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Ma come mai il debito pubblico non è più un problema? Ma come mai il debito pubblico non è più un problema?
Invito alla riflessione Dopo anni, anzi ormai decenni, in cui la prima obiezione a chiunque ipotizzasse di utilizzare il deficit di bilancio per finanziare... Ma come mai il debito pubblico non è più un problema?

Invito alla riflessione

Dopo anni, anzi ormai decenni, in cui la prima obiezione a chiunque ipotizzasse di utilizzare il deficit di bilancio per finanziare un rilancio dell’economia nazionale, era: “E il debito pubblico”?

Questo tormentone non è nato con l’Euro.

E’ sempre esistita una scuola di pensiero economico secondo cui lo Stato dovrebbe comportarsi come ‘un buon padre di famiglia’ e spendere solo ciò che incassa con le tasse, emettendo moneta in maniera estremamente parsimoniosa, appunto per evitare il ‘debito pubbico’, ossia una situazione in cui lo Stato deve pagare interessi sui suoi titoli, emessi per avere liquidità.

Se in quegli anni c’era una disputa fra Keynesiani e anti Keynesiani, (semplificando: i primi a sostenere che in fondo il debito pubblico, in presenza di una moneta nazionale, è ricchezza trasferita alla Nazione, gli altri a ritenere che questo debito rendesse la moneta troppo debole e quindi generasse continuamente inflazione) dopo l’avvento dell’Euro i Keynesiani vennerero semplicemente cancellati dalle Università e dal dibattito pubblico. Il “pareggio di bilancio” divenne addirittura un dogma, al punto di essere inserito in Costituzione. Questo, insieme all’impossibilità di emettere l’Euro da parte di una banca che non fosse quella Centrale Europea, mise in ginocchio l’economia italiana, che pesantemente svantaggiata dall’introduzione di una moneta unica marco-equivalente si ritrovò priva di strumenti di crescita. Chiaro che se si possono investire solo soldi ricavati dalle tasse, si innesca un circolo vizioso dal quale sembrerebbe impossibile evadere.

Ma la ‘pandemia’ ha ribaltato queste concezioni. Improvvisamente, i soldi ci sono, valanghe di miliardi vengono create dal nulla dalla BCE, che immette sul mercato tutti gli euro che si ritengono indispensabili per un rilancio dell’economia.

Improvvisamente, già, questa è la parola chiave. Improvvisamente tutti spiegano che il denaro è la benzina dell’economia, indispensabile perché tutto giri. Indispensabile soprattutto perché un sistema economico in difficoltà possa rilanciarsi. Tutti Keynesiani!

Perché mai questa evidenza era stata nascosta e negata per decenni?

Soprattutto: perché mai ogni volta che l’Italia ‘chiedeva’ alla UE di poter spendere in deficit, veniva bollata come paese cicala, dai bilanci disastrati e inaffidabili?

E, cosa terribilmente più grave, perché tutta la classe dirigente italiana accettava supinamente questo diktat? Siamo stati per anni, legge di bilancio dopo legge di bilancio, a elemosinare sforamenti di un due o massimo tre per cento, senza poter far fronte a tassi di disoccupazione mostruosi, senza i soldi per rimettere in sesto un territorio sempre più devastato, senza poter intervenite, ad esempio, a Taranto, per mancanza di fondi da investire.

E niente, i soldi c’erano solo quando bisognava salvare qualche banca, o semplicemente regalarli a qualche banca (come quando in un colpo vennero stanziati miliardi per rivalutare il valore delle quote private in Banca d’Italia).

Oggi che, improvvisamente, il debito pubblico schizza a livelli giapponesi, oggi ci sono i soldi per pagare lavoratori che non lavorano e ‘ristorare’ per i mancati guadagni gli imprenditori.

Quindi, quando l’Italia necessitava di un rilancio, negare lo sforamento che senso aveva? Aveva un senso soltanto: mantenerci in condizioni di sudditanza nei confronti degli altri Stati Europei.

