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Addio Aldo Addio Aldo
Caro Aldo Te ne vai come la neve mentre scende la neve, silenziosamente. Ma non è un silenzio di quelli luttuosi, come se ad... Addio Aldo

Caro Aldo
Te ne vai come la neve mentre scende la neve, silenziosamente. Ma non è un silenzio di quelli luttuosi, come se ad un certo punto la mancanza improvvisa, ci impedisse di vedere un passato gioioso fra le tempeste di nulla sulmonesi, che soltanto tu sapevi individuare, evitare e deviare, cosciente come eri di quel che più conta nella vita. E se dovessi mettere una croce sulla tua estetica popolare, non potrei che ravvivare il moto perpetuo della tua ironia breve, diretta, definitiva. Come la morte. O quasi.
Ciao Aldo. Il mondo è poco per chi vive ma l’universo tende ad infinito e perciò non dispero se, anche soltanto una piccola illusione, mi fa credere che ci incontreremo di nuovo fra strati temporali senza senso, un giorno, quel giorno che sarà di tutti. Tu te ne starai fermo, col sorriso che disillude ogni vanesia grandezza, e mi dirai deciso mentre ancora mi rendo conto d’esser crepato: “o Mì era ora… cazz’è” … e io capirò d’esser morto alla faccia d’ogni atea inconsistenza, il dubbio che in vita limita qualche nostra potenziale minchiata ma non muta certo l’indole di ognuno.
E quando iniziammo la nostra esperienza giornalistica anche quella volta capisti la cosa più importante, e mentre noi iniziavamo polemiche sterili contro i mulini a sterco, tu mettevi le ricette di cucina, che certamente non producevano seguiti ma metaforici “inculo” al mondo, laddove uno stolto pensa ancora che conti di più l’economia, la biologia e l’architettura ingegneristica rispetto alla gioia d’una risata a tavola, mentre t’ingozzi di salame e vino. Non so dove sei andato ma vorrei star là piuttosto che qua se il panorama che adesso vedi è di culi appesi, quelli nostri, più utili a parcheggiar biciclette piuttosto che contemplare l’infinito come fai tu, col sorriso disincantato che pure lì ci spiega: “cazz’é”.

m. m.