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La “Rivoluzione dannunziana” senza fine La “Rivoluzione dannunziana” senza fine
PESCARA – Il nostro titolo è volutamente provocatorio per la “chiusura”, ieri a Pescara, del Festival della Rivoluzione dannunziana, con il quale il poeta... La “Rivoluzione dannunziana” senza fine

PESCARA – Il nostro titolo è volutamente provocatorio per la “chiusura”, ieri a Pescara, del Festival della Rivoluzione dannunziana, con il quale il poeta guerriero è tornato idealmente nella sua città natale, nei locali dell’ex Aurum.

Il dibattito è, infatti, tutt’altro che chiuso e non vede una fine: l’anniversario, come c’era forse da attendersi, ha suