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Battiato, il Sufismo e San Francesco Battiato, il Sufismo e San Francesco
Stefano Pio https://www.facebook.com/stefano.pio.334 Quando si parla di misticismo appare naturale pensare al Sufismo ed a Jalāl ad-Dīn Mohammad Rūmī, detto Mevlana, il più grande... Battiato, il Sufismo e San Francesco

Stefano Pio

https://www.facebook.com/stefano.pio.334

Quando si parla di misticismo appare naturale pensare al Sufismo ed a Jalāl ad-Dīn Mohammad Rūmī, detto Mevlana, il più grande poeta mistico di tutti i tempi. Fondatore dell’ordine dei dervisci roteanti di Konya (Turchia, Anatolia) egli è colà sepolto nel suo mauseoleo, dove riposa in pace, in un clima di spiritualità che pervade l’ambiente. il Sufismo non è una teologia nè una setta, è un metodo di perfezionamento interiore, fonte di un fervore che fa gradualmente ascendere le anime assetate al proprio Creatore, Dio. Unendo l’utile al dilettevole, considerato il suo crescente interesse per il sufismo, Franco non si lasciò sfuggire nel 1979 l’ occasione di associare il video promozionale per il disco “l era del cinghiale bianco” ad un viaggio in Turchia, a Konya, ovvero nel luogo dove il suo cuore più lo sospingeva . Mio padre era più propenso a girare questo video nella più vicina e cosmopolita città di Istanbul (per il disco peraltro era pronta la canzone “Venezia – Istanbul” che offriva un valido motivo per girare le scene in questa città. La canzone fu invece successivamente inserita nell’album Patriots) ma alla fine vinse Franco con l’Anatolia e dunque i due partìrono per tale destinazione, non potendo il Pio esimersi, come coautore del disco, dall’ obbligo di presenziare, insieme a Franco, a questa avventura . E così, indossato il cappottino spinato grigio più pesante preparatogli da mia madre per l’occasione, messosi il violino a tracolla, lo vidi partire in una mattinata milanese di un giorno invernale qualsiasi , ben consapevole che in Cappadocia avrebbe trovato il “vero” freddo continentale degli altopiani. Il Pio temeva il clima secco dell’ Anatolia per il suo violino, che avrebbe potuto creparlo: gli consigliai di lasciarlo a casa e partire con il muletto di riserva, ma poiché gli era impossibile separarsi da lui (aggiungerei anche da Franco) partì con tutti e due ( Franco e il violino) correndo questo rischio. Arrivarono dunque nella zona di Goreme ed Urgup dove visitarono alcune chiese rupestri, girando alcune scene esterne in un villaggio della zona, a meno 15 gradi, riscuotendo l’entusiasmo dei bambini e l’ incredulità degli adulti che non capivano quali attrattive potesse mai avere il loro sperduto e povero villaggio agli occhi dei due pazzi occidentali colà piombati per ragioni incomprensibili. Guardando l’ espressione di Franco nella scena del video ove lui guarda la linea delle colline gelate e senza vita, si percepisce come stesse sperimentando in quel preciso momento, dentro di sé, quella piacevole sensazione di “consapevole smarrimento” che coglie il viaggiatore quando, tutto di un tratto, realizza di essere in un luogo totalmente estraneo alle sue coordinate esistenziali e si rende conto che il momento che sta vivendo è un dono/ privilegio irripetibile che la vita gli ha riservato . Realizzare la possibilità di “vite parallele” lontane dai propri schemi abituali, porta sempre grandi frutti.

