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Ex Ilva, Giuseppe Conte: Taranto val bene una messa? Ex Ilva, Giuseppe Conte: Taranto val bene una messa?
TARANTO – Non era a Taranto e accadde qualche centinaio d’anni fa, alla fine del ‘500, quando il Borbone protestante Enrico di Navarra vinse... Ex Ilva, Giuseppe Conte: Taranto val bene una messa?

TARANTO – Non era a Taranto e accadde qualche centinaio d’anni fa, alla fine del ‘500, quando il Borbone protestante Enrico di Navarra vinse la sanguinosa guerra civile. L’ultimo ostacolo prima del trono di Francia rimaneva soltanto una sua conversione, ma il futuro Enrico IV non battè ciglio e dichiarò, non senza una nota d’ironia più anglosassone che franca: “Parigi val bene una messa“. Insomma la morale è che un sacrificio, per quanto doloroso, può sancire il raggiungimento dell’obiettivo.

E forse deve essersi detto qualcosa di simile il nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte pensando a quei padroni che vengono in Italia, vogliono prendersi tutto e, quando più non gli conviene, se ne vanno a speculare altrove. Ma questa volta la fuga dovrebbe risultare più difficile dal momento che il Governo Giallorosso ha iniziato una guerra legale/amministrativa contro il colosso mondiale dell’acciaio. Da un lato l’impugnazione da parte dei commissari dell’Ilva che ricorreranno urgentemente al Tribunale di Milano contro l’atto di recesso da parte di ArcelorMittal dal contratto di locazione dell’impianto (200 milioni di dollari l’anno l’affitto, uno dei motivi dell’impennata in borsa delle azioni della società, unita al conseguente, eventuale, non investimento di 400 milioni di dollari e al risparmio, sempre eventuale, sui debiti che l’impianto produce nell’arco di dodici mesi e cioè altri 600 milioni di dollari) dall’altro l’appoggio pieno di Conte convinto che la ArcelorMittal non se la possa cavare così facilmente.

E arriviamo alla questione politica. La situazione è delicata e Conte dovrà saperci davvero fare questa volta. Da una parte il Pd difende lo scudo penale (introdotto da Renzi nel 2015, “ridimensionato” dalla Consulta nel 2018 e cancellato un mese fa), pure Salvini lo difende; dall’altra parte si attesta la maggioranza del Movimento 5 Stelle che dichiara di essere disposta a “tutto”, pur di impedire un qualsiasi atto o decreto a favore dell’immunità alla ArcelorMittal: “Se presentate un emendamento per lo scudo e venite a cercare voti in Parlamento, sarà come cercare una maggioranza alternativa, e allora saremmo noi ad aprire la crisi di Governo“. Anche perché una quarantina di parlamentari pugliesi sono “irrevocabilmente” contrari all’immunità.

D’altro canto il Ministro Patuanelli sta lavorando ad una sorta di immunità “lieve” nell’ottica di quei pentastellati, e non solo, che considerano, invece, dare l’immunità, un motivo per togliere ogni alibi alla Mittal, anche in riferimento a questioni già previste dall’art. 51 del Codice Penale. Dunque, l’obbigo attuale di Di Maio come capo politico è di sostenere il no allo scudo, mirando ad una compattezza interna, ma il compito essenziale di Conte è di tenere quanto più possibile unito il Governo ed anche il Governo con il resto del “mondo”, giacché un sacrificio potrebbe consentire un risultato migliore per tutti. Ovviamente Taranto non sarà Parigi, quel che certo è che il bandolo della matassa di ogni rivoluzione scaturisce dal potere diplomatico. Però bisogna avere forza, coraggio e visione.

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