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Le Origini del Sistema Bancario: dai templari alla Repubbliche Marinare, dalla Seconda Guerra Mondiale al “petrodollaro” USA Le Origini del Sistema Bancario: dai templari alla Repubbliche Marinare, dalla Seconda Guerra Mondiale al “petrodollaro” USA
Ricordiamo che tra le ultime guerre di questi anni, iniziate, si dice contro il terrorismo internazionale, sia Saddam Hussein – Iraq – che Mu’ammar... Le Origini del Sistema Bancario: dai templari alla Repubbliche Marinare, dalla Seconda Guerra Mondiale al “petrodollaro” USA

Fu l’ordine dei Cavalieri Templari a costituire una delle prime forme bancarie. I vari regnanti d’occidente, che si recavano in Terra Santa per unirsi alle crociate, avevano l’obbligo di depositare le loro ricchezze nei forzieri dell’ordine cavalleresco. Una volta effettuato il deposito, veniva rilasciato loro un certificato, un titolo di proprietà chiamato “fede di deposito”, che stava ad attestare i beni preziosi affidati al tempio. In seguito queste fedi poterono essere cambiate in altri avamposti templari. Le prime vere forme bancarie, invece, nacquero in Italia con le Repubbliche Marinare. In quel tempo, molti orefici, iniziarono a fondare i primi banchi di deposito. I commercianti dell’epoca, per evitare di essere derubati, mettevano al sicuro in questi banchi i loro averi, ricevendo in cambio le “fedi di deposito”, che, essendo dei titoli di proprietà, potevano essere utilizzate come forma di pagamento per l’acquisto di merci. Di conseguenza, chi riceveva questi titoli sceglieva se ritirare l’oro depositato presso il banco, oppure consegnare le “fedi del banco” a qualcun altro per pagare altra merce. La maggior parte delle fedi, raramente tornava indietro per essere convertita in oro, perché era molto più pratico e sicuro portare in giro documenti cartacei anziché grosse quantità di materiale prezioso. Il rischio di essere derubati era molto alto e l’oro in pratica non veniva quasi mai ritirato.

Nascita delle banconote. Una delle più grandi invenzioni che portano i primi banchieri dell’epoca, già molto scaltri, a detenere il vero potere, è l’ideazione delle “note di banco”. Erano dei semplici pezzi di carta che venivano prestati a chi li richiedeva. Per comprendere l’utilità delle “note di banco” basterà invertire le due parole e magicamente si svelerà l’invenzione delle “banconote”, cioè quella moneta cartacea che una volta prestata doveva essere restituita con lauti interessi. La sostanziale differenza tra “fede di deposito” e “nota di banco” stava nel fatto che la prima rappresentava un reale valore depositato nel banco, mentre la seconda no. Le note di banco, vennero sempre più utilizzate grazie alla garanzia conferita dagli stessi orafi che le emettevano. Questi primi banchieri, approfittando della loro posizione, iniziarono a lucrare, stampando e prestando sempre più note di banco garantite da depositi in oro di proprietà altrui. Gli orafi, diventati così veri e propri banchieri in grado di creare nuova moneta dal nulla (perché l’oro a copertura depositato non era però di loro proprietà) finalizzata all’arricchimento personale, iniziarono la loro scalata al potere. Queste basi prepararono il terreno alla fondazione della Banca d’Inghilterra, che fu la prima banca privata autorizzata a emettere moneta facendo le veci di un Sovrano. Fu Guglielmo III D’Orange, indebitatosi notevolmente per le eccessive guerre, a compiere questo storico passo.

Durante l’Impero Romano e il Sacro Romano Impero, il proprietario della moneta, d’oro o d’argento, era colui che la “portava in tasca”; in seguito con la moneta nominale, il portatore ne divenne solo il debitore, illudendosi di esserne il proprietario. Per lunghi secoli fu così. Chi deteneva una banconota poteva, teoricamente, restituirla alla banca, e la Banca Centrale del paese in cui questa aveva corso legale, avrebbe teoricamente potuto ricevere il corrispettivo in oro. Alla fine della seconda guerra mondiale i vincitori mirano a stabilire un nuovo ordine economico globale. Lo sviluppo dell’economia planetaria con le nuove tecnologie e l’ampliamento dei mercati, richiedeva un nuovo sistema monetario in grado di sostenere tutto quello che si prospettava per il futuro. Questo sistema non poté che adeguarsi ai nuovi rapporti di forza internazionali che si andarono a stabilire. Fu così che il 22 luglio del 1944 nacquero gli “Accordi di Bretton Woods” i quali stabilirono che il dollaro dovesse essere l’unica moneta convertibile in oro, mentre le altre valute avrebbero avuto prima come riferimento il dollaro e solo in seguito l’oro. Pertanto, gli Stati Uniti d’America avrebbero potuto stampare, secondo gli accordi, 35 dollari per un’oncia d’oro. Ma chi poteva controllare l’operato della massima potenza mondiale? E infatti, gli USA, incuranti degli accordi, stamparono, come è stato scritto, “più dollari che giornali”, emettendone 80.000 milioni anziché 10.000 milioni, come prevedevano gli accordi, basati sulle riserve auree degli USA. In pratica è come se questi ultimi avessero emesso assegni a vuoto per un valore di 70.000 milioni di dollari. Il mondo, a questo punto, si ritrovava con una valuta statunitense, (oltretutto l’unica utilizzata per le transazioni relative al petrolio) che aveva colonizzato tutto il pianeta, realizzando di fatto il suo predominio sulle altre monete e dunque sulle altre nazioni. Ancora oggi, a livello internazionale, “l’oro nero” lo si può comprare solo in dollari, da qui la denominazione di petrodollaro.

Ricordiamo che tra le ultime guerre di questi anni, iniziate, si dice contro il terrorismo internazionale, sia Saddam Hussein – Iraq – che Mu’ammar Gheddafi – Libia – prima dei rispettivi conflitti, richiedevano il pagamento del proprio petrolio in Euro il primo, in Dinaro d’oro il secondo. Coincidenze con la situazione attuale?

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