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5G, un dibattito complesso: rischi e consapevolezza 5G, un dibattito complesso: rischi e consapevolezza
Non si può irradiare tutta la popolazione in modalità massiccia, indiscriminata e ubiquitaria senza preventivamente averne valutato i rischi. 5G, un dibattito complesso: rischi e consapevolezza

Di Mirko Mocellin

Mentre, a livello planetario, i governi sono impegnati nel fronteggiare il problema della sicurezza informatica legato all’avvento del 5G, ben altra questione preoccupa una parte della comunità scientifica e dei cittadini: i possibili rischi per la salute insiti nell’utilizzo della tecnologia di quinta generazione. Negli ultimi anni, gruppi Stop 5G sono nati in tutto il mondo e dal 2017 è in corso una petizione internazionale contro la messa in opera della “Fifth generation” lanciata da una nutrita schiera di scienziati. L’appello è rivolto a Onu, Oms, Ue e governi per bloccare l’installazione del 5G e il lancio di 20 mila nuovi satelliti nell’orbita terrestre al fine di supportare il sistema dallo spazio, almeno, sostengono i firmatari, fino a quanto “i potenziali pericoli per la salute umana e l’ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti che non accettano finanziamenti dall’industria“.

In Italia. In Italia le radiofrequenze sono state assegnate con un’asta miliardaria (di oltre 6 miliardi di euro) e la sfida si è conclusa con in testa Tim e Vodafone, seguite da Wind Tre e Iliad: le prime sperimentazioni sono partite e il debutto ufficiale è avvenuto nel 2020. I protagonisti delle nuove infrastrutture sono Huawei, Nokia, Ericsson, Cisco, Zte. Gli Stati Uniti sono contrari al colosso cinese Huawei perché temono un possibile spionaggio internazionale da parte della Cina e hanno invitato gli alleati a escluderlo dalla futura implementazione territoriale del 5G.

Non solo in Europa, la mobilitazione contro i pericoli del 5G è ormai un fenomeno mondiale in crescita esponenziale. Con la circolarità dell’informazione sui rischi e l’aumento della consapevolezza, dilaga la mobilitazione: a maggio scorso in 30 città americane sono simultaneamente scesi in piazza i cittadini con cartelli e striscioni Stop 5G, lo stesso è successo in Israele, Inghilterra e Svizzera, dove oltre 1.000 attivisti si sono radunati a Berna, mentre in Germania una petizione ha superato 54 mila firme. In Italia abbiamo programmato due giornate nazionali Stop 5G (15 e 21 giugno, ndr), mentre non si conta più il numero di scienziati e medici a favore della precauzione che hanno risposto all’appello internazionale per governi, Onu e Oms per fermare subito il 5G dalla terra e dallo spazio: a Bruxelles il ministro federale l’ha bloccato per non trasformare i belgi in cavie umane, lo stesso in tre cantoni svizzeri, il pericolo è serio e fondato, tanto che in Parlamento c’è una mozione per la moratoria che impegna il Governo Conte, e in una cinquantina di istituzioni tra Regioni, Province e Comuni, ci sono interrogazioni o sono state approvate mozioni o delibere contro il 5G. Come ripete la scienziata Fiorella Belpoggi, autrice dello studio più importante al mondo sui pericoli cancerogeni del 2G e 3G, scegliere cosa fare del 5G è solo una questione politica, perché in ballo c’è l’assetto democratico, tanto che Franca Biglio, presidente dell’Associazione dei piccoli comuni d’Italia s’è spinta a dire che il 5G mina i principi costituzionali. Non si può irradiare tutta la popolazione in modalità massiccia, indiscriminata e ubiquitaria senza preventivamente averne valutato i rischi.

Aumento dei tumori al cervello dal 1990 al 2016. Uno studio pubblicato su Lancet evidenzia che dal 1990 al 2016 è stato registrato, nel mondo, un incremento significativo del tasso di incidenza – standardizzato per età – dei tumori al sistema nervoso centrale (SNC) del 17,3% (da 11, 4% a 26,9%). In Italia, tra il 1990 e il 2016, il numero di casi di tumore al SNC è passato da 5.777 a 10.767 con un incremento del tasso di incidenza – standardizzato per età – del 39,3%. Philips et al. Si è evidenziato in Inghilterra un incremento di tumori primari del tipo glioblastoma multiforme (GBM) nell’arco di 21 anni (dal 1995 al 2015), insorti soprattutto nel lobo frontale e nel lobo temporale del cervello. Il tasso di incidenza standardizzato per età (calcolato sui dati di UK Office of National Statistics – UKONS) è più che raddoppiato (da 2,39 a 5,02) e il numero annuale di casi di GBM è passato da 983 (registrati nel 1995) a 2531 (registrati nel 2015). Tale incremento non può essere totalmente attribuito al miglioramento delle tecniche diagnostiche, dal momento che riguarda aree specifiche del cervello e il GBM è un tipo di tumore generalmente mortale.