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Ponte Morandi: l’inizio della fine. Ponte Morandi: l’inizio della fine.
Genova– Guardando nei vecchi archivi di Condotte, la ditta che costruì il ponte Morandi, sarebbe forse possibile capire molte cose sui motivi di un... Ponte Morandi: l’inizio della fine.

Genova– Guardando nei vecchi archivi di Condotte, la ditta che costruì il ponte Morandi, sarebbe forse possibile capire molte cose sui motivi di un disastro annunciato.

Il ponte Morandi è crollato un anno fa alle 11,36. Si stima che dalla sua inaugurazione, siano un miliardo gli autoveicoli che vi sarebbero passati sopra, molti più del previsto, forse è proprio per questo che negli anni ‘60 si chiuse un occhio su alcuni “limiti”  strutturali che da subito furono chiari agli addetti ai lavori. Il 14 agosto del 2018 sono morte 43 persone.

L’ultima perizia, di dieci giorni fa, che era stata affidata al gip Angela Maria Nutini ed eseguita da tre ingegneri, Gianpaolo Rosati, Massimo Losa e Renzo Valentini, evidenzia la trascuratezza dell’opera e punta il dito sulla mancanza di manutenzione. Complicando la posizione di Autostrade. In particolare affermano che “non si evidenziano interventi atti ad interrompere i fenomeni di degrado. Gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa”. La società all’epoca era ancora nelle mani dello stato…

Ma vi è molto di più. Vengono fuori dal cemento smembrato, verità rimaste nascoste negli anni che non risparmiano coloro che ebbero successivamente la gestione del ponte. Avrebbero dovuto accertare, verificare, porre rimedio e in tempi veloci. Secondo la perizia “i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine“. Ma non basta: “in generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale“.

Il ponte Morandi in costruzione

IL PILONE 11 E GLI ATTORI PRINCIPALI DELL’EPOCA

Primo attore: Morandi, padre del ponte; il suo sogno nacque nel 1961 nell’Italia del boom e della seicento, un progetto che portò alla creazione di un vero e proprio monumento con piloni alti come grattacieli e una lunghezza di 1182 metri. Nessuno aveva mai osato tanto. I calcoli iniziali annunciarono che ci avrebbero potuto transitare 30.000 mezzi al giorno.

Secondo attore: la società italiana Condotte d’Acqua. Fondata nel 1880, fino al 1970 è stata di proprietà dell’Amministrazione Speciale della Santa Sede Bastogi. Poi è stata acquistata dal finanziere Michele Sindona che l’ha venduta al gruppo IRI-Italstat. Oggi la Condotte sta affrontando un complesso risanamento.

Terzo attore: Nicolò Trapani. Capo dipartimento Anas che in una raccomandata del 23 novembre 1968 (sono passati 14 mesi dall’inaugurazione) scrive: “a seguito di sopralluogo effettuato congiuntamente a tecnici dell’impresa e Autostrade, che ha in concessione la Genova-Savona, è stato rilevato che su entrambe le pareti laterali esterne della travata scatolare facente parte dell’elemento bilanciato (pila 11) in corrispondenza dell’attacco dei ritti sono visibili filature capillari con inclinazioni a 45 gradi circa“. Giudizio molto più da ingegnere che da politico, soprattutto tenendo presente le immense pressioni del tempo che prediligevano la valenza dell’opera all’incolumità delle persone e all’eventualità di dover spendere miliardi per un’opera non eseguita a regola d’arte.

Quarto attore: Pasquale Prezioso. Ingegnere, Capo della Commissione di Collaudo che in una lettera del 9 dicembre 1968 parla senza mezzi termini di anomalie strutturali.

Allarmi giustificati? No, secondo Condotte e Morandi. Condotte parla di variazioni minime riferendosi alle fessurazioni “tra un millesimo e un decimillesimo di  pollice”, poco meno di 0,002 cm, insomma. “Riteniamo molto probabile che dette “filature” rappresentino il residuo di piccole lesioni che sono prodotte all’atto della costruzione (…) quando, a struttura ultimata, è intervenuta la forte azione orizzontale prodotta dai tiranti obliqui, le piccole lesioni non si sono potute chiudere interamente (…) non si può riscontrare nessuna menomazione della capacità resistente della struttura nell’attuale condizione di esercizio”. Questo riferisce Condotte; quello che però bisognerebbe considerare è l’aumento esponenziale del traffico che vide sopportare fino a centomila transiti al giorno con carichi eccezionali di svariate tonnellate.

Dunque il dubbio sulle motivazioni di questa tragedia dipendono da un mix di fattori, dalla costruzione non proprio a regola d’arte al cattivo uso dei materiali; dalla non attuazione dei lavori di manutenzione alla poca capacità di reazione nel momento in cui, apparvero evidenti le criticità della struttura, anche aggravate dal tempo.

Collaudo effettuato con mezzi poco pesanti e semi scarichi

Il ponte era un gigante delicato, fu lo stesso Morandi ad affermarlo in un suo studio sul finire della sua vita. Parla di modifiche, interventi, di trattamenti per eliminare la ruggine sui rinforzi esposti, di iniezioni di resine epossidiche dove necessario, di ricoprire le riparazioni con elastometri ad altissima resistenza chimica. Scrisse il padre del ponte: “la stuttura viene aggredita da venti marini che sono canalizzati nella valle. Si crea così un’atmosfera ad alta salinità che si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria e si satura di vapori altamente nocivi facendo perdere di resistenza la parte superficiale del calcestruzzo“.

Molti segreti rimangono, ovviamente, fra le macerie del “Brooklyn” di Genova. I tecnici svizzeri che attualmente le stanno analizzando stanno cominciando ad esprimere dati allarmanti. Per esempio dei 458 trefoli analizzati, molti sono risultati “malati”. Le indagini andranno avanti e staremo a vedere cosa ne verrà fuori e chi sarà ritenuto responsabile.

Una delle immagini simbolo del disastro

Oggi a Genova c’è stata una cerimonia di commemorazione delle vittime alla presenza delle più alte cariche dello stato. Vi era anche una delegazione di Autostrade e Atlantia, le società concessionarie del tratto. I familiari delle vittime presenti hanno chiesto e ottenuto che fossero allontanate. Sono molte le richieste di giustizia che Egle Possetti, in rappresentanza dei familiari delle vittime richiede, in particolare dichiara:”Chiediamo che nessun reato di tale gravità possa essere mai prescritto”.

Demolizione del ponte Morandi

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