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Terremoto: “non nominate i Curdi!” Terremoto: “non nominate i Curdi!”
La propaganda mainstream raggiunge vette inviolate, il Kurdistan sparisce dalle cronache Abbiamo atteso qualche giorno prima di scrivere questo articolo, perché speravamo che almeno... Terremoto: “non nominate i Curdi!”

La propaganda mainstream raggiunge vette inviolate, il Kurdistan sparisce dalle cronache

Abbiamo atteso qualche giorno prima di scrivere questo articolo, perché speravamo che almeno qualcuno (Byoblu, Visione TV, Il fatto, La Verità) ci smentisse e ci rendesse meno amara la pillola.

Ma nulla è successo. Tutte, dicasi tutte le fonti di informazione e propaganda, da oltre una settimana parlano del “terremoto fra Siria e Turchia”. Solo l’agenzia stampa straniera Asia-News si “permette” di parlare dei curdi, delle città curde, del dramma dei Curdi.

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Notizie dal mondo oggi: terremoto in Turchia e Siria - Limes
Area del terremoto

Questa vicenda è apparentemente inspiegabile, nessuno sembra essersene accorto. Innanzitutto si tratta di una prova oggettiva dell’esistenza di una censura occulta, perché non è concepibile una simile compattezza di posizioni che non sia stata in qualche modo imposta, tramite un’organizzazione capillare, che possiede una forza immensa.

Ma è necessario approfondire sul “perché” questa forza si sia dispiegata. L’unico motivo “strategico” a cui riusciamo a pensare è che l’esistenza delle “nazioni senza Stato”, sia considerata in altissimo loco un problema foriero di disordine e complicazioni per il Governo Mondiale in fase di avanzata costruzione. Difatti, se gli abitanti di uno Stato riconosciuto sono chiamati ad approvare una cessione di sovranità che può essere presentata come un progresso ‘umanistico’, un Curdo, ma come sappiamo le nazioni senza stato sono numerosissime nel mondo, è impegnato a rendere visibile la propria esistenza, a difendere la propria lingua e la propria cultura: è per così dire “molto indietro” e sta sperimentando, spesso da secoli, sulla propria pelle, cosa significhi essere alla mercé di governi controllati da altri.

Se è vero che la parola d’ordine “non parlate del Kurdistan” non può essere arrivata in tempo reale, è anche vero che a rafforzarne “l’utilità” in termini più immediati, parlare di Kurdistan significa parlare di Donbass, di diritti negati, di persecuzioni, repressioni, carcere, torture, in nome di una “normalizzazione” stato-nazionale che accomuna Erdohan e Zelensky nella medesima politica criminale e coloniale. E che dire degli USA, che promisero ai Curdi il loro stato se avessero aiutato nella guerra all’ISIS?

Chi ricorda i combattenti Curdi arruolati, armati e “coccolati” perché crepassero al posto dei soldati americani, e abbandonati nelle mani di Erdohan e Assad quando l’ISIS venne tolto dall’agenda?

Nel nostro micro-mondo, vogliamo, per una volta davvero unica voce fuori dal coro, ricordare che il popolo Curdo esiste, ha una sua lingua, una sua cultura e il suo territorio, e che ha diritto alla sua libertà.

Ai Curdi tutta la solidarietà di questa redazione.

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