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Thomas Sankara e gli assassini dei sogni Thomas Sankara e gli assassini dei sogni
Thomas Sankara è stato presidente del Burkina-Faso (trad. il paese degli uomini integri) dal 4 agosto 1983 al 15 ottobre 1987. Stagione breve ma... Thomas Sankara e gli assassini dei sogni


Thomas Sankara è stato presidente del Burkina-Faso (trad. il paese degli uomini integri) dal 4 agosto 1983 al 15 ottobre 1987. Stagione breve ma intensa: significativa, rivoluzionaria e, a suo modo, profetica se pensiamo alle sorti dell’Europa. L'”Alto Volta”, così come era prima conosciuto questo territorio, conquistò l’indipendenza nel 1960. Il malcontento sociale produsse vari colpi di stato fra gli anni settanta e ottanta fino alla salita al potere di Sankara nel 1983. Un periodo breve forse ma utile a comprendere tutti i limiti di una società, le sue ipocrisie e ingiustizie: fu ucciso insieme ad altri dodici ufficiali in un colpo di stato.

Sankara non fece altro che indicare al suo popolo le cause del loro sottosviluppo, ha lottato per la giustizia sociale, ha consapevolmente diffuso la presa di coscienza della loro dignità, ha sparso dei semi che faticosamente stanno germogliando e di cui si intravedono i primi frutti.
Alla base di tutto il suo programma c’è la convinzione profonda che bisogna coinvolgere le masse: la sua Rivoluzione necessita di militanti di quartiere, di villaggio, di tutti e di ognuno. È così che nascono i Comitati di Difesa della Rivoluzione (CDR) con la missione politica di rendere coscienti le masse, quella socio-culturale-economica, di impegnarsi nel lavoro collettivo per la società, e quella militare per difendere la Rivoluzione. La scommessa della Rivoluzione Burkinabè si fonda su tre punti essenziali: 1) l’Agricoltura; 2) L’Istruzione; 3) Rivalutazione del ruolo della donna.

Thomas Sankara era un intellettuale, cosciente della meta da raggiungere. Se però la sua integrità e il suo impegno sono raramente messi in discussione, Sankara è stato criticato per aver voluto cambiare le cose troppo velocemente. Così, dopo l’entusiasmo dei primi momenti, cominciarono presto ad alzarsi delle voci all’interno e al di fuori dell’apparato rivoluzionario contro il ritmo frenetico dei suoi progetti e contro la stessa utopia rivoluzionaria di Sankara.
Voleva una “rivoluzione democratica popolare”, ma una larga parte del popolo burkinabè, analfabeta e radicata nella struttura tradizionale e gerarchica del potere tradizionale, non era pronta a far propria l’utopia sankariana dell’uguaglianza di tutti. Si riproducono, presto, prepotenze e suprusi, tipici di una società ancora fortemente gerarchizzata, abusi che minarono la pace sociale.
Alla fine del 1986 la situazione si era degradata per i malintesi interni alla rivoluzione e le resistenze dei poteri tradizionali alle riforme, soprattutto quelle riguardanti le donne. L’isolamento di Sankara caratterizzò, purtoppo, la fine della sua vita.

Thomas Sankara era divenuto un personaggio scomodo, troppo scomodo, per il piano egemonico mondiale messo in atto dai poteri finanziari internazionali attraverso lo strumento del debito. Il suo discorso  tenuto  presso l’OUA (Organizzazione per l’Unità Africana), di una forza e di una chiarezza straordinarie, è un appello a tutti i rappresentanti internazionali a considerare le cause e la reale natura del debito, che non è altro che una nuova e ancora più pervasiva forma di schiavitù, quella  finanziaria.

“Ci hanno prestato i soldi gli stessi che ci hanno colonizzato. E allora, cos’è il debito se non un neocolonialismo governato dai paesi che hanno ancora ‘pruritì imperiali? Noi africani siamo stati schiavi e adesso ci hanno ridotto a schiavi finanziari. Quindi, se ci rifiutiamo di pagare, di sicuro non costringeremo alla fame i nostri creditori. Se però paghiamo, saremo noi a morire. Quindi dobbiamo trovare la forza di dire a costoro guardandoli negli occhi che sono loro ad avere ancora debiti con noi, per le sofferenze che ci hanno inflitto e le risorse che ci hanno rubato”

Qualcuno dice che noi italiani siamo europei… eppure questa triste storia ci ricorda qualcosa. L’unico motore di ogni crisi contemporanea è la strumentalizzazione del debito inflitta a chi non ne capisce il senso, inflitta a popoli che, di fatto, non ne hanno colpa. Questa schiavitù finanziaria è simile ad ogni altra schiavitù perpetrata nella storia. Catene che dovremmo cominciare a recidere, lacrime e sangue che dovremmo cominciare ad asciugare se davvero vogliamo operare un cambiamento. Altrimenti non ci resta che il declino.

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