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Il fallimento di Rousseau: la democrazia diretta non vive di “sì/no” Il fallimento di Rousseau: la democrazia diretta non vive di “sì/no”
Solo un terzo degli iscritti alla piattaforma vota per la decisione più importante Al di là dell’analisi politica, che sarà affidata a un nostro... Il fallimento di Rousseau: la democrazia diretta non vive di “sì/no”

Solo un terzo degli iscritti alla piattaforma vota per la decisione più importante

Al di là dell’analisi politica, che sarà affidata a un nostro editoriale, il dato che balza agli occhi rispetto alla votazione tenutasi ieri sulla piattaforma Rousseau, è quello della bassissima percentuale di votanti.

Le comunicazioni postate dai responsabili della piattaforma, non contengono (quantomeno in maniera evidente, dato che noi non siamo riusciti a trovarlo) il dato degli aventi diritto al voto (dato che in qualunque consultazione viene fornito). Basandoci sui dati dei settembre 2019, ipotizziamo che gli aventi diritto al voto, allora 119.000, siano stati poco di più. I votanti sono stati 49.000, e questo significa poco più di un terzo.

Uno strumento di democrazia diretta che riesca a mobilitare solo un così basso numero di iscritti nel giorno in cui si deve votare la trasformazione del Movimento in rotella del sistema, mettendo in soffitta tutto quello che faceva la differenza con gli altri partiti, è evidentemente uno strumento inadeguato.

Cosa c’è di sbagliato in Rousseau? facile dirlo.

Come piattaforma, ovviamente, niente, ché anzi è ottimamente curata, ha tanti elementi di partecipazione, di aggiornamento, e anche i problemi di velocità e sovraccarico sembrano superati.

Il fatto è che la democrazia diretta non ha nulla a che vedere col modo in cui Rousseau opera. Questo fa sì che moltissimi si iscrivano, convinti di partecipare attivamente alle scelte di un movimento politico, e si ritrovino po a dover dire sì o no a domande preconfezionate, senza possibilità di dialogo, critica, proposta, proprio nel momento più importante.

Il ‘referendum’ (a questo equivale la votazione su Rousseau) è solo uno strumento della democrazia diretta, non l’unico. E la democrazia diretta, se prendiamo l’esempio svizzero, è un sistema complesso, in cui esistono ruoli, anche elettivi, momenti di incontro e discussione (che sul web sono solo un debole surrogato virtuale dell’incontro personale) e soprattutto strumenti per creare le domande, non solo per dare le risposte.

Conosco persone che avrebbero risposto al quesito numero 2 (può il movimento allearsi con i partiti tradizionali) “Sì, ma prima si stabiliscono una serie di paletti”. E al quesito sul doppio mandato da abolire, “Sì ma solo a seguito di una pagella con tutti dieci da parte dell’eletto”. Ovviamente sono esempi paradossali, ma la dicono lunga su come strumenti importanti, gestiti da chi non è all’altezza di farlo, non servano più a niente, o siano addirittura controproducenti.

Attribuire alla base del Movimento Cinque Stelle la scelta di diventare parte del sistema, anziché suo antagonista, è la prova del fallimento di un progetto che avrebbe potuto, forse, davvero, cambiare l’Italia.

Franco Slegato