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Elezioni Sulmona: l’arrivo di Conte e la caduta dell’ideale grillino Elezioni Sulmona: l’arrivo di Conte e la caduta dell’ideale grillino
Votare per Di Piero alle prossime elezioni amministrative sarà come votare Gerosolimo o Masci Elezioni Sulmona: l’arrivo di Conte e la caduta dell’ideale grillino

Sulmona – Il problema della politica non è mai stato quello delle parole ma quello dei tempi, dei fatti e della verità. Ed anche la presenza importante di Giuseppe Conte, giunto oggi in città per sostenere il candidato Di Piero (dicono tutti del Centrosinistra), ha confermato il tramonto doloroso di una speranza, di un cambiamento, di quella rivoluzione che il Movimento 5 Stelle aveva tentato con entusiasmo di produrre ma che aveva fallito. Sconfitti, i grillini, nel momento stesso in cui si erano schierati col nemico invece di combatterlo. Azione che raggiunse il suo culmine nel governo Draghi, nemico giurato del Cinquestelle che fu. Un po’ come voler fare la Rivoluzione Francese e allearsi col Re di Francia.

Un’alleanza obbligata dalla politica attuale, direbbero i più arditi, derivazione culturale di un’appena accennata conoscenza del “prodotto”, ma complessa manovra (e di altissimo livello) da parte di quei coloro che avendo intuita l’anomalia grillina, avevano ben pensato di attenderne l’inevitabile successo (al grido sottovoce di “Rivoluzion Gentile”), l’arrivo dell’onda sulla spiaggia e il suo tornare indietro. Giacché la fisica non è un’opinione, e i buoni grillini, sballottati un po’ a destra (Salvini) e un po’ a sinistra (Renzi), hanno dovuto infine cedere al compromesso, perdendo buona parte delle loro conquiste e compromettendo ogni mantenimento delle residue (vedi Reddito di Cittadinanza). Giacché rimanendo fedeli all’ideale, ribellandosi al giogo frustrante, i Cinquestelle sarebbero dovuti tornare a casa. Ma la volta seguente, mentre da destra e da sinistra sarebbero riapparsi gli stessi individui e nelle consuete vesti del “mestiere”, i buoni e giovani grillini avrebbero perso la possibilità di rivedere il Palazzo, avendo smarrito metà dei voti dopo l’alleanza con Salvini (dal 33% al 17%) ed un’altra buona fetta della torta dopo l’unione col PD (dal 17% al 10%) che vuol dire passare da 11 milioni di voti a circa 4.

Ma questa è la storia passata. Tornando al buon Giuseppe Conte, personaggio di fascino culturale, di esperienza e grande presenza, possiamo ben dire di avere ascoltato, quest’oggi, un linguaggio fresco, amichevole e non tecnico, popolare ed empatico, fatto di proposte, progetti, e ricerca del risultato. Ma quel che abbiamo sentito non è altro che un disco facilmente acquistabile alla bancarella di un collezionista neo melodico. Perché se ti piace il rock, abbassi la testa, prosegui mestamente e pensi che è tutto finito. Poi leggi i nuovi slogan del 5 stelle che parla di 2050 e comprendi l’inganno consueto che la propaganda accende il mese prima del voto. Il disco è rotto e parla di transizioni ecologiche ed energie pulite quando siamo lontani anni luce anche dall’idea di organizzare una cosa del genere (non avendo fatto nulla di concreto), affogati come sono i cittadini di Sulmona nella discarica Cogesa, nell’inquinamento della prossima centrale SNAM, nel degrado derivante la sporcizia e l’abbandono di quegli edifici tanto belli (come il liceo Ovidio) ai quali fa riferimento Conte e che la retorica propagandistica aveva ristrutturato e riaperto già dieci anni fa. Oggi ci tocca sentire che non solo non pagheremo più le bollette… ma che addirittura l’elettricità la venderemo.

Perché le campagne elettorali si fanno in equilibrio sulle punte degli iceberg, in modo tale da convincere i prossimi elettori a guardare in alto e non sott’acqua, laddove il monte dei problemi giace insieme alle speranze di chi, nel terzo millennio, potrebbe vivere gratis e facendo ciò che vuole. Ma la politica della finta democrazia, che se non ti vaccini ti toglie il lavoro, lo svago e gli affetti, trionfa sulle menti affievolite dai mille imbroglioni responsabili di anni di cultura e sanità sottratte, di delusioni e morte. E la nostra generazione è così, distante dalle cose di governo perché non gli è consentito di parteciparvi. E chi rappresenta i cittadini è anch’esso presto distante dalle quotidianità, dall’aspetto profondamente sociale che vede le persone affrontare problemi gravi e sempre più difficilmente risolvibili.

Bisogna avere fiducia nella scienza“, afferma Giuseppe conte. Ma non quella dei premi Nobel. E firma l’atto di morte sul patibolo del green pass. La morte di un movimento (solo governativo) che resta fermo e che ormai da tempo ha smesso di portare avanti quel miracolo che, inizialmente, aveva fatto illudere un popolo sulla possibilità di un progresso innanzitutto mentale, nel rapporto fra cittadino e politico, e poi di potenziale svolta verso un’Italia fuori da un’Europa matrigna, e verso quel benessere che il nostro grande paese avrebbe senza l’aiuto di nessuno e senza dover partecipare all’ipocrisia dell’epoca moderna che porta la democrazia bombardando, invadendo e uccidendo.

Votare per Di Piero alle prossime elezioni amministrative sarà come votare Gerosolimo o Masci. Sarà come votare la politica delle parole e non quella dei tempi, dei fatti e della verità. Per il semplice motivo che le alleanze, nell’epoca moderna non comportano una risoluzione dei problemi, ma alimentano tutto il peggio che un’amministrazione dovrebbe invece combattere: burocrazia, mancanza unitaria di progetti, incoerenza, mancanza di identità e confusione. Resta la speranza, come dicevamo in un altro articolo, della scelta coraggiosa di Elisabetta Bianchi, che concorre da sola. Ma non sappiamo cosa accadrà successivamente. Staremo a vedere.

Il conteggio complicatissimo di chi, fra maggioranza ed opposizione conquisterà uno scranno, è già iniziato e la città riecheggia del consueto mormorio più o meno elegante, educato, a volte sgarbato: “me lo dai luvot“.

Mirko Mocellin