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All’Onnipotente, col cuore All’Onnipotente, col cuore
PARTE PRIMA Il blog di Umberto Cianfaglione In apertura di questo mio pezzo (in ritardo per colpa dell’editore) di considerazioni e riflessioni sul Natale,... All’Onnipotente, col cuore

PARTE PRIMA

Il blog di Umberto Cianfaglione

In apertura di questo mio pezzo (in ritardo per colpa dell’editore) di considerazioni e riflessioni sul Natale, mi corre l’obbligo di premettere che pur essendo dalla nascita un fervente credente nella Befana, di cui sono ancora oggi un estimatore, e ammiratore, no faccio parte della congrega dei creduloni. Insomma, in un certo senso mi piace credere in ciò che mi fa piacere, che mi soddisfa maggiormente. E l’idea di una Befana che porti i regali ai bambini buoni e bravi mi eccita enormemente.

Soprattutto che porti il carbone ai bambini cattivi. Ammesso che esistano. Mi dà l’idea di essere il simbolo di una società meritocratica.

Certo, la “mia” Befana potrebbe essere una carbonara, ma non ne faccio un dramma, in fondo di carbone nel corso degli anni ne ho consumato parecchio, da spenderci una piccola fortuna.

Non allarmatevi, da giovane ho esercitato anche la professione di arrostino (si può dire? o si tratta inconsapevolmente di un neologismo?). Cioè preparavo l’arrosticino, o spiedino, nelle feste e nelle sagre paesane, fino all’esasperazione, lavoro che farei ancora per qualche migliaia di anni. Non metto in dubbio che guadagnassi bene, ma soprattutto che mi cascasse il mondo addosso se non è vero che provavo una grande emozione nel vedere la felicità dei bambini, nel vedere la gioia impressa sul loro candido viso quando gli mettevo fra le mani un mazzetto di spiedini. Ero il loro idolo, e ne ero orgoglioso. Mi riconoscevano ovunque andassi e mi passavano le “freghe” dalla testa. Avere la riconoscenza dei bambini è la cosa più bella che si possa immaginare nella vita, ed è un’emozione che io ho avuto la fortuna di vivere e di provare. Oggi sono un estimatore della Befana, forse, anche per questo.

Ma non sono un credulone, come dicevo in apertura. Se un’idea non riesco a capirla, non la faccio mia. Perché dovrei? Non posso escludere che l’incomprensione sia dovuta a una mia carenza, ma ciò non cambia il senso del discorso, quindi me ne frego, dell’dea e dei suoi derivati. Non ho problemi nel confessare che conosco poco la Bibbia, anzi per nulla. Ma ci vuol poco a scrivere un libro chiedendo al lettore di non sforzarsi nel capirlo, ma limitarsi a leggerlo e ad obbedire ai suoi insegnamenti. Mi chiedo se il fine ultimo di scrivere la Bibbia fosse proprio quello di non far capire. perché senza la Bibbia l’Umanità sarebbe stata meno condizionata nelle proprie scelte fondamentali, e dunque avrebbe “disturbato di più il manovratore”?

Mi spiace, ma continuo a non capire, tanto più che è proprio questo che mi si chiede: obbedire senza capire, credere soltanto. E ciò non mi piace.

La trovo una storia ingarbugliata, ed io non mi sento un azzeccagarbugli, né aspiro a diventarlo. In Italia mi pè già difficile capire le semplificazioni che faceva l’allora ministro brunetta, figuriamoci le complicazioni della Bibbia. Tutto ha un limite!

Veniamo ora al Natale, a quello che è stato il sessantottesimo della mia storia personale. Da vivere con gli stessi dubbi, gli stessi interrogativi del primo.

D’altronde, perché dovrebbero cambiare? Le usanze sono tali perché ripetitive, stessi gesti, stessi propositi, stessi auguri di pace e bene! stessi panettoni, stessi attori e stesse comparse. Dio, la Madonna, sua moglie, sua compagna? Il bambinello che da qualche parte, anche da noi, sembra aver cambiato pelle, non nel senso di idealità, di identità, ma proprio il colore della pelle, per l’esattezza. Lo stesso presepe, il bue, l’asinello, i Re Magi. Tanta strada inutilmente percorsa, se le cose stanno peggio di quando è iniziato il percorso che ha portato questo bambinello a una morte precoce e violenta, dalla quale poi è risorto, con testimonianza inappellabile dei pescatori. All’epoca famosi per le loro colossali bevute, giustamente meritate.

Del Natale, si diceva. Il Natale fa riferimento alla nascita di Gesù di Nazareth. Della sua infanzia poco si sa, o almeno poco ne so io. Ma che si trattasse di un bimbo prodigio è almeno intuibile, se per lui si scomodarono i tre Re Magi che lo omaggiarono con doni di ogni genere, oro, incenso, mirra. Per lui si scomodarono persino il bue e l’asinello, che poco impegnati nel periodo invernale gli fecero omaggio del proprio fiato, al fine di tenerlo al calduccio. Forse ai re Magi era sfuggito che il bambinello avrebbe preferito all’oro una buona coperta. Comunque l’idea di portare oro fu assai lungimirante, perché in seguito, come tutti sapete, se non proprio Gesù, ma almeno i suoi seguaci terreni, si mostrarono particolarmente legati e affezionati a questo nobile metallo.

Dunque Gesù, anche se non è nato nell’oro, ci ha sguazzato fin dalla nascita… e poi, con due genitori di quel calibro, la Madonna e addirittura Dio!

Che sia la Madonna, la madre, non dovrebbero esserci dubbi, ma il padre chi è? Si parla di un imprecisato Dio, padrone del Cielo e della terra, e perché non del mare? E lo spirto Santo, che ruolo riveste nella nascita di Gesù? Da quello che mi è sembrato, Dio e lo spirito Santo potrebbero essere la stessa persona. Un’ipotesi plausibile, altrimenti verrebbe da pensar male della Madonna e ciò equivarrebbe a un peccato.

Ma come disse un autorevole uomo politico, che le cose della Chiesa doveva conoscerle molto bene, essendo uno di quegli intrallazzatori che in vita frequentava le sacre sacrestie: “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Dal pensiero illuminante e illuminato di Andreotti Giulio, chierichetto d’Italia, pluri-ministro, pluri-presidente del consiglio, pluri-ambasciatore dello stato del Vaticano presso la Repubblica Italiana e pluri-decorato al valore ecclesiale.

Dio, Padrone, che brutta parola, assoluto del Cielo e della terra. Ma è buono, non è un tiranno. Lascia a noi tante liberà. La libertà di fare, fare bene o fare male. Spetta a noi insomma la responsabilità di come vanno le cose su questa terra. Nostra, che ci ritroviamo qui, di passaggio, solo per una boccata d’aria, neanche tanto pura.

Grazie, padre eterno e misericordioso, grazie da tutti noi, condannati a morte sia dopo esserci comportati bene, che male, non fa differenza. Ah, dimenticavo, il Paradiso, la vita eterna…

(SEGUE)