ovidio news
Fatti di Pettorano, i nostri redattori in paese per capire, oltre le strumentalizzazioni politiche Fatti di Pettorano, i nostri redattori in paese per capire, oltre le strumentalizzazioni politiche
Pettorano, 4 Agosto. La prima cosa che balza agli occhi entrando nel Centro di Accoglienza di Pettorano (l’insegna è ancora quella del Ristorante Le... Fatti di Pettorano, i nostri redattori in paese per capire, oltre le strumentalizzazioni politiche

Pettorano, 4 Agosto. La prima cosa che balza agli occhi entrando nel Centro di Accoglienza di Pettorano (l’insegna è ancora quella del Ristorante Le Querce….) è… che non ti accoglie nessuno. Non un ufficio, non un responsabile, niente, tranne una decina di ragazzi del Mali e del Senegal a un tempo tranquilli e solo preoccupati dal clamore generato dalla vicenda dell’accoltellamento di Sadio Camara. Nessuno ha voglia di parlare, nessuno che ci racconti cos’è successo quella notte, tanto l’avranno già raccontato dieci volte alla Polizia, Sadio che arriva ferito alla gola, portato al pronto soccorso di Sulmona e poi rimasto solo, portato ad Avezzano, e poi a Pescara. Il loro italiano è incerto, il nostro francese sufficiente a scambiare le poche parole. No, nessuno ci ha mai aggrediti, neppure a parole, sì con noi la gente è gentile, no, non abbiamo idea del perché dell’aggressione. E basta così.

Però un particolare ha attirato la nostra attenzione. La prima cosa che ci hanno chiesto i ragazzi quando ci hanno visti è se eravamo lì per farli lavorare. Ci hanno cioè scambiati per caporali… o, diciamo così, per datori di lavoro sui generis: non ci avevano mai visti, potevamo essere poliziotti, giornalisti, curiosi, turisti, assistenti sociali…ma evidentemente quella dello sconosciuto che si presenta al Centro per offrire un lavoro è una prassi consolidata… e sul caporalato siamo certi che la Questura di Sulmona starà già indagando.

Ci trasferiamo in paese, il primo contatto è preoccupante, della serie “qui ci facciamo i fatti nostri” e “non abbiamo nessuna opinione” Diavolo, neppure fossimo a Corleone. Poi però le cose cambiano, un professore universitario in pensione, a Pettorano da pochi giorni, ci dice solo che lì il razzismo non sanno neppure cosa sia. Incontriamo due pensionati, concordi nel sostenere che il clima a livello nazionale è brutto, e che qualcuno può sentirsi spinto ad azioni violente. Al dunque, entrambi ammettono che però il clima del paese nei confronti dei rifugiati è buono, che sono bravi ragazzi, giocano a pallone coi ragazzi del posto, fanno i lavoretti agricoli e non danno fastidio a nessuno. Più deciso un ferroviere, che sembra essere particolarmente ascoltato dagli altri, e che si dice per niente convinto della ricostruzione giornalistica del fatto, e dunque si farà un’opinione solo quando dalle indagini si saprà qualcosa di preciso. L’ultima impressione è quella di un giovane di Pettorano che lavora a Sulmona e che conosce abbastanza bene la vittima. Sadio Camara, ci dice, parla benissimo italiano, è laureato in filosofia, fa parte dell’associazione Ubuntu Onlus, e fa volontariato presso la Casa di Riposo dell’ex Casa Santa.

Il motivo dell’aggressione dunque potrà essere chiaro solo quando le indagini avranno fatto qualche passo avanti: le piste possibili sono molte e sembra del tutto fuori luogo la strumentalizzazione politica in atto.

E’ vero che il clima nazionale è avvelenato in particolare dagli atteggiamenti, spesso grotteschi, del Ministro degli Interni, ma è altrettanto vero che né a Sulmona né, tanto meno, a Pettorano, esiste un qualche clima di intolleranza xenofoba e razzista, come invece i comunicati stampa di CGIL e Partito Democratico (cui ha risposto a stretto giro il Meet Up Beppe Grillo di Sulmona, accusandoli appunto di strumentalizzazione politica) vorrebbero far credere. In particolare appare del tutto gratuita l’affermazione della CGIL secondo cui “tutto lascia intendere che la matrice sia razzista”. Tutto cosa? è la domanda che sorge spontanea.

Forse gli aggressori hanno detto qualcosa a Sadio che noi non sappiamo? Tipo “sporco negro tornatene a casa tua”? Ecco se così fosse tutto cambierebbe, ma non risulta nulla di tutto questo, quindi lo stesso Sadio non sembra credere alla pista del razzismo.

Ferma restando dunque la solidarietà col giovane senegalese, e gli auguri per una pronta guarigione, pensiamo che gridare al razzismo sia una solenne sciocchezza, e come noi la pensano i ragazzi del centro accoglienza, che come detto sono tranquillissimi e non ci hanno manifestato il benché minimo timore.