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Elezioni di settembre: vincitori e vinti Elezioni di settembre: vincitori e vinti
Chi dovrebbe essere il difensore del progresso? Chi è che dovrebbe gestire e distribuire benessere? Un benessere ottenuto grazie al duro cammino che... Elezioni di settembre: vincitori e vinti

L’esperienza ci insegna che la responsabilità dei mali del mondo è spesso legata agli indifferenti. Un occhio chiuso sulle ingiustizie, quelle che se parli magari potresti rischiare qualcosa. Il non dire, il non saper dire.

E’ dal silenzio che nascono le cose migliori e le cose peggiori. Dal silenzio di un popolo può sorgere un campo di concentramento, una donna può essere maltrattata, un lavoratore può essere licenziato, un rivolo d’acqua inquinato può arrivare al mare. Ma dal silenzio può nascere il pensiero, il ragionamento, l’arte; l’idea che cambia un modo di fare antiquato, un’innovazione che può alimentare un progresso e il benessere di tutti.

A questo punto dell’evoluzione l’umanità dovrebbe essere ad un passo dall’armonia e dalla felicità. Il progresso non dovrebbe servire a questo? Senza preoccupazioni, senza povertà, senza disperazione. Invece no. Il punto focale della prospettiva futura è divenuto uno spettro ed in fondo all’orizzonte il domani avanza incerto. Se un’azienda cinquant’anni fa guadagnava 100 grazie a mille operai, oggi ottiene mille con dieci e cosa è accaduto? Che quei mille operai non hanno goduto di un progresso che avrebbe dovuto impegnarli meno con uno stipendio maggiore, tutt’altro. Quei mille operai hanno dovuto adattarsi e lavorare tre volte tanto e guadagnare un terzo. Vuol dire che in pochissimi si sono arricchiti troppo ed ingiustamente. Questo fenomeno, sempre più evidente in tutti i campi ed a vario livello, è antropologicamente intrinseco nel DNA della razza umana, che punta non al benessere ma al potere. E cosa è il potere? Dominare su qualcun altro, dal dittatore che domina il popolo al capo ufficio che domina il dipendente, dai re che dominano i sudditi agli stallieri che dominano i cavalli, dal marito violento al maltrattatore di cani.

Chi dovrebbe essere il difensore del progresso? Chi è che dovrebbe gestire e distribuire benessere? Un benessere ottenuto grazie al duro cammino che l’umanità ha fatto in cinque milioni di anni? Lo Stato.

Lo Stato italiano oggi si è diluito oltre i confini nazionali, omologandosi ad un sistema “standard” capace di dominare, ordinare e fare eseguire i suoi interessi. Per comodità questo standard è stato chiamato Europa e la catena (del tutto irrazionale) alla quale siamo legati si chiama debito. In pratica si tratta di un modello più progressista e moderno di quel che fu la schiavitù. Non raccogliamo più il cotone nei campi ma il concetto è rimasto lo stesso: pensiamo ad un giovane laureato che prende cinquecento euro al mese. Il problema di non valorizzare le generazioni che vengono, sta nell’avergli reso impossibile l’investimento, la procreazione, la conoscenza, in buona sostanza avergli reso impossibile la formazione della società di domani. In Italia i giovani migliori se ne vanno o soccombono, mentre quattro vecchi rincoglioniti restano a discutere di fascismo e comunismo al bar (come se oggi avessimo la forza ed il coraggio per esporci verso ideali cosi estremi, sublimi, orribili e definitivi).

I governi sono deboli perché per loro scelta hanno perso potere decisionale, capacità critiche, utilità e funzione. Tutto è stato delegato a chi ci controlla (l’Europa e i suoi “impiegati” arricchiti e condiscendenti), ci nutre, ci cura, e decide se possiamo uscire di casa oppure no, se il prezzo di una pagnotta è uno, dieci o cento, se devo essere omosessuale oppure no, se devo comprare un mitra invece che investire in un campo di grano anche se sto morendo di fame.

In Italia la politica compra le armi e non investe più nei campi di grano. Ma il popolo cosa ne pensa? Resta in silenzio all’ombra dei lager. Perché se sei cieco preferisci discutere di fascismo al bar, piuttosto che rischiare, andando a tentoni, di piantare un albero di frutta nel campo. Peggio ancora: in Italia, l’inutile politica, ha ancora il coraggio di festeggiare una vittoria elettorale, che riempirà pochi portafogli ma che non potrà incidere sulle attuali e le prossime carestie, non potrà cambiare le cose, non vorrà cambiare le cose, chiusasi in quel “bar dello sport” senza ritorno e senza futuro.

Festeggia l’Italia: festeggiano i vincitori, ma pure i vinti, perché un’elezione, che sia di maggioranza o di opposizione garantisce un buon futuro, la prospettiva di governare comunque, e perfino la pensione al nostro rappresentante ex imprenditore territoriale. Il fortunato parlamentare andrà a Roma, si siederà sullo scranno e passerà le giornate a schiacciare tasti per dire “si e no” mentre osserva un autostoppista che gli dice cosa pigiare. Ma qualsiasi sia il tasto premuto il risultato sarà ininfluente perché l’ideale stesso è divenuto tale. Intanto, osserviamo mischiarsi la destra con la sinistra, il fascismo col comunismo, il il rosso con il nero, la vittima di mafia e il suo carnefice, perché a dirla tutta gli ideali non sono soltanto finiti ma si sono conclusi. Ogni qualvolta il popolo rimane in silenzio tutto avviene senza di loro, tutto arricchirà la sottile fetta di male che riuscirà con arrivismo spietato a cavarsela mentendo, tradendo e conquistando il settore opportuno, la fetta dentro la quale il potere lo ha inserito per renderlo adeguato ai propri interessi.

Il popolo che accetta in silenzio un sistema avrà, di conseguenza, quello che si merita, è l’unico responsabile dell’andamento di un’epoca. Fino a quando rimarrà all’ombra dei lager trionferà il nulla.

Mirko Mocellin