ‘risorgimento’ per arrivare, oggi, ai Palestinesi rinchiusi del lager di Gaza, o sterminati a Sabra e Chatila, la sostanza non è cambiata.

Ora, se non ci liberiamo del condizionamento per il quale protagonisti della vita e della storia non siamo noi come persone, ma le entità collettive, non ci libereremo mai di questa attitudine a ‘punire’ collettivamente persone che non hanno alcuna colpa se non quella di essere nate in Israele o in Siria, o da famiglia di religione cattolica o islamica. Anche il terrorismo islamico infatti nasce da questo condizionamento: noi siamo ‘cristiani’ e dunque nemici dell’Islam e dunque dobbiamo morire. Che a me non interessi nulla né di Cristo né di Maometto, per il terrorista non fa alcuna differenza.

Il funzionario del Reich o il soldatino delle SS che custodiva e maltrattava e uccideva i nemici ebrei nei campi di concentramento è parente stretto delle giubbe blu di Custer, ma anche del pilota Israeliano che sgancia le sue bombe sulla striscia di Gaza.

L’unico modo che riesco a concepire per rendere davvero omaggio a tutti i poveracci che nei secoli sono stati vittima di questa visione, (a ben guardare proprio demenziale) è quello di cambiare, almeno io, prospettiva e modo di pensare alle cose del mondo. Perché se è vero che l’identità collettiva esiste, (magari, come quella italiana, costruita ad arte in un paio di secoli) se è vero che esiste anche un inconscio collettivo nazionale, pure non è accettabile, e parlo sempre per me, che mi venga imputata una qualche colpa storica degli ‘italiani’ solo perché sono nato a Milano.

A questo cambiamento, quanto meno a provarci, invito chi oggi mi legge, perché forse il problema non è tanto non dimenticare, ma piuttosto far sì che non accada.

Franco Slegato