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Conte a Salvini: Pepeete popeete puh! Conte a Salvini: Pepeete popeete puh!
Fra le accuse fatte dal Presidente Conte a Matteo Salvini, soprannominato ieri sera “salma responsoriale” è mancato solo l’abuso di mojito, perché per il... Conte a Salvini: Pepeete popeete puh!

Fra le accuse fatte dal Presidente Conte a Matteo Salvini, soprannominato ieri sera “salma responsoriale” è mancato solo l’abuso di mojito, perché per il resto gliele ha cantate davvero tutte. Si è conclusa dopo poche ore di dibattito la crisi di governo, sigillata dalle dimissioni del Primo Ministro e consegnate nelle mani del Presidente della Repubblica.

Sono stati nuovamente spiazzati quelli della Lega, che fino a poche ore prima pensavano di avere la situazione politica in pugno, vuoi per il recente successo alle elezioni europee, che aveva portato l’ebbrezza dei numeri, vuoi per quella arrogante chiamata al voto al grido “offro da bere a tutti!” Ma qualcosa deve essere andato storto perché improvvisamente, in molti, hanno cominciato a chiedersi il motivo di tanta fretta, in un momento in cui il Governo cominciava a raccogliere i frutti delle fatiche del contratto, un Governo che né il M5S né la Lega hanno mai rinnegato neanche ieri, nel momento dell’addio.

Il problema è che poi, quando cominci a farti delle domande, rischi che arrivino le risposte e le risposte che sono arrivate hanno inesorabilmente minato l’apparente solidità del leader della Lega fino a ridurla sull’orlo del baratro. Baratro che ieri sera si è definitivamente impossessato del “Capitano”.

L’immagine di Conte che, rivolto leggermente verso Salvini, gli fa la “ramanzina” con modi paterni e severi, è una rappresentazione grottesca da “ultima cena”, che difficilmente sarà possibile cancellare dall’immaginario collettivo. E pensare che la scelta del posto, vicino a lui, era servita proprio per intimorire il Presidente del Consiglio. Ma niente da fare. Altro errore. Perché Conte ha estratto il registro di classe e ha cominciato ad annotare tutte le marachelle dello scolaro: il luogo è sacro, siamo in Senato e Salvini non può ribattere subito, deve aspettare la fine della tempesta e sperare di rimanere vivo: sguardo annoiato, fronte aggrottata e tesa, scuotimento della testa ai rimproveri più pesanti, irriverente moto ondoso del corpo, perfino i “pizzini” non sono mancati… ma la “botta” stavolta è davvero forte. E Salvini affonda. E con lui la Lega. Anche perché nel momento in cui gli tocca rispondere non può che evidenziare ancor di più quella differenza di stile che, negli ultimi mesi, ha portato il Presidente Conte ad essere considerato un leader indiscusso e non solo a livello nazionale. E’ bastata togliere una carta al castello e non vi è rimasto più nulla. Quando la struttura è debole, il ponte crolla. E’ solo questione di tempo.

Da ieri sera l’arbitro dei giochi è Sergio Mattarella. Difficile ipotizzare soluzioni perché le strade sono tutte strettissime e per essere percorse avranno bisogno di passeggiatori attenti, pazienti e coraggiosi. la sconfitta questa volta porterebbe il paese in un luogo senza più porte per uscire.

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