ovidio news
Coronavirus e psicologia: gli effetti a lungo termine sulla mente Coronavirus e psicologia: gli effetti a lungo termine sulla mente
Negli ultimi decenni l’avvento delle tecnologie digitali e della possibilità di comunicare a distanza ha cambiato il nostro concetto di socialità, soprattutto nelle nuove generazioni.... Coronavirus e psicologia: gli effetti a lungo termine sulla mente

Negli ultimi decenni l’avvento delle tecnologie digitali e della possibilità di comunicare a distanza ha cambiato il nostro concetto di socialità, soprattutto nelle nuove generazioni. È indubbio che l’evoluzione tecnologica ha ridotto le occasioni di stare insieme e relazionarsi con l’altro o le ha modificate completamente. Ne è un esempio la sindrome Hikikomori, una patologia diffusa solo negli ultimi anni, che descrive un particolare fenomeno psichiatrico che si manifesta attraverso ritiro sociale, auto-esclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale per ogni forma di relazione, se non quella virtuale.

Tuttavia, per quanto le tecnologie abbiano modificato il concetto di socialità, questo bisogno è ancora evidente: rimane ancora vivo e forte il desiderio di vedersidi trovarsi, di comunicare. L’emergenza Covid-19 ha pressoché azzerato questa possibilità. Ad aver sofferto di più questa condizione di perenne distanziamento e reclusione sono i giovani e gli anziani, le fasce estreme e più a rischio della nostra società. A differenza degli adulti, che hanno una maggiore capacità di sopportazione, un’aspettativa di vita più lunga e una personalità definita ed autonoma, i giovani e gli anziani hanno un estremo bisogno di contatto fisico, di aggregazione, di trovarsi in mezzo agli altri.

La parola d’ordine di quest’emergenza è stata isolamento: le conseguenze di un prolungato distanziamento sono significativamente forti e devastanti. Il virus ci ha insegnato a guardare ogni persona con diffidenza, come possibile portatore di infezione e malattia e ha insidiato in tutti noi l’inganno, il sospetto, il timore in modo subdolo e profondo: ha introdotto nella nostra società l’idea che l’altro possa portare qualcosa di cattivo e dannoso, anche se involontariamente.



Ogni lockdown ci ha resi e continuerà a renderci più diffidenti: durante i mesi di chiusura forzata abbiamo imparato in modo disfunzionale ad isolarci, a stare in casa, in uno spazio che erroneamente crediamo l’unico sicuro e protetto. Guardiamo sempre più spesso le possibilità di contatto con gli altri con maggior timore e questo lascerà inevitabilmente un segno indelebile sull’intera comunità, e più nel dettaglio, sui rapporti sociali.

La solitudine, la paura che nulla torni più come prima, l’angoscia di perdere una sicurezza economica, il timore di vedere i nostri cari per un possibile rischio di contagio: è il dramma che ognuno di noi ha vissuto, un fatto che ha creato una condizione di faticastress psicologico continuo, in cui è potenzialmente forte una destabilizzazione e un crollo delle certezze.

Il livello e la quantità di ansia dipendono fortemente da quanti fattori di stress un soggetto subisce: questi fattori possono essere oggettivi esterni oppure legati alla struttura di personalità del singolo. In questa situazione di continua instabilità, derivata non solo dall’emergenza ma anche dalle comunicazioni dei mass media, continuamente discordanti e caotiche, ha cancellato tutti i punti di riferimento. Questa condizione non ha fatto altro che creare un consumo di energie psichiche molto ampio, che produce inevitabilmente degli stati d’ansia.

Oltre ad ansiadepressione e stress cronico, è stato evidenziato un altro rischio derivato dai mesi di isolamento forzato: i cosiddetti disturbi agorafobici. L’agorafobia è una patologia che comprende la paura paralizzante di stare negli spazi aperti o affollati, impedendo alla persona di compiere le più semplici e banali attività quotidiane. Esistono, inoltre, soggetti che possono sviluppare tratti agorafobici, in particolare in seguito ai lunghi mesi di lockdown, percependo così l’esterno come un luogo pericoloso e ad alto rischio.

ON

http://www.edizionisi.com/home.asp