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Venezia, dopo l’alluvione il Covid: cosa accadrà alla “città/turismo” italiana? Venezia, dopo l’alluvione il Covid: cosa accadrà alla “città/turismo” italiana?
VENEZIA – Se Firenze dovrà fare i conti con spazi che potrebbero finire abbandonati, con bilanci comunali dissestati dal crollo delle tasse di soggiorno... Venezia, dopo l’alluvione il Covid: cosa accadrà alla “città/turismo” italiana?

VENEZIA – Se Firenze dovrà fare i conti con spazi che potrebbero finire abbandonati, con bilanci comunali dissestati dal crollo delle tasse di soggiorno e con redditi immiseriti, a Venezia il covid-19 è piombato proprio mentre la città riprendeva fiato dopo l’alluvione di metà novembre 2019. Trenta, trentacinquemila persone delle 52mila che vivono nella città insulare – stima l’economista Giampietro Pizzo, esperto di microfinanza – sono legate in vario modo a un turismo che fino alla primavera del 2021 non si riaffaccerà.

A Venezia sono 8.469 gli appartamenti proposti da Airbnb per affitti brevi. Considerando che in totale sono circa 40mila, stando a un rapporto curato dal Cresme e dall’Associazione nazionale centri storici e artistici (Ancsa), ecco che quasi una casa su quattro a Venezia non è abitata da persone che vi risiedono. Da qualche anno, inoltre, la piattaforma californiana insieme ad altre agenzie sta colonizzando anche Mestre e Marghera. E le case in affitto si affiancano agli alberghi, molti dei quali si sono insediati in edifici di proprietà pubblica poi venduti, come a Firenze: dal palazzo Papadoli che ospitava la polizia municipale, al palazzo Donà, dove avevano sede i servizi sociali del comune, o al palazzo Corner Contarini, occupato un tempo dalla corte d’appello.

Venezia è il caso estremo di una città che si è adattata al turismo: flussi giornalieri di decine di migliaia di persone, fino a centomila nei periodi di punta, da 27 a 30 milioni di presenze all’anno, e poi il commercio, la ristorazione e i servizi per chi percorre le calli e i campielli anche per poche ore. Pizzo usa una metafora tratta dalla saggezza contadina: “Mai mettere le uova in un solo paniere, il rischio di romperle tutte e di rompere anche il paniere è troppo grande. E invece la conseguenza più evidente di tanti processi di globalizzazione è proprio questa: tutte le uova in un solo paniere. A Venezia si va avanti così da decenni, con un turismo di massa sul quale agiscono attività finanziarie e immobiliari. E si continua in modo inerziale: nel pieno della crisi che ha svuotato la città è stato sottoscritto l’accordo per trasformare l’enorme area del Lido dove c’è l’Ospedale al mare in un complesso turistico di lusso. Protagonista Cassa depositi e prestiti. Sono sicuro che non se ne farà nulla, ma intanto ancora si ragiona come se niente fosse”.

E invece? “A Venezia possiamo proporci diversi obiettivi”, risponde Pizzo, “potremmo, per esempio, riportare residenti nella città insulare approfittando degli appartamenti vuoti”. Ma come? I canoni sono tremendamente alti e i proprietari temono che, una volta dentro, chi prende in affitto una casa non andrà più via. “È evidente che non ci si può affidare al mercato. Né pensare che sia questa l’unica soluzione. Può però intervenire il pubblico dando un sostegno a chi vuole affittare e garanzie finanziarie e anche legali al proprietario. Purtroppo il dibattito è ancora congelato, si spera solo che tornino masse di turisti. E poi Venezia è piena di interi edifici sfitti e in attesa di diventare alberghi. Perché non immaginare che questi grandi contenitori ospitino imprese sociali, lavori di nuova generazione? Se vince la paura, vincono le soluzioni al ribasso. Il vuoto dà l’occasione per politiche che tengano insieme la casa e il lavoro, l’unica via che consenta a Venezia di non tornare nella morsa di un turismo che è pura attività di rendita”.

O.N.