Dopo l’atto di accusa pronunciato in Senato da Giuseppe Conte nei confronti di Matteo Salvini, non potrebbe esistere esponente politico più “discontinuo” rispetto all’esperienza di governo ‘gialloverde’.
A prima vista risulta perciò difficile capire il motivo per cui una delle condizioni poste da Zingaretti par la nascita di un nuovo esecutivo sia la rinuncia da parte del Movimento 5 Stelle a designare Giuseppe Conte quale presidente del Consiglio.
A ben guardare, questo veto già indica come sarebbe il nuovo esecutivo: uguale a quello precedente, con i due partiti in dura competizione su una fascia comune di possibile elettorato.
Difatti Conte è diventato nel breve volgere di qualche settimana il punto di riferimento più credibile di tutti gli anti-salviniani, in grado di calamitare su di sé i consensi di moderati e ‘progressisti’, un serbatoio cui guarda il Partito democratico per risollevarsi alle prossime elezioni.
Giuseppe Conte si è dimostrato capace, credibile a livello nazionale ed internazionale, ha ricevuto un endorsement dalle istituzioni europee, nonostante il suo dichiararsi apertamente ‘populista’: la sua figura può scompaginare la scena che vede da un lato gli europeisti duri e puri, alla Renzi e alla Bonino, e i nazionalisti (oggi ribattezzatisi, per pudore, “sovranisti”) inserendo di prepotenza l’elemento che potremmo definire euro-critico, interpretato da un “avvocato del popolo” cui è difficile prendere le misure, e capace soprattutto di rivitalizzare un elettorato 5 stelle deluso, incerto e disorientato.
Zingaretti ha un vero terrore, quello di governare con il M5S in posizione subalterna, cosa che garantirebbe al competitor una forte rendita di posizione da spendere alle prossime politiche.
Molto meglio un Fico, personaggio sbiadito e marginale, che difficilmente saprebbe galvanizzare un elettorato composito come quello del Movimento 5 stelle.
Ovidio News