Chi è capace di trovare un’altra spiegazione, si faccia avanti. Che differenza c’è fra sei mesi fa e oggi? Perché oggi i soldi vengono emessi, e dati agli Stati, e sei mesi fa era impossibile emetterli, se non fornendoli alle banche private (e quindi nel circuito del prestito a interesse)? La differenza sta tutta nel fatto che oggi servono anche agli altri, e che Conte ha potuto imporre che all’Italia, in maggiore difficoltà, toccasse oltretutto una quota superiore.

Ma dicevamo poco sopra che è del tutto intollerabile che la classe dirigente italiana accettasse i diktat europei senza mai alzare la voce. E perché li accettava – e li accetterà?… anche qui c’è una spiegazione, una sola: da Ciampi a Prodi ad Andreatta, via via sino a Letta, Padoan (e senza dimenticare Mattarella, che bloccò la nomina di Savona al Ministero dell’Economia perché sgradito a Bruxelles) Gualtieri, i nostri leader, in particolare quelli economici, fanno parte di un’oligarchia transnazionale, per la quale le Nazioni sono un accidente della Storia – un rimasuglio di tempi passati, quando i ‘mercati nazionali’ erano la sistemazione più efficiente per traffici e commerci – e i popoli semplici greggi, masse destinate a produrre e consumare per assicurare un profitto continuo e un potere crescente a chi ne fa parte. C’è stato solo un momento in cui il controllo sull’Italia si stava interrompendo, ossia le elezioni del 2018. Ma Mattarella prima, la resa all’UE dei 5 Stelle targati Di Maio e infine il tradimento di Salvini hanno rapidamente posto fine all’anomalia.

Anche qui, se qualcuno ha ipotesi diverse, può avanzarle. Ma le porte girevoli fra istituti finanziari e incarichi di governo, denunciate da anni, in particolare da Francesco Amodeo, e più recentemente da Alessandro Di Battista, ai nostri occhi sono una prova più che sufficiente.

Un’altra prova? L’insistenza con cui questa gente ancora tenta di far passare il MES fra le fonti di finanziamento. Non c’è un solo misero motivo perché l’Italia, unico paese in Europa debba aggiungerlo al Recovery Fund (che, ricordiamo, è collettivo e uguale per tutti). In nessuna parte d’Europa esiste una classe dirigente (o una buona parte di essa) che punti ad autolegarsi mani e piedi a un trattato che può in qualunque momento portare a una pesante violazione della sovranità nazionale. Un trattato talmente perverso, che tutti coloro che lavorano alle strutture che ne derivano hanno per legge l’immunità rispetto a qualunque tribunale, nazionale o internazionale che sia.

Certo, anche col Recovery Fund, il debito pubblico italiano sale vertiginosamente (anche se i tassi di indebitamento sono scesi quasi a zero). Ma una cosa è certa, che nessuno Stato, anche messo meglio dell’Italia, potrebbe mai ripagare il proprio debito pubblico. La partita non è economica, è tutta e soltanto politica. Il famoso spread, sale e scende a comando, a seconda delle decisioni di acquisto e vendita delle grandi banche, che sono a tutti gli effetti centrali politiche, dato che possono determinare (come fu per il famoso Governo Berlusconi) l’ascesa e la caduta di leader e partiti.

Il sistema che è stato costruito in Europa è basato sulla scarsità di ‘benzina’ ossia di denaro. La benzina viene razionata, concessa e negata a seconda degli equilibri di potere che devono essere costruiti, e che rendono del tutto inutile ogni richiamo alla democrazia, alla lotta politica, al confronto delle idee, alle elezioni libere, alla sovranità popolare e nazionale.

Questo sistema non si può “migliorare”, al suo interno non ci sono “buoni” e “cattivi”, ma solo opportunisti che accettano le regole del gioco per trarne vantaggio.

E il “che fare” è ancora tutto da scrivere.

Franco Slegato