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L’ipotesi alleanza strategica col Partito Democratico lacera il Movimento 5 Stelle L’ipotesi alleanza strategica col Partito Democratico lacera il Movimento 5 Stelle
Di Battista loda Antonella Laricchia (nella foto) candidata presidente M5S in Puglia che si oppone alla richiesta di Conte e Di Maio di lasciare... L’ipotesi alleanza strategica col Partito Democratico lacera il Movimento 5 Stelle

Di Battista loda Antonella Laricchia (nella foto) candidata presidente M5S in Puglia che si oppone alla richiesta di Conte e Di Maio di lasciare il campo a Michele Emiliano

Dopo il voto su Rousseau che apre la strada ad alleanze locali e tattiche, l’ala governativa “a oltranza” del M5S, sulla scia dell’appello di Giuseppe Conte tenta una forzatura evidente, per arrivare a un’alleanza strategica, ossia diffusa e obbligata in tutte le regioni.

E’ di quattro giorni fa il post ‘traditore’ di Zingaretti, che dopo il voto su Rousseau ringrazia Di Maio per “essere stato di parola”… e non gli ha di certo fatto un favore. Infatti ha svelato il gioco ‘governista’: sdoganare le alleanze (con “tutti i partiti”) per poi imporre quella col PD come unica possibile. E’ evidente che la formula “i partiti tradizionali” è ambigua. Innanzitutto perché la basa 5 Stelle li chiamerebbe “i partiti della casta”, e poi perché un’alleanza con le destre, dopo il tradimento di Salvini, è pura fantascienza.

Come era facile immaginare, nel Movimento si è scatenata la bagarre, ed il tentativo di Di Maio di salvare capra e cavoli (mettere il cappello sull’operazione per mantenere la parola con Zingaretti, accordandosi col PD a Pomigliano; fermare la rivolta dichiarando che sì, lui è per l’alleanza, ma riconoscendo ai territori il diritto di scegliere il da farsi) ha in realtà acceso le polveri pubblicamente. Difatti, l’intervento di Crimi, con l’intervista al Corriere della Sera, ( Tra Pd e M5s “non c’è alleanza strutturale“ ) aveva placato gli animi: la chiusura all’alleanza strategica era netta.

Oggetto della disputa le Marche e la Puglia, dove la base pentastellata non si sogna neppure di accordarsi con i “nemici” del PD, per quanto esista al momento una coalizione di governo che vede insieme questo partito e il 5Stelle. D’altronde in molti fanno notare che un’alleanza vera sarebbe possibile solo in presenza di un cambiamento sostanziale di quel partito, che oggi ha ancora fra i suoi esponenti di punta in Campania quel De Luca, re del clientelismo e della politica più classicamente corrotta (in senso etimologico)… in Abruzzo nientemeno che il pluri-indagato Luciano D’Alfonso, in Calabria i Pittella… ma poi i contrari all’alleanza fanno notare che il ‘corpaccione’ del PD non è mai cambiato, con senatori, deputati dirigenti, amministratori, transitati da Bersani a Renzi a Zingaretti senza soluzione di continuità. E il ‘corpaccione’ a 5 Stelle, proprio non li può vedere, li considera tutti a pieno titolo parte del sistema di corruttela e di clientelismo che il PD, oltretutto da sempre partito dei banchieri, dell’austerity e dell’UE.

Le pressioni su Antonella Laricchia, la candidata Presidente in Puglia, devono essere state particolarmente feroci, se questa ha dovuto dichiarare: «Sono sacrificabile, se qualcuno lo decide dall’alto» ma «non chiedetemi di piegare la testa, trovate il coraggio di tagliarla». A breve giro ‘di post’ le ha risposto Alessandro Di Battista: «Sei una donna eccezionale. Ti ho sempre stimata ma non pensavo fossi coraggiosa a tal punto”… ed è molto difficile non legger in questa frase un attacco, neppure velato, a chi le ha chiesto, ma di nascosto, un passo indietro.

Meno rumorosa ma analoga la situazione nella Marche. Il candidato Gian Marco Mercorelli, dopo aver ricordato la gestione clientelare del potere da parte del PD anche nella sua regione, ha scritto: ” : Insieme a molti amici abbiamo intrapreso molte iniziative per la nostra regione. Alcune hanno avuto esito positivo, altre, purtroppo, no. Perché eravamo troppo pochi, eravamo in minoranza, non perché fossero sbagliate o ingiuste. Nessuno è venuto a dirci: “abbiamo rivalutato le vostre proposte, forse in fondo potevate aver ragione, mettiamoci qui e proviamo a fare qualcosa di buono insieme”. Nossignore: si dice che ci abbiano tirato dietro la promessa di qualche poltrona, come farebbe quel padrone distratto che tira un osso al cane per farlo smettere di abbaiare quando non ci riesce con i calci. E’ questo il futuro che vogliamo costruire? Cinque anni sotto padrone, con qualche osso e molti calci? NO, GRAZIE”.

In Campania la situazione più imbarazzante. Lì il Partito Democratico ha il volto di De Luca, da sempre la bestia nera del M5S, e l’alleanza non sarebbe stata neppure proponibile. Di Maio ha voluto mettere il suo sigillo per lo meno a Pomigliano, il suo paese, con una candidatura terza (un professore di papirologia) su cui i Dem locali e la base 5 Stelle hanno accettato di convergere in funzione anti-destra. Insomma, detto in francese, un vero ‘bourdel’.

Grazie alle fughe in avanti ‘governiste’ il M5S, totalmente privo di una visione propria del Paese, schiacciato sempre più sulle posizioni di compromesso del governo si presenta oggi, oltreché dimezzato elettoralmente, lacerato al suo interno. Gli eletti schierati in gran parte con Di Maio (la cui unica proposta strategica sembra essere quella di ‘fermare le destre’) timorosi di doversene tornare anticipatamente a casa. Gli iscritti a Rousseau del tutto disamorati, in gran parte non votano (solo il 30% ha cliccato sulla questione delle alleanza). Gli attivisti, del tutto spiazzati, si barcamenano fra la fedeltà al simbolo e la repulsione per l’alleanza che gli viene proposta: di certo, anche qui il calo è vistosissimo, decine di meet-up si sono sciolti, e ovunque si hanno notizie di gravi fratture fra gli attivisti rimasti e gli eletti.