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La paura come base del potere politico: è il turno dell’inflazione La paura come base del potere politico: è il turno dell’inflazione
Franco Slegato “Si ha «inflazione» quando si assiste ad un aumento costante dei prezzi di beni e servizi, che causa una diminuzione del potere... La paura come base del potere politico: è il turno dell’inflazione

Franco Slegato

Si ha «inflazione» quando si assiste ad un aumento costante dei prezzi di beni e servizi, che causa una diminuzione del potere di acquisto della moneta. (Sole 24 ore)”.

Puntuale come un orologio svizzero, arriva il nuovo grido di dolore del mainstream: “inflazione!”.

Dopo che per anni, a causa delle politiche cosiddette di “austerity” imposte dalla UE, tutti gli economisti e i (cd) giornalisti si mostravano preoccupatissimi per la mancanza di inflazione (che significa ristagno dell’economia, mancanza di credito e di investimenti), il rilancio dovuto a Recovery Fund ha rotto lo stallo: essendoci più denaro in circolazione, ed essendo il denaro una merce (oltreché un’unità di misura del valore) ovviamente il suo valore scende, e in rapporto sale quello delle altre merci*. Questa è pura fisiologia del capitalismo, niente di più e niente di meno. Se si pensa che negli anni ‘70, in Italia l’inflazione era arrivata addirittura a toccare il 15%, ed era stata fronteggiata con i meccanismi di cambio (a livello internazionale) e la scala mobile (per arginare l’aumento del costo della vita) capiamo che non è un fenomeno nuovo, e tanto meno preoccupante, fino a quando si mantiene su di essa un normalissimo controllo.

Ma no, i (cd) giornalisti hanno un compito preciso: disinformare, e tramite la disinformazione tenere sulla corda il pubblico, farlo vivere in uno stato di continua emergenza. I politici, lacché dei banchieri, utilizzano questa emergenza continua per governare in barba alle leggi e all’interesse collettivo, e la “ripresa dell’inflazione” (del tutto normale nel momento del rilancio dell’economia) è il nuovo spauracchio. E naturalmente l’esempio che viene come sempre fatto è quello della Repubblica di Weimar, quando il marco crollò e l’inflazione arrivò, per dire, al 1000%. E dunque lo spauracchio colpirebbe innanzitutto i tedeschi (che avendo la memoria degli elefanti, ancora oggi alla sola parola ‘inflazione’ rabbrividirebbero)… e dalla Germania il resto dell’Europa.

In realtà, quello che accade è che il rilancio dovuto al RF farà crescere sensibilmente il PIL e dunque la ricchezza disponibile… ma i banchieri sono già pronti (è il loro mestiere) a privatizzare tutti i profitti che ne deriveranno, e a imporre politiche antisociali, per evitare che questi profitti possano venire ‘quasi equamente’ fra tutti, con aumenti generalizzati di salari e pensioni.

Eh no, non se ne parla nemmeno. Appena, o già nel mentre, la ricchezza viene prodotta, l’aumento dell’inflazione (e dunque dei prezzi) viene utilizzato come pretesto per ridurre i consumi, e quindi impoverire le classi subordinate.

La scala mobile, (che legava le retribuzioni al costo della vita) aveva come effetto collaterale proprio una crescita dell’inflazione, e con questa scusa venne abolita, anche se per stabilizzare la perdita di valore del denaro si sarebbe potuto, e si potrebbe, aumentare le tasse sul reddito, imporre patrimoniali e via dicendo: Colpire cioè ricchi e straricchi anziché poveri e strapoveri.

Un ultima notazione. Con grande compiacimento, si dice che l’annunciato rilancio del Paese sarà trainato dalle esportazioni. Ebbene, i paesi esportatori sono quelli con i salari più bassi (per garantire che le merci prodotte siano competitive) e l’aumento del PIL non può tradursi in aumento della ricchezza diffusa, che significa proprio salari più alti.

Lo stato di perenne emergenza, ossia, per dirla con Aganben, di eccezione, si manifesta in ogni ambito. Se non abbiamo, come cittadini, i mezzi per difenderci, possiamo per lo meno riconoscerne le diverse facce, e così provare a neutralizzarne gli effetti.

*Il cd ‘bazooka’ di Draghi (proprio come gli attuali ‘vaccini’) “funzionicchiava” perché elargendo denari alle banche, non garantiva che questi stessi denari finissero in credito alle imprese, tantomeno in prestiti al consumo.

Franco Slegato