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Dal reddito di cittadinanza allo sfruttamento selvaggio il passo è breve Dal reddito di cittadinanza allo sfruttamento selvaggio il passo è breve
Le modifiche alla legge istitutiva del RdC mostrano chiaramente quale sia stata la cosiddetta evoluzione del M5S In quello che i neo-liberisti amano definire... Dal reddito di cittadinanza allo sfruttamento selvaggio il passo è breve

Le modifiche alla legge istitutiva del RdC mostrano chiaramente quale sia stata la cosiddetta evoluzione del M5S

In quello che i neo-liberisti amano definire “libero mercato”, il lavoro è un mezzo per creare reddito, reddito per le aziende, innanzitutto, che sarà diviso in parti enormemente diseguali fra azionisti, dirigenti, quadri e lavoratori. Che poi il lavoro sia adatto alla persona, che sia giustamente remunerato, che possa garantire una vita dignitosa… tutto ciò può essere o non essere, non interessa minimamente il legislatore.

Il reddito di cittadinanza era stato concepito come fondamentale strumento di difesa per il lavoratore dipendente, che avendo i mezzi di sussistenza forniti dallo Stato, non sarebbe stato più ricattabile dalle aziende, costretto ad accettare un lavoro purchessia e mal pagato pur di mantenere se stesso o magari la famiglia. Una struttura specializzata, i navigator, era destinata a mettere in relazione le possibilità offerte dal mercato del lavoro con le necessità del cittadino disoccupato, anche se come forma di compromesso era stabilito che le offerte rifiutabili potessero essere al massimo tre, a livello di scomodità geografica crescente: e già questo compromesso era molto penalizzante, se si aggiunge che dopo il primo anno di reddito, era già obbligatorio accettare il primo posto disponibile.

Come ogni legge, anche quella sul RdC era migliorabile. Ma si trattava di capire se dovesse essere migliorata per il cittadino o per il sistema in quanto tale. Tutto lo schieramento neo-liberista (ossia, all’epoca della legge, tutti tranne il M5S) ha fatto il diavolo a quattro per due anni per combattere il RdC, che in effetti non era un semplice sussidio di disoccupazione, ma una forma di tutela “dal” mercato, ossia dal loro unico dio (fino alla pandemia, quando venne sostituito dal dio vaccino) fino ad ottenere una modifica sostanziale che viene approvata in questi giorni con la legge finanziaria.

Non saranno più tre, ma solo due, le offerte di lavoro rifiutabili prima di perdere il sussidio. Al primo rifiuto, e fino alla seconda offerta, scatta un “décalage” di 5 euro al mese sulla somma percepita. Novità assoluta, il percettore di reddito dovrà accettare l’offerta anche se questa riguarda un lavoro di breve durata.

Verrà eliminato il navigator, ossia la figura di supporto al disoccupato, e saranno le agenzie private a trovare le offerte: agenzie private che sono, storicamente, al servizio delle aziende, non certo dei disoccupati.

Questo evidente peggioramento delle condizioni necessarie a ottenere, e mantenere, il RdC, che oltretutto contraddicono clamorosamente le ‘uscite’ di Grillo a favore del Reddito Universale, si sposa all’abbandono della proposta di salario minimo garantito, e spianano la strada ad una sorta di regolamentazione dello sfruttamento del lavoratore, nel silenzio totale dei sindacati (che ovviamente si occupano dei ‘loro’ garantiti, che il lavoro ce l’hanno) e con l’appoggio sostanziale e indispensabile di un Movimento 5 Stelle sempre più inqualificabile. La proposta di subordinare il RdC al green pass (e dunque, in questo caso alla vaccinazione, dato il costo dei tamponi) è una specie di ciliegina sulla torta.

Il regime draghiano sta assumendo connotati sempre più cinesi, partito unico e ordo-liberismo. E nessuno dice bah.

Fabrizio Zani