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NIENTE DI BUONO DALLE NEBBIE DEL “DISSENSO” NIENTE DI BUONO DALLE NEBBIE DEL “DISSENSO”
L’evidente vuoto di prospettive della presunta opposizione in onda su Byoblu la dice lunga sulla capacità politica di fare qualcosa per le sorti del... NIENTE DI BUONO DALLE NEBBIE DEL “DISSENSO”

L’evidente vuoto di prospettive della presunta opposizione in onda su Byoblu la dice lunga sulla capacità politica di fare qualcosa per le sorti del nostro Paese

Di Massimo Franceschini

Pubblicato anche su Attivismo.info e Sfero

Dopo la veloce riflessione su Berlusconi fatta qui, torno a scrivere sulla politica nazionale in relazione alla cosiddetta “area del dissenso”, per commentare questa intervista di Messora su Byoblu a Ugo Mattei del 20 giugno scorso, vista da me in ritardo, intitolata Se vogliamo dar fastidio al potere, firmiamo per i referendum contro la guerra.

Molti dei contenuti dell’intervista, a partire dal suo titolo, sono la riprova di quanto vado dicendo da anni in merito all’incapacità politica di quest’area, etichetta che addirittura gli attori dell’intervista contestano, ma in maniera a mio parere sbagliata.

Andiamo con ordine, premettendo che l’intervista nasce per spingere la raccolta firme per i referendum sulla Guerra Ucraina, raccolta che sembra essere in grave difficoltà, una situazione certamente dovuta anche al silenzio del mainstream, ma che trova nelle incapacità di questa area una “giustificazione”, anche se certamente non democratica.

Mattei inizia ricordando come l’informazione debba essere un bene comune e denuncia il silenzio del mainstream osservando che «un livello di indecenza come questa volta devo dire che non mi era mai capitato», continuando per un po’ su tale questione, raccontando anche delle sue missive agli organi preposti che non hanno ottenuto risposta.

Se la denuncia del giurista è sacrosanta, è comunque incredibile come ci si possa meravigliare del comportamento del sistema, soprattutto dopo questi ultimi tre anni che hanno chiaramente dimostrato come sia iniziata da parte del “potere” una fase di profonda trasformazione di TUTTO, cosa che sta facendo saltare ogni punto di riferimento istituzionale, politico, culturale e legale, con le relative consuetudini.

Forse non ci rendiamo più conto di come la politica sia ormai da decenni cooptata nel menù dell’informazione-intrattenimento mainstream senza alcun controllo e/o bilanciamento da parte delle Istituzioni, una situazione che necessita da parte di chi ha a cuore le Politica con la P maiuscola una presa d’atto e un grosso cambiamento di orizzonte politico, operativo e strategico, che finora nessuno sembra voler/poter mettere in campo.

Sull’idea offerta da Mattei che il “potere” abbia una paura reale che il popolo si possa esprimere contro la guerra e l’invio delle armi, direi solo questo: il sistema antidemocratico che controlla i governi delle pseudo “democrazie” Occidentali ha messo in atto già da un pezzo tutte le misure per far sì che qualsiasi espressione popolare sia negata, traviata, diluita, inquinata, inespressa o disattesa!

Questa cosa non si cambierà mai a furia di referendum e di altre “azioni” dimostrative “disturbanti”, una pretesa che oggi come oggi fa ridere anche i polli!

Comunque, una delle cose politicamente più gravi Mattei la dice quando lamenta il fatto che Conte abbia disatteso la promessa di firmare e pubblicizzare i referendum, sebbene gli avesse scritto «per favore dai spazio ai referendum», dimostrando così come Conte non sarebbe un uomo libero e accusandolo di partecipare alla «congiura del silenzio» sui referendum.

Ma dico io, dopo il disastro pandemico e politico generale dei 5 Stelle Mattei aveva ancora dei dubbi sulla doppiezza e sul gatekeeping di questi soggetti? Gli servivano ancora prove??

Comunque, il giurista si inerpica così: «Non sarà un grande scoop quello di fatto che il compagno Conte non sia un uomo libero», rivendicando riguardo alla guerra di aver «cercato di chiudere quello iato che si era creato durante i due anni della pandemia, eppure ancora non si riesce a fare una politica oppositiva insieme, perché in realtà c’è connivenza, perché io non riesco a capire come sia possibile che uno si dichiari contro la guerra, faccia il girotondo, faccia la staffetta, faccia la marcia, faccia questo, faccia quello, che son cose che al potere vanno benissimo, perché cosa c’è di più bello di dire: “guarda abbiamo un’opinione pubblica viva!” […] fa solo il gioco del potere».

