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Giornata della Memoria/3     La memoria negata per i 250.000 morti e i 160.000 deportati meridionali del “risorgimento” Giornata della Memoria/3     La memoria negata per i 250.000 morti e i 160.000 deportati meridionali del “risorgimento”
La conquista del Sud, un genocidio negato Loreto Giovannone “Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo” (Primo Levi) Non ha... Giornata della Memoria/3     La memoria negata per i 250.000 morti e i 160.000 deportati meridionali del “risorgimento”

La conquista del Sud, un genocidio negato

Loreto Giovannone

Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo” (Primo Levi)

Non ha alcuna reale motivazione etica e civile la damnatio memoriae delle vittime meridionali dell’Unità italiana. Lo Stato italiano risorgimentale, dopo 160 anni mostra ancora i muscoli della costruzione ideologica con propaganda unitarista. Le istituzioni omettono la guerra al meridione, le azioni manu militari contro le popolazioni civili per l’annessione al nord, un esercito del nord ad invadere uno Regno sovrano riconosciuto da tutti gli Stati europei.

Oggi siamo al punto che lo Stato, le sue istituzioni negano le verità storiche documentate che conserva nei propri archivi. La continua mistificazione della Storia fa emergere le fratture multiple fra le due Italie che sono state costruite da 160 anni di propaganda e di conduzione politica. L’indifferenza alla “memoria” della sanguinosa annessione del Regno Due Sicilie con le molte migliaia di morti per scontri armati e fucilazioni di partigiani a difesa della propria terra della propria sovranità, e la deportazione dei civili, con tutte le sue gravi conseguenze, nascosta nella indifferenza alla società civile e all’insegnamento scolastico, è pericolosa. “Raccomandiamo sempre ai ragazzi di vincere l’indifferenza, perché l’ho trovata nella mia vita più pericolosa della violenza“. Liliana Segre

In Italia vige la regola dei due pesi due misure nella cultura del ricordo e della memoria storica e civile che vede le forze negazioniste del nord assecondate all’apatia del sud. Esiste una divisione in due Italie in cui coesistono un nord immerso nel darwinismo sociale, un sud indifferente a sé stesso.

Negli ultimi anni vi sono state due iniziative importanti di cui si sono perse le tracce.

Prima iniziativa. 150 mila documenti sull’Unità d’Italia ancora secretati.

Di recente la Consigliera della Regione Campania ha presentato insieme ad altri Interrogazione (Reg. Gen. n.78/4 del 12.04.2011) per la “Rimozione del “Segreto di Stato” sui documenti relativi al Mezzogiorno d’Italia nel periodo fra il 1860 e il 1870” A firma del Consigliere Gennaro Salvatore ed altri (Approvato C.R. 11.04.2011). Per incredibile che possa sembrare, infatti, moltissimi documenti dell’epoca sono ancora coperti da segreto di Stato (e quali efferatezze e crimini sono stati secretati?) e nessuno fra gli storici accademici, che non si vergognano poi di definire non attendibili i nostri studi, ha mai cercato di farlo rimuovere.

Seconda iniziativa. Consiglio Regionale della Puglia X Legislatura. (Atto Consiglio N. 139. Data Arrivo 14/02/2017. N. Prot. Gen. 03504. Presentatori: Laricchia. Oggetto) “Istituzione di una giornata della memoria atta a commemorare i meridionali morti in occasione dell’unificazione italiana

Risposta del fronte negazionista: l’Associazione Italiana di Public History, il carrozzone che agisce in Italia, con Presidente del Consiglio Direttivo Serge Noiret (Università Europea). (https://aiph.hypotheses.org/543),

Walter Tucci (archivista, socio di AIPH) mostra come questo carrozzone usi apertamente due pesi e due misure. Da una parte l’AIPH aderisce all’appello: La storia è un bene comune, salviamola (30/04/2019), dall’altra con un comunicato di Tucci del 29/07/2017: in merito alla Mozione approvata dal Consiglio Regionale della Puglia il 4 luglio 2017 e al diffondersi della “controstoria neoborbonica” si scaglia con altezzosa ferocia contro l’enorme quantità di studiosi indipendenti che hanno fatto emergere la verità storica di guerra civile, massacri di civili dei militari piemontesi dei volontari ungheresi, inglesi, francesi, ed altre nazionalità, sulla deportazione in massa di civili meridionali concentrati nei lager del centro nord, la prima in epoca moderna nell’Europa centrale. I termini concentrare e concentramento sono scritti in una comunicazione del 1 ottobre 1863 del Sottoprefetto dell’Isola d’Elba al prefetto di Livorno (si veda il mio libro La faccia nascosta del risorgimento, Edizioni SI, 2020, pag. 48). Tucci accusa sia i ricercatori indipendenti che i cosiddetti “neoborbonici” di paradigma vittimario, confondendoli in una unica categoria. La posizione negazionista assunta da soggetti stranieri che occupano cattedre all’Università Europea, allineati all’Università di Bari, a docenti dell’Università di Pisa (PH), ecc, che avversano la verità storica documentata, certa, emersa dagli archivi, con termini dispregiativi di “controstoria neoborbonica” è un arroccamento ideologico e contrario alle discipline storiche. L’altezzosità e la protervia da impiegati universitari porta questi cosiddetti storici a gravi affermazioni: “Per quanto riguarda la falsificazione della storia del Risorgimento...”, affermazioni che li collocano tra i subalterni salariati che ubbidiscono ad ordini superiori. Per carriera e privilegi affermano delle vere e proprie scemenze, parlano a sproposito di ricerca storica e sul rigore metodologico quando ubbidiscono solo alla versione ufficiale della narrazione della Storia di Stato e ignorano la copiosa documentazione emersa. Inspiegabile il negazionismo della guerra al meridione e della estesa resistenza partigiana durata circa 12 anni. Perché questi accademici negano i documenti, le prove che lo Stato stesso conserva nei propri Archivi di Stato? È evidente che nessuno dei gendarmi della memoria negata fa ricerca, tanto di documenti quanto di verità; è evidente che sbagliano sapendo di sbagliare; è evidente che sono in difficoltà quindi sono tenacemente negazionisti; è evidente la loro deformazione scolastica della storia.

Conclusione. Nelle due Italie vengono praticati dalle istituzioni due pesi e due misure nonostante esse stesse abbiano formulato, dal 1975, diverse leggi contro il negazionismo, ultima la legge n. 115 del 2016, per contrastare il concreto pericolo di diffusione e si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Gli storici di regime fanno uso strumentale e fazioso della mitologia del Risorgimento, danno lezione di morale e si scagliano contro i ricercatori indipendenti con accuse pretestuose: “L’uso distorto della storia può essere utile solo ad alimentare vecchi stereotipi e sempre nuovi risentimenti ma non consapevolezza”.

Un grave depistaggio è in atto soprattuitto da parte delle Università che negano la memoria alla storia del sud e l’esistenza degli eccidi, della deportazione di meridionali nei lager nonostante la copiosa messe di documenti firmati dai vari ministri dell’Interno e dell’ideatore della repressione politica, Segretario dell’Interno Silvio Spaventa, documenti pubblicati da quasi 10 anni. Quindi dopo il danno anche la beffa: per le circa 250.000 vittime della guerra ai civili e i circa 160.000 deportati meridionali, non c’è il dovere morale della verità, c’è le due Italie con la negazione della memoria.

Loreto Giovannone