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Spopolamento aree interne, chiuderanno pure le scuole: le preoccupazioni della FLC CGIL Spopolamento aree interne, chiuderanno pure le scuole: le preoccupazioni della FLC CGIL
L’AQUILA – L’argomento è dominante visti gli ultimi conteggi che hanno visto un calo della popolazione abruzzese dal 2014 ad oggi di oltre 30... Spopolamento aree interne, chiuderanno pure le scuole: le preoccupazioni della FLC CGIL

L’AQUILA – L’argomento è dominante visti gli ultimi conteggi che hanno visto un calo della popolazione abruzzese dal 2014 ad oggi di oltre 30 mila abitanti. Certo, perché se i giovani vanno a cercare fortuna all’estero in Abruzzo non ci nasce più nessuno ed il segnale preoccupante arriva soprattutto dalle scuole visto il basso numero di iscritti che di anno in anno diminuiscono sempre di più. Ma ecco le preoccupazioni di Miriam Anna Del Biondo Segretaria generale FLC CGIL L’Aquila:

La FLC CGIL dell’Aquila condivide le preoccupazioni, già espresse dal segretario generale della Camera del Lavoro Marrelli, per i dati sullo spopolamento emersi dall’ultima rilevazione ISTAT che riconferma un’emorragia di popolazione che incide in misura allarmante sulle aree interne.

Sono dati in tendenza con una situazione diffusa da anni e che, pertanto, non dovrebbero stupirci, ma ripropongono pesantemente ed inesorabilmente le difficoltà di garantire la permanenza delle istituzioni scolastiche sui territori interni della nostra vasta provincia.

Come abbiamo più volte evidenziato, le scuole delle nostre aree interne sono presidi di cultura e socialità che non possiamo permetterci di perdere, ma ogni anno, soprattutto al momento della definizione degli organici, dopo la chiusura delle iscrizioni, ci ritroviamo a fare i conti con numeri insufficienti relativamente a parametri nazionali che non sono adeguati alle piccole realtà interne.

L’impossibilità di sopravvivere alla rigidità dei parametri per le nostre zone fragili è stata più volte manifestata anche alla politica con la reiterata richiesta di impegnarsi perché tali parametri, contenuti nel DPR 81 del 2009, siano rivisti, sia relativamente al numero minimo di iscritti/e per la formazione delle classi, sia relativamente al tetto minimo di alunni per l’autonomia delle istituzioni scolastiche che, ricordiamo, ammonta a 400 alunni per i comuni di montagna e a 600 per tutti gli altri. Sono numeri inadeguati per le nostre scuole, dove, quando si riesce a non chiudere, si ricorre comunque alla formazione delle pluriclassi.  Molte delle nostre istituzioni scolastiche sono a rischio di chiusura da Navelli a Pescasseroli (ormai in deroga da anni), solo per citarne un paio, e non si può pensare che il problema sia solo della scuola o degli uffici scolastici che ogni anno si ritrovano a dover tirare da ogni lato la coperta che si restringe. Perché la scuola, ribadiamo con forza, è parte di un progetto sociale più ampio e il problema dello spopolamento che la coinvolge pienamente non si risolve senza una convinta contrattazione sociale territoriale che coinvolga tutti i soggetti del nostro territorio sia su temi sociali che di sviluppo locale, al fine di coniugare i diritti di cittadinanza, tra cui quello allo studio e all’istruzione, con i diritti del lavoro.

A tal fine ricordiamo che l’11 settembre 2019, proprio perché preoccupati dalla situazione della zona della Valle Peligna, che in termini di spopolamento è una della più fragili, durante una conferenza stampa tenuta a Sulmona, abbiamo invitato la politica all’apertura di tavoli per confrontarci su possibili azioni per arginare il rischio di desertificazione di uno dei territori paesaggisticamente e culturalmente più ricco della nostra provincia. Così come, ad esempio in occasione della paventata, tamponata ma non risolta chiusura del Convitto Nazionale all’Aquila, abbiamo rivolto lo stesso invito alla politica del capoluogo. Chiaramente non abbiamo avuto risposte.

Siamo fortemente convinti che solo quando sulle aree interne si agirà con nuove proposte e non con vecchie dinamiche e solo quando si comprenderà che i nostri territori possono essere oggetto di programmazioni differenti anche sperimentando modalità e possibilità comunitarie, che tengano presenti le risorse che tali aree rappresentano e non i problemi che preferiamo leggervi, non potrà esserci un’inversione di tendenza.

Comprendiamo e condividiamo, dunque, l’appello di Federico ma, relativamente alle proposte, una domanda sulla loro fattibilità, in assenza di un patto politico territoriale forte, forse dovremmo farcela. Soluzioni random non risolvono il problema.

Le nostre scuole tengono ancora in vita i paesi ed i borghi e, come abbiamo più volte affermato, perderle significherebbe perderci, perché rappresentano l’identità del nostro territorio.

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