Mattei potrà anche dire a sua discolpa che definire Conte “compagno” poteva essere una battuta, anche se in seguito dirà che il M5S sarebbe «il partito di riferimento naturale» e per quanto la sua espressione tutto mostri meno che ironia, ma qui il problema è di una gravità drammatica: la verità è che Mattei non fa altro che aumentare la distanza dalla sua stessa area di seguito potenziale, un’area già ammorbata da una miriade insormontabile di problemi, come metto in evidenza in due serie di articoli e video, dando un’ulteriore mano a quanti lo reputano ne più ne meno che un gatekeeper.

A questo punto, Mattei si lancia in un ragionamento che definirei democraticamente e politicamente riprovevole.

Rispondendo a Messora, che sottolineava come oggi si facciano e si appoggino solo azioni e politiche da cui si può ottenere un vantaggio e non se ne fanno altre che non portano utilità in termine di potere, anche se giuste, Mattei incredibilmente non riesce a fare altro che alimentare quell’antipolitica, che dice tanto di avversare, così: «Sono anni che cerco un imprenditore politico o un’imprenditrice politica che prende i temi importanti, quelli dei beni comuni, articolati bene, quello della partecipazione democratica, quello dell’informazione e se lo intestassero pure! Ma abbiamo tonnellate di ragionamenti, di riflessioni, di attività politica di base fatta in 25 anni… trovarne uno che se lo intesti! […] La verità è che non te lo puoi intestare perché nel momento in cui sei in quel gioco lì, su alcune questioni, e qui lo diceva benissimo Calamandrei, i rappresentanti tradiscono sistematicamente i rappresentati. Cioè la rappresentanza è tradimento».

In effetti, questa cinica e semplicistica visione è da sempre la base dell’antipolitica, una visione che di fatto azzera lo sforzo del diritto e della filosofia politica dell’uomo, uno sforzo che, al contrario, l’autore nel suo ultimo libro cerca di validare difendendone lo sforzo.

Uno dei grandi problemi della politica è proprio quello di “dimenticarsi” che qualsiasi costruzione umana, in questo caso istituzionale, non funziona automaticamente senza reale implementazione, manutenzione, revisione e cura: se i valori che hanno ispirato le istituzioni liberali, i diritti umani e la Costituzione del dopoguerra non diventano realmente programma vivo di governo, è ovvio che i semi del caos hanno così modo di proliferare perché alimentati dalle stesse ideologie che si vedevano scavalcate da quegli stessi valori universali.

Tornando all’intervista, giunti a quel punto delicato Messora cerca intelligentemente e garbatamente di dire che così si fa il gioco dell’antipolitica, anche se non usa questa parola, e afferma come sia necessario un cambio di classe politica perché forse ora dopo tutto questo sfascio c’è una nuova leva animata di buoni propositi, cosa che si vanifica se uno non si fida, affermando che forse anche questo fa il gioco del potere.

A questo punto Mattei glissa ammettendo come il referendum non sia «la migliore soluzione possibile», ma «uno strumento per salvare in corner qualche cosa», e torna incredibilmente a flirtare con Conte: «Adesso, quello che abbiamo di possibile per mostrare di essere maggioranza nel Paese è il referendum. Allora, gli farebbe gioco pure a Conte, gli farebbe gioco pure a lui, perché comunque se nell’autunno prossimo, nell’estate prossima, quando si va a votare per le elezioni europee ci fosse in campo il referendum e il partito che è il Movimento 5 Stelle che comunque ha preso delle posizioni nei confronti della guerra si intestasse per l’appunto quella campagna, gli farebbe un gioco enorme di ritorno».

Che dire, so benissimo come Mattei possa difendersi parlando di realpolitik, di necessità di compromessi ecc., ma ciò che non vedo in questi ragionamenti è la reale comprensione del drammatico momento politico, civile e istituzionale che stiamo vivendo, una situazione che sta ribaltando ogni prospettiva e che necessita,  a mio modo di vedere, di una costruzione politica seria e consapevole, altro che appelli a forze palesemente antipolitiche.

Fa quindi un’enorme tristezza sentire ancora ragionamenti aperturisti e possibilisti verso personaggi che hanno dimostrato di essere completamente immersi nel sistema di potere dettato dai soggetti elitari e antidemocratici che stanno determinando e gestendo le agende globali.

La stessa tristezza provo sentendo le successive prese d’atto di come il sistema informativo non sia libero… certo una novità assoluta!

