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Anche la carta a uso alimentare può essere cancerogena Anche la carta a uso alimentare può essere cancerogena
Sicuramente ci saremo chiesti, almeno una volta, se quello che stiamo mangiando è salutare, ma forse non ci siamo mai posti la stessa domanda... Anche la carta a uso alimentare può essere cancerogena

Sicuramente ci saremo chiesti, almeno una volta, se quello che stiamo mangiando è salutare, ma forse non ci siamo mai posti la stessa domanda sugli involucri dei cibi. Della plastica sappiamo tutto, ma della carta? Per prima cosa va fatta una distinzione fra carte riciclate e carte in fibra vergine.

Nelle carte in fibra vergine il rischio di pericolosità è costituito principalmente dalla presenza di fluoropolimeri, contenuti negli agenti chimici usati per conferire alla carta particolari trattamenti come quello antigrasso, umido resistente oppure semplicemente sbiancante. I fluoropolimeri sono molecole complesse, difficili da scindere chimicamente, che si accumulano sia nel nostro organismo che nell’ambiente.

Nelle carte riciclate il rischio di pericolosità è costituito, oltre che dalla presenza di fluoropolimeri, da numerosi altri agenti inquinanti presenti nei maceri utilizzati per la realizzazione di tali carte: inchiostri, oli minerali come MOSH e MOAH, metalli pesanti, etc. Le molecole presenti in tutte queste componenti, a vari livelli, sono pericolose per la nostra salute oltre che inquinanti per l’ambiente laddove non c è una corretta raccolta differenziata.

L’Italia è il Paese, all’interno della Unione Europea, che ha in assoluto la legislazione più restrittiva in tema di carte alimentari.

Il Decreto Ministeriale del 21 marzo 1973 (aggiornata con decreto del Ministero della sanità nel 2016) regola l’impiego delle carte nel settore food e prevede che le carte riciclate parzialmente o totalmente possano essere utilizzate soltanto a contatto coi cibi secchi, per esempio il sacchetto del pane, mentre è tassativo l’uso di carta in fibra vergine coi cibi umidi o grassi come pizza, focaccia, formaggi etc.

Negli altri Paesi UE (e anche negli USA), invece, si possono usare carte a base riciclata anche coi cibi grassi. La normativa europea con il Regolamento n. 1935/2004  stabilisce i requisiti generali cui devono rispondere tutti i materiali ed oggetti in questione, mentre misure specifiche contengono disposizioni dettagliate per i singoli materiali (materie plastiche, ceramiche etc). In particolare, il regolamento stabilisce che tutti i materiali ed oggetti devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione e, in condizioni d’impiego normale o prevedibile, non devono trasferire agli alimenti componenti in quantità tale da:

  • costituire un pericolo per la salute umana
  • comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari
  • comportare un deterioramento delle caratteristiche organolettiche.

A volte, però, la differenza la fanno le quantità, infatti, nel 2015, uno studio del Ministero dell’Ambiente Danese ha evidenziato come i fluoropolimeri possano essere cancerogeni e ha pertanto abbassato con una legge la soglia massima consentita (0,35 µg Fluorid/dm2). I Paesi nord europei hanno adottato anch’essi tali misure restrittive, mentre in Italia non c’è ancora una normativa che regola l’impiego di queste sostanze e, soltanto marginalmente e per questioni di marketing, i grandi ooperatori della GDO stanno approcciando l’argomento. I costi di carte senza fluoropolimeri sono più alti e la mancanza di una normativa non incentiva i produttori a investire in tal senso. Ma l’investimento, se per ora non possiamo fare a meno della carta, potrebbe essere sicuramente vincente, poichè le carte senza fluoropolimeri sono, oltre che biodegradabili, anche compostabili.

Samanta Di Persio