Ogni viaggiatore ha provato questa emozione ed è in grado di subito riconoscerla, vibrando “per simpatia”, in coloro che la stanno sperimentando a loro volta. Del resto è proprio Franco che ce lo fa capire in occasione di un altro suo viaggio, quando, navigando nel tramonto infuocato in una piccola feluca sul Nilo (Pio immancabile) ci racconta che “era come assistere al crepuscolo degli Dei” , alludendo all’ universo della saga dei Nibelunghi con la musica di Wagner. Dalla Cappadocia si spostarono poi a Konya, meta del viaggio, per visitare la confraternita dei dervisci roteanti ed il mausoleo di Rumi dal tetto conico verde smeraldo, colore che nell’Islam simboleggia la santità. Gli immancabili gruppi di piccioni svolazzavano come sempre fra i minareti: all’arrivo, furono accolti dal richiamo alla preghiera del muezzin la cui melodia sembrava essere un saluto beneaugurale e questa volta toccò a mio padre di sperimentare la senzazione inusuale di essere pervenuto in un luogo senza tempo, la cui sacralità emanava circondando i presenti con un’ atmosfera di spiritualità e pace . Spesso, negli anni a seguire, accennò in famiglia alla particolare sensazione vissuta in quell’occasione, associandola all’ atmosfera che si respira presso la tomba di Sant’Antonio a Padova.Il paragone non è dissacrante e nemmeno semplicistico, posto che Sant’Antonio ed ancor più il suo predecessore, San Francesco, condividevano con i sufi molti punti di vita in comune, fra tutti la povertà, l’ascesi, l’amore nostalgico per Dio. San Francesco è del resto venerato nel mondo mediorientale come un santo sufi. Durante il suo viaggio in Terra Santa egli incontrò il sultano Malik al Kamil, istruito dai Sufi, uomo di particolare acume ed apertura mentale, che lo ricevette a braccia aperte, avendolo identificato come fratello derviscio ed uomo di Dio (derviscio significa poverello, come del resto era S. Francesco) . Il sultano diede al Santo un salvacondotto per viaggiare liberamente nei propri territori e San Francesco si spinse, secondo alcuni scritti arabi dell’epoca ( San Bonaventura invece non ne parla, ha censurato tutta questa esperienza del Santo) fino a Damasco dove incontro’ Ibn al Arabi , ma del resto sicuramente incontrò altri Sufi anche nel suo precedente viaggio nella Spagna dei Mori. (ascoltate Gabriele Bianchi, grande saggio e maestro, cosa dice https://youtu.be/O8Ixeu64Dhg ). Queste vicende bisogna andarle a cercare nei testi islamici dell’epoca che parlano di San Francesco più di quanto lo facciano i testi cristiani.

