ovidio news
Troppi poveri, così si è fermata l’economia italiana: la lezione dimenticata di Sismondi, Keynes e Marx Troppi poveri, così si è fermata l’economia italiana: la lezione dimenticata di Sismondi, Keynes e Marx
I numeri leggermente positivi di questi ultimi mesi, frutto delle politiche modestamente redistributive imposte dal Movimento 5 Stelle al recalcitrante alleato leghista, sono serviti... Troppi poveri, così si è fermata l’economia italiana: la lezione dimenticata di Sismondi, Keynes e Marx

I numeri leggermente positivi di questi ultimi mesi, frutto delle politiche modestamente redistributive imposte dal Movimento 5 Stelle al recalcitrante alleato leghista, sono serviti più che altro per far scrivere qualcosa ai nostri colleghi dei giornali. L’economia italiana ristagna, e che si sia fermato il trend discendente significa poco o nulla. Quando in dieci anni hai perso oltre il 25% della tua forza produttiva, centinaia di migliaia di giovani promettenti se ne sono andati all’estero, e miliardi di euro sono finiti nelle tasche di ‘rentiers’, ossia di fondi d’investimento e di conti privati di finanzieri, banchieri e industriali che mai li investiranno o li spenderanno nella nostra economia… allora una crescita dello 0,X – fosse anche per 10 anni di fila – equivale al nulla.

La ricetta del 5 Stelle è chiara: redistribuire ricchezza di quel tanto che possa trarre dalla povertà assoluta quelle centinaia di migliaia di famiglie rimaste intrappolate senza via di scampo dalla crisi del 2008. Ma con una media di 1000 euro a famiglia… hai tratto dalla povertà ‘assoluta’ ma certo non dalla povertà, e non saranno i consumi marginali dei nuovi ‘meno poveri’ a rilanciare l’economia. Quindi il RdC si rivela esclusivamente una misura assistenziale, peraltro benedetta, ma praticamente inutile dal punto di vista della domanda.

La ricetta della Lega è l’opposto, o volendo essere molto buoni, è complementare: parte dall’offerta, e si propone di abbassare le tasse agli imprenditori, in maniera vigorosa, per indurli a investire, rendendo vantaggiose le assunzioni e convenienti gli investimenti.

Questa seconda strategia si scontra con numerosi fattori. Il primo è la necessità di contrattare con la UE ogni singolo decimale di deficit… e abbassare le tasse fa crescere, nel breve periodo, il deficit. Ma anche ammesso che la matrigna Europa si trasformi in madre amorevole, ogni aumento del deficit comporta un aumento degli interessi sul debito, da pagare in gran parte a investitori senza volto e senza patria.

Certo, se l’Italia avesse ancora, come il Giappone, una moneta nazionale e una banca nazionale che finanzia il debito, gli interessi si rivelerebbero una partita di giro, e tutto sarebbe possibile.

Ma se è impossibile aumentare il deficit in maniera sensibile, abbassate le tasse non ci sarebbero soldi per investimenti pubblici, o per altri interventi di sostegno al reddito. E allora a chi venderebbero le loro merci gli imprenditori che hanno approfittato della discesa delle tasse?.

Sì, ci sarebbe un aumento dell’occupazione, ma senza il sostegno dello Stato (altri investimenti si rivelerebbero impossibili) Keynes e la storia ce lo insegnano, una ripresa ‘endogena’ del sistema economico di mercato è una chimera, nella migliore delle ipotesi potrebbe aversi in decenni.

Duecento anni or sono, Sismonde de Sismondi, un’economista e storico Francese trapiantato in Toscana, spiegò che la nascente economia capitalista-mercantilista si sarebbe arenata di fronte alla povertà. Non ne faceva una questione morale, né una questione di proprietà dei mezzi di produzione. Non era un Marx ante-litteram, ma sicuramente era un Keynes ante-litteram. Faceva un ragionamento molto semplice: se in pochi si arricchiscono e in molti si impoveriscono, chi può comprare i beni prodotti?

Certo, oggi è molto più forte il comparto dell’esportazione: ma per competere sui mercati internazionali, o bisogna avere produzioni qualificatissime o bisogna avere un costo del lavoro molto basso che renda convenienti le merci sul mercato internazionale.

In entrambi i casi, senza una domanda interna sostenuta (e da almeno 30 anni in Italia nulla più la sostiene) i profitti non rientrano che in minima parte nel circolo consumo-produzione, e l’economia ristagna. I ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri (forse l’unica cosa su cui Marx ci ha preso al 100%).

C’è modo di uscire da questo circolo vizioso? In linea strettamente teorica sì, ma i rapporti di potere italiani ed europei lo impediscono.

Basterebbe aumentare pesantemente la tassa sui patrimoni ed utilizzare il gettito per aumentare altrettanto pesantemente il reddito del ceto medio e della fascia più povera.

Questo significherebbe mettere in circolazione soldi freschi, e tanti, poter fare investimenti pubblici ad alto tasso di occupazione, rilanciare i consumi, allargare la base ricchezza disponibile e spingere gli imprenditori a produrre di più.

A quel punto sì che è possibile abbassare le tasse e dopare il ciclo positivo facendo deficit, anche non elevato, per sfruttarne fino in fondo la spinta alla crescita.

In parole povere, se i soldi non si possono creare perchè qualcuno te lo impedisce (che sia la UE o gli interessi da pagare a chi compra il tuo debito pubblico) allora devi prenderli dove già ci sono ma non vengono utilizzati – e anzi vengono inseriti in circoli finanziari internazionali che li sottraggono all’economia nazionale.

Ma se una forza politica si azzarda a dirlo, se una forza politica si azzarda a pronunciare la parola “patrimoniale” ecco che si alza un rumore infernale, uno strepito insuperabile, un fuoco di sbarramento che vede compattamente schierato a difesa dei ricchi, o per meglio dire della ricchezza (quasi una categoria dello spirito…) tutto l’apparato comunicativo della ricchezza, tutte le forze politiche al servizio della ricchezza, e tutto quel ceto medio che campa con le briciole della ricchezza e soprattutto spera di entrare a far parte della classe della ricchezza. e in fondo anche i poveri, per la maggior parte, non vogliono che si tocchi la ricchezza, che è il loro mito, la loro fonte di ispirazione, il loro sogno.

Questo breve articolo non ha una conclusione. Al lettore il divertimento di scriverla, o quantomeno di pensarla.

Ovidio News