ovidio news
Caffè: “la bevanda del diavolo” Caffè: “la bevanda del diavolo”
Uno studio a 360 gradi sulla bevanda più amata dagli italiani Anna Della Sabina Il caffè è un must have per tutti noi: c’è... Caffè: “la bevanda del diavolo”

Uno studio a 360 gradi sulla bevanda più amata dagli italiani

Anna Della Sabina

Il caffè è un must have per tutti noi: c’è chi lo beve amaro, chi dolce, deca o con aggiunta di latte, chi solo la mattina e chi in ogni momento della giornata perché, si sa, spesso il caffè è una scusa per staccare la spina dal lavoro o semplicemente per incontrare un vecchio amico. È un compagno fidato e fedele delle nostre giornate ed è con noi da sempre ma chi sa cosa c’è dietro una tazzina di caffè? “Caffè” deriva dall’arabo “qahwah”, con cui si denota una “bevanda energizzante”. Il caffè altro non è che una pianta appartenente alle Rubiacee e per crescere necessita di climi tropicali. Tra le tante leggende legate alla sua storia, la più nota è quella di un pastore etiope, Kaldi, che scoprì le bacche di caffè dopo che le sue pecore le avevano mangiate; anche lui le assaggiò e ne scoprì gli effetti eccitanti.

Successivamente, il caffè si diffuse in Arabia ed Egitto per approdare diversi secoli dopo in Europa, precisamente a Venezia, nel XVI secolo per poi espandersi in altre città italiane e nel resto d’Europa. Legato alla storia del caffè c’è un piccolo aneddoto: il caffè, per le sue proprietà eccitanti, era considerato “la bevanda del diavolo” tanto che il clero chiese all’allora papa, Clemente VIII, di scomunicarlo. Il pontefice la provò e, non trovandoci nulla di sconveniente, non solo non accolse la richiesta del clero ma addirittura lo benedisse dichiarandolo “bevanda cristiana”! Le specie maggiori le conosciamo e beviamo tutti, l’Arabica e la Robusta. La prima è originaria dell’Etiopia e i suoi semi contengono meno caffeina rispetto alle altre tipologie; la seconda, invece, è originaria dell’Africa tropicale e si presta meglio ad un uso commerciale per i costi minori.

Il caffè ha da sempre avuto un impatto sull’economia basti pensare al modo in cui le prime piantagioni hanno soppiantato le vecchie colture legando i coltivatori ad una monocoltura, quella del caffè, che ancor oggi è la loro unica fonte di reddito. Nonostante il maggior produttore sia l’America Meridionale, con il Brasile che da solo produce 1/3 della produzione mondiale, ad oggi ci sono altri paesi emergenti come l’Africa ma ancor di più l’Asia. Seguono Vietnam, Colombia e Indonesia. La filiera del caffè è controllata, dal raccolto al consumatore finale, da un ristretto gruppo di aziende. Perché questo è importante? Perché dietro quella tazzina di caffè ci sono molte cose in ballo ma, soprattutto, ci sono migliaia di coltivatori che non solo dipendono esclusivamente dalla raccolta del caffè per vivere ma vengono malpagati oltre a lavorare in condizioni discutibili! Per quanto riguarda il mercato finanziario, è una delle merci più scambiate e il cui mercato è altamente instabile e con ampie fluttuazioni di prezzo causate sia da una ristretta cerchia di potenti che sottopagano i produttori in cambio dell’acquisto di notevoli quantità, controllando così il mercato e quindi i prezzi sia perché, come tutte le colture, è soggetto a eventi instabili e ingovernabili; di fatti, la resa del raccolto dipende dalle condizioni climatiche. Per porre rimedio a ciò e rendere il mercato più stabile nonché equo, si tenevano gli Accordi Internazionali sul Caffè; purtroppo, tali accordi sono falliti nel 1989 ed il mercato del caffè è stato liberalizzato.

Per l’alta volatilità dei prezzi, il caffè si presta piuttosto bene alle speculazioni in borsa che funzionano così: quando i prezzi sono bassi gli investitori acquistano la merce per poi rivenderlo successivamente ed avere, si spera, lauti guadagni. Ma questo acquisto di massa provoca un rialzo del prezzo che rimane tale fin quando non si abbassa di nuovo perché gli investitori lo rivendono sul mercato. Ovviamente, i piccoli coltivatori sono fuori dal gioco della borsa: a differenza degli speculatori che hanno fisicamente e non delle scorte da utilizzare nel momento più opportuno, i piccoli coltivatori vendono alle cooperative o individualmente il caffè a seconda della situazione in cui si trovano: in caso di prezzi alti venderanno ad acquirenti momentanei per liquidità immediata, quando i prezzi sono bassi vendono alle cooperative puntando sulle grosse quantità. Addirittura, ci sono casi in cui, a causa dell’alto bisogno di liquidità, i piccoli coltivatori vendono il caffè quando è ancora sulla pianta! Insomma, noi vediamo solo la tazzina del buon caffè che beviamo ad ogni occasione ma dietro quella tazzina c’è un mondo, soprattutto economico, che merita una giusta osservazione e interessamento.

Anna Della Sabina