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Cucchi: la giustizia del coraggio Cucchi: la giustizia del coraggio
Di Samanta Di Persio Stefano Cucchi abbiamo imparato a conoscerlo e a riconoscerlo. Il suo volto pesto, i familiari hanno avuto la forza di... Cucchi: la giustizia del coraggio

Di Samanta Di Persio

Stefano Cucchi abbiamo imparato a conoscerlo e a riconoscerlo. Il suo volto pesto, i familiari hanno avuto la forza di mostrare la foto, è entrato nella vita di ogni italiano. Mettere in pubblico la vita privata, le foto di un corpo, a volte irriconoscibile, mentre si vorrebbe tenere intimo un dolore, non è semplice, ma ha dimostrato, come nel caso di Federico Aldrovandi, che l’opinione pubblica può essere fondamentale, anche solo per avere solidarietà. Quest’ultima è necessaria soprattutto quando il defunto viene definito semplicemente e con disprezzo un drogato, senza conoscere i fatti, basandosi sui titoli di giornale.

Stefano venne arrestato dai carabinieri mentre fu sorpreso a vendere della droga. Dopo un’ispezione nell’abitazione dei genitori, fu portato nella caserma dei carabinieri, dove passò la notte prima del processo per direttissima. Il giorno seguente, durante l’udienza, camminava trascinando un po’ le gambe e aveva qualche segno sul viso. Infatti, dopo la sua morte, inizialmente fu data proprio alla polizia penitenziaria la colpa del pestaggio nei sotterranei del tribunale. Il resto dei fatti lo conosciamo tutti: il ragazzo morì in una stanza dell’ospedale Sandro Pertini con i vestiti con i quali era stato arrestato sei giorni prima. Da qui iniziano depistaggi e una serie di rimpalli di responsabilità: dai carabinieri alla polizia penitenziaria, dal 118 al personale medico.

Partiamo dal presupposto che, secondo la nostra Costituzione, chiunque commetta un reato debba essere punito e le pene non possono consistere in trattamenti contrati al senso di umanità. Umanità, questa parola nel caso Cucchi, ma purtroppo anche in altri che sono diventati di dominio pubblico, è stata abolita. E, se pensiamo, che ciò è avvenuto negli ultimi minuti di vita di un essere umano, è davvero raccapricciante, anzi, disumano. Con rammarico, spesso, si sente dire che la giustizia non è uguale per tutti e quando un giudice emette una sentenza che rende giustizia si pensa, anche qui, troppo spesso, che abbia avuto coraggio. Dovrebbe far paura in un Paese democratico come l’Italia che un giudice debba avere coraggio se fa onestamente il proprio lavoro. L’ambiente delle forze di polizia è molto particolare, vige ancora un sistema di protezione, quasi una condizione di impunibilità, si arriva alla verità solo quando qualcuno non riesce più a sopportare il peso del fardello di sapere come sono andati i fatti. Generalizzare è sempre sbagliato, bisogna guardare al comportamento di ognuno ed evitare i giudizi sommari, se ciascuno denunciasse responsabilmente ogni irregolarità, ogni abuso, ogni prepotenza, non ci sarebbero veri e propri calvari da parte delle famiglie per arrivare ad ottenere giustizia.

S.D.P.