ovidio news
Voci sulmonesi e oltre: su quel filo di cultura Voci sulmonesi e oltre: su quel filo di cultura
La “diluizione” del concetto di cultura ha comportato negli ultimi trent’anni uno stato malinconico, decadente, perfino confusionale. È come se avessimo messo in un... Voci sulmonesi e oltre: su quel filo di cultura

La “diluizione” del concetto di cultura ha comportato negli ultimi trent’anni uno stato malinconico, decadente, perfino confusionale. È come se avessimo messo in un mixer gigantesco, frammenti di storia, qualche autore letterario, un po’ di quadri, dei ruderi medioevali e avessimo ottenuto un frullato indigesto e maleodorante. Da molto tempo ormai non è stata consentita una linea cronologica consequenziale, anche i testi scolastici, sono più delle ammucchiate che dei resoconti storici, pieni di schede, note, riferimenti fuorvianti e inutili, che gravano sulle spalle dei nostri studenti col peso del mattone e non certo con quello della cultura.

Le tecnologie dell’immediatezza come l’internet applicato al cellulare, invece che integrarsi con la nostra intelligenza, evolvendoci, ci hanno “semplificato” fino al degrado più assoluto. La cultura si è trasformata da strato profondo, dentro noi stessi, a superficiale risoluzione, risposta immediata, sempre a disposizione e che quindi non è necessario includere e conservare, metabolizzare.

E i mali sono diventati maggiori: meno cruenti forse, ma sedimentati, meno compresi per il degrado dovuto alla diluizione culturale; inavvertiti, silenziosi, sottili come le polveri, assassini capaci di versare nemmeno una goccia di sangue.

Il deterioramento è sempre più visibile e si allarga a macchia d’olio come le isole di plastica a largo del Pacifico, come gli incendi grossi quanto una nazione, come l’uso ottuso delle energie inquinanti, come l’accumulo stolto dei nostri scarti che non è previsto in natura, come l’inedia dilagante che disintegra le percezioni di ognuno, impedendo la comprensione di ciò che separa il bene dal male. Siamo la società dell’indifferenziata, del volemose bene, del bigottismo dilagante figlio della più bieca ipocrisia. E ci convinciamo, ci facciamo paladini delle battaglie giuste ma impossibili da vincere, perchè lo schieramento in realtà è solo uno. Il vero nemico siamo noi. Non la politica, compiaciuta ma illusa, di non avere più avversari; non i “poteri forti”, che considerano la politica un po’ come la fodera delle loro ventiquattrore piene di banche private.

Completamente assoggettati ai moderni padroni del mondo, vaghiamo nell’etere in cerca del tesoro di Stevenson, bardati a festa, truccati da pirati, tatuati, taggati, baldanzosi, festosi, caricature surreali di chi è silenziosamente morto.

E critichiamo chi non “è noi” perché non siamo coerenti. Incapaci di accettare la nostra complicità con i nostri stessi carnefici. Ammicchiamo al male e ai nostri limiti con il cinismo freddo dell’impotente, dell’agnostico, coi “sé” che tappezzano il nostro inferno dantesco e dei “non ti curar di lor”, che “di certo siamo meglio”.

Arroganti o vittime, leccaculo, opportunisti, fragili ma instabili, studiosi senza più storie da approfondire, superficiali e inconsapevoli: questo il mondo consentito. Questo il mondo voluto da chi è stato bravo a consegnare prove certe degli asini che volano… e che volano pure sulla luna! Perché se volano e basta non ci credi… ma sulla luna! Può essere falso?

Può essere vero che un grattacielo crolli soltanto per interessi economici? Beh buttiamone giù due, non si sa mai.

E allora sapete che vi dico? Voglio anche credere che la terra sia piatta! Una vera anomalia rispetto al moto circolare dell’universo, che ci renderebbe esistenza plausibile e non mera casualità, oblio.

otrel