Il sultano chiese a Francesco di proporre la pace al vescovo Pelagio che comandava le armate cristiane nella quinta crociata. Diede a Francesco un corno che avrebbe dovuto suonare, passata la linea del fronte e ritornato fra i cristiani, nel caso Pelagio non avesse accettato la sua offerta di pace. Francesco sfortunatamente dovette suonare quel corno che adesso è custodito ad Assisi presso la sua tomba. La guerra continuò ed il sultano fece 30.000 prigionieri: a differenza di Pelagio, che decapitava in nome di Dio i prigionieri catapultando le loro teste dentro Gerusalemme, il sultano ebbe riguardo di loro e li rimando’ tutti a casa, sani e salvi, malgrado le atrocità da loro commesse: gli archivi arabi custodiscono lettere di prigionieri che, tornati in patria, sentirono il bisogno di scrivere al sultano per ringraziarlo per il trattamento umano ricevuto durante la prigionia. Tornando a Konya, Franco e mio padre assistettero alla cerimonia dei dervisci che in quegli anni risultava scevra da ogni contaminazione turistica. Rimasero entrambi colpiti dalla musica, e dai musicisti professionisti , anch’essi appartenenti alla confraternita, tutti eccellenti esecutori. Lo strumento simbolico di questa cerimonia è il flauto a canne che, con il suo suono triste, ben rappresenta la nostalgia dell’anima a causa del distacco e lontananza dal suo Creatore. Il maestro del dervisci, con la mano simbolicamente tenuta sul bavero del mantello sopra il cuore a testimoniare la sua offerta di amore al mondo, impartiva con i suoi leggeri movimenti gli ordini ai danzatori che rispondevano insieme, ad occhi chiusi. Questa cosa suscitò nella coppia Pio – Battiato grande curiosità, non riuscendo essi a capire bene come tutti potessero muoversi così in sincronia senza guardarsi. Fra i roteanti spiccava per presenza un giovanetto dal sorriso estatico che sembrava trasportato in un mondo superiore a causa della danza e la preghiera. Di ritorno a casa da Konya, mi portarono in regalo le scarpette tradizionali di pelle nera dei dervisci, comperate nel bazar che circondava il mausoleo ed il libro “Poema celeste” del mistico persiano Farīd al-Dīn ʿAṭṭār che invito tutti a leggere . Sono bellissime e nostalgiche poesie di amore scaturite dall animo umano che soffre a causa della lontananza da LUI (Hu) ed anela per ritornare alla casa dal suo creatore, “l’ Operaio delle officine del nulla”, che trascende ogni forma e qualità.Il sufismo è altresi l’elemento caratterizzante di molti dei quadri dipinti da Franco, a casa ho proprio uno dei suoi primi dipinti che rappresenta un derviscio danzante (vedasi foto allegata ). L’ opera Gilagamesh segnò per Franco un ulteriore passo in avanti sulla conoscenza della mistica sufi. Il titolo del disco “Come un cammello in un grondaia”, che tutti attribuiscono al mistico sufi al Biruni, è invece un racconto popolare, riportato da molti scrittori sufi in diverse varianti, ma il primo fra tutti fu Ibraim Ethem (o Ibrahim Adam, i nomi cambiano spesso se scritti in Turco o Persiano). La storia narra del ladro scoperto mentre si arrampicava sulla grondaia per raggiungere il tetto della lussuosa reggia del sultano.

Il sultano, che voleva diventare un maestro sufi senza abbandonare le proprie ricchezze e lussi, chiese al ladro cosa mai facesse sul tetto del proprio palazzo. Il ladro rispose che stava cercando il suo cammello. Il sultano stupito replicò : tu sei pazzo se cerchi il cammello sul tetto, ed il ladro (in realtà un maestro sufi) prontamente gli rispose: pure tu sei pazzo che pretendi di cercare Dio vivendo nell’ ozio ed appesantito dal lusso! . Ibraim Ethem fu istruito alla scuola di Khwaja Muinuddin Chishti altro grande mistico la cui tomba è conservata nel santuario di marmo bianco ad Ajmer, Rajasthan, India. Quando la visitai, la tomba di Chisthi era circondata da un tappeto di petali di rosa sul quale camminavano i fedeli: mi venne in mente che forse la cosa era voluta per ricordare a tutti il comandamento del perdono: per i Sufi il perdono è come il profumo che lascia la rosa quando viene calpestata… Andai due volte in questo mausoleo e sempre venni accolto dal fervore del canto devozionale Kawali, genere musicale che, immutato, viene praticato da secoli dai musicisti nel Dargah ( ben altro che il canto stantio delle nostre messe domenicali). Il Kawali di Ajmer ha la stessa funzione della danza in Konya, cioè quella di incendiare lo spirito affinché possa annullarsi in Dio. Alcuni adepti del santuario vennero da me e mi chiesero di tradurre in Italiano la guida del santuario: gli chiesi come potevano sapere se io fossi o meno la persona giusta per fare questa cosa ma loro sorrisero dicendomi semplicemente che Dio mi avrebbe aiutato. Fu un impegno che accettai con riserva e che ancora non ho espletato, la cosa mi lascia un senso di colpa. L’ amore che divampa per Dio si traduce per i Sufi nella fratellanza fra i credenti delle tre religioni , “i fratelli del Libro” , ovvero i seguaci del Vangelo, del Corano e della Bibbia : una perla rara di saggezza e tolleranza in mezzo al fanatismo religioso, non solo islamico, che sempre più sta pervadendo il mondo e le nostre vite. Paradossi della storia: Rumi nacque proprio in Afganisthan …