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L’incapacità della politica sul territorio L’incapacità della politica sul territorio
I tempi della politica “reale” sono oggi così brevi che la scelta del momento giusto per una azione governativa diventa fondamentale, tanto che l’individuazione... L’incapacità della politica sul territorio

I tempi della politica “reale” sono oggi così brevi che la scelta del momento giusto per una azione governativa diventa fondamentale, tanto che l’individuazione esatta del “quando agire”, può comportare la differenza che passa fra una vittoria e una sconfitta.

L’Italia è un paese con una concentrazione storico/culturale alla quale nessuno al mondo si può nemmeno avvicinare. In questo senso un chilometro quadrato del nostro paese equivale a volte a cento chilometri di un altro qualunque. Una penisola al centro del mediterraneo che ha visto il passaggio e l’influenza di quasi tutti i popoli del mondo e che ha conservato migliaia di differenze, di usi e costumi, di linguaggio. Tu vai da un paesino all’altro, distante una manciata di chilometri e trovi un mondo diverso, orari diversi, lavori diversi, colori e mentalità diverse. Ed è questa la cultura che ti è derivata dal viaggio, perché l’italico ha sempre viaggiato ed anche la sua connotazione antropologica è derivazione di approdi di culture diverse e stratificazioni semantiche che lo hanno arricchito nel suo dna. Un’ora vissuta in Italia è come un giorno intero vissuto altrove: ti alzi dal letto, ti guardi attorno e capisci di trovarti in un luogo denso, vivo, complesso.

Ora: cosa vogliamo dire. Che ha volte anche la scelta più giusta può risultare un errore se i tempi utilizzati non sono consoni alla situazione. Non puoi fare politica da Roma senza passare sul territorio. O senza “ascoltare”, vedere, vivere, respirare, assimilarlo. Che il territorio è un mondo a sé stante e quello che ottieni a livello di alleanze da una parte, potrebbe non essere confermato altrove. Uno del Pd di Napoli non è come uno del Pd di Milano. Ma è naturale. Fisiologico. Qui non stiamo parlando di una pianura sempre uguale per centinaia di chilometri. Una regione come l’Umbria può essere devastata dai terremoti, la Liguria dagli smottamenti montuosi e la Sardegna dalle tempeste. E le popolazioni di questi luoghi sono la derivazione stessa delle loro tragedie, della loro capacità di ambientarsi, delle loro possibilità di evolversi culturalmente; in una parola sola, sono derivazione della loro storia.

Un governo centrale lontano dai territori potrebbe essere davvero penalizzante se chi dirige si svincola e si distacca dalle varie realtà locali, perché senza conoscere e far parte delle problematiche di un territorio la sua presenza rischia di divenire inutile, anacronistica e bersaglio di cambiamenti veloci. Oltre che di sorprese elettorali imbarazzanti. E infatti se vediamo la storia recente dei governi italiani notiamo bene la discontinuità che li caratterizza. Perché fare la cosa giusta al momento sbagliato oggi, ti fa andare a casa. Non bisogna romanizzarsi, bisogna territorializzarsi.

E il Movimento 5 Stelle sta facendo proprio la cosa giusta rischiando di andare a casa. E non ci riferiamo solamente all’ultima tornata regionale umbra, laddove i pentastellati sono andati ad allearsi con gli stessi che avevano mandato virtualmente a casa dopo gli scandali (recentissimi) di “sanitopoli”. Ma perché certe alleanze dovrebbero innanzitutto scovare sul territorio le similitudini, le appartenenze e le possibilità reali e future. Se le hai trovate a Roma per motivi obbligati dalla condizione democratico/parlamentare, non vuol dire che le ritrovi dappertutto. Certi patti li devi seminare sul territorio, devi saperli far fiorire e devi svilupparli nel tempo. Questo è un lavoro di anni in un paese non banale come l’Italia, ed è ora che i “giovani” politici contemporanei (rispetto alla densità storica del nostro paese), di tutti gli schieramenti, se ne rendano finalmente conto.

Non si pensi, tuttavia, di ottemperare alla necessità di essere presenti sul territorio con antiche modalità di lottizzazione o con l’operazione “a volo di farfalla” che compie Salvini, volta a farsi vedere anziché ad approfondire: esserci può essere l’unica via politica per continuare ad essere e per non diventare un transitorio fenomeno di moda, una fugace stella cadente, bellissima ma che illumina il paesaggio per troppo poco tempo.

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