La Foresta Amazzonica brucia. È una tragedia. Dopo qualche giorno in cui la notizia non sembrava essere abbastanza importante da girare, ora internet è pieno di immagini del disastro in corso. Disastro che colpisce tutto il pianeta.
Ora anche i politici si fanno sentire, di colpo risvegliati da un torpore che non può essere scusato: il problema è noto da decenni e sta peggiorando sotto la guida di Bolsonaro in Brasile.
Chiaramente ben venga l’attenzione, ma qual è il costo di aspettare che si arrivi a questo punto?
Le politiche di Bolsonaro sono improntate sull’obiettivo di ‘rendere il
Brasile di nuovo grande’, un tema che fa eco a tanti altri dal sapore
sovranista e che spinge verso una rinascita economica che, guarda caso,
passa proprio dallo sfruttamento della Foresta Amazzonica coinvolgendo
interessi economici che vanno ben oltre i confini brasiliani.
La
deforestazione ha l’obiettivo di dare più spazio all’industria
mineraria, all’agricoltura (ad esempio zucchero, arance (succo), caffè,
soya, prodotti di cui il Brasile è uno dei maggiori esportatori al
mondo) e soprattutto all’allevamento di bovini. Quest’ultimo business è
responsabile per l’80% della deforestazione illegale ed è dominato
dall’azienda JBS, una delle più corrotte della storia collegata a vari
membri dell’amministrazione attuale da scandali, business privati e
interessi vari.
Il tema è molto più complesso e per essere risolto si dovrebbero risolvere i veri punti focali da cui si irradia.
Speriamo che questa nuova ondata di attenzione possa essere davvero
quella che farà iniziare una vera azione a tutela di un patrimonio che è
di tutti noi e svolge un ruolo cruciale nella gestione dell’emergenza
climatica.
Se avete Netflix consiglio la puntata dedicata al tema di #patriotact dove trovate ancora più informazioni in merito raccontate dal mitico Hasan Minhaj. Bastano 20 minuti.
Cristina Pozzi