In seguito Mattei mette in campo un’analisi corretta sul fatto che strategie e beneficiari delle emergenze pandemica, militare e climatica siano in sostanza gli stessi, e meno male, ma afferma una cosa che se da una parte è vera, dall’altra parte è indice della reale incapacità dell’area del dissenso: «Questa roba qui dovrebbe essere elaborata politicamente, […] questa elaborazione politica purtroppo non c’è e quindi non si riesce a far sì che come un sol uomo questo mondo del dissenso, che potrà essere fatto forse di 2, 3, 4, 5 milioni di persone che hanno capito quello che sta succedendo, come un sol uomo si mettesse a lavorare per dire “c’è una cosa in questo momento in campo che fa la differenza, una cosa, ed è questa qui (il referendum, n.d.a.), noi facciamo vedere che ci siamo su questa cosa qui”».

Con ciò che dice, di fatto Mattei mi sta dando implicitamente ragione sullo scetticismo riguardo i referendum e tutto ciò che l’area del dissenso ha prodotto, dato che non essendoci un soggetto politico serio con alla base l’indispensabile elaborazione politica, alla quale aggiungerei le necessarie organizzazione e strategia, si rischia di rendere qualsiasi azione marginale, destinata all’insuccesso.

Ebbene, il da me auspicato soggetto politico capace di elaborazione politica, organizzazione e strategia, non spunta dal nulla, dovrebbe essere frutto di una precisa volontà politica, evidentemente oggi mancante!

Quali difficoltà vede Mattei per fare la necessaria elaborazione politica?

Da tutti i libri e dalle infinite conferenze di analisi e denuncia non spunta niente di utile?

E le “tonnellate di ragionamenti, di riflessioni, di attività politica di base fatta in 25 anni” di cui parlava a che sono serviti?

Invece di elaborazione politica forse Mattei intendeva “condizioni” socio-politiche tali da favorire un apparentamento con chi è o è stato nel palazzo, in maniera ignominiosa, aggiungerei io?

Subito di seguito Messora ci mette del suo, riguardo alla denominazione “fronte del dissenso”, dicendo: «A me non piace perché non è il fronte del dissenso, dissenso rispetto a cosa? È il fronte della cittadinanza attiva, che non sta a subire in silenzio e si accontenta della partita alla domenica», con conseguente invito a responsabilizzarci e collaborare fra noi.

Collaborare?

Ancora con gli inviti al “fare” come se il movimento, la cosiddetta “area del dissenso” non abbia fatto altro in questi ultimi tre anni senza cavare un ragno dal buco?

Senza un’idea vera, coerente e dirimente su cosa in realtà bisogna dissentire, che non sono certo i divide et impera dell’agenda poltico-mediatica, in che modo farlo e verso quali obiettivi?

Come pretendiamo di poter dimostrare al Paese l’esistenza di una grande fetta della popolazione in disaccordo con lo status quo?

Accontentandoci di “dare fastidio” ad un potere così forte, esteso e permeante ogni luogo e pensiero come mai oggi?

Con questo vuoto di idee, ma “ben” espresso in trasmissioni che fanno pensare di poter determinare qualcosa di serio?

Come fa Mattei a sfidare Vespa e Crosetto a un dibattito, che garantirebbe secondo lui l’immediato raggiungimento delle firme, se ormai sappiamo la totale eclissi dell’attenzione istituzionale e mediatica verso tutto ciò che non è allineato con l’agenda globale del momento?

Non sa che solo una grande e riconosciuta forza politica che dimostri di rappresentare realmente una larga fetta della popolazione sarebbe presa in considerazione dal mainsteam della politica-spettacolo, anche se di malavoglia?

Non sa che il sistema, la Magistratura e i Corpi dello Stato potrebbero riconoscere in qualche modo solo un vero progetto politico capace di massa critica e intenzionato a entrare realmente nelle istituzioni?

A quando vogliamo rimandare una seria costruzione politica?

Attendiamo che ogni decisione sia presa dalla “democrazia-distopica-diretta” comodamente con un click da casa o dal telefonino da ex-cittadini ormai divenuti essi stessi “apparato” del governo mondiale artificialmente intelligente?

13 luglio 2023
fonte immagine: Comitato di Liberazione Nazionale, Store norske leksikon
qui il mio libro sul necessario “Partito Unitario di Liberazione Nazionale”
qui l’articolo che dette origine al libro, finito poi nel libro stesso
qui un articolo-appello con brani del libro
qui il successivo articolo in cui delineo una possibile strategia
qui un articolo in cui delineo una possibile “politica nuova”
qui un’ipotesi di ragionamento per un programma politico ispirato ai diritti umani
qui un’analisi su alcune problematiche fondamentali dell’area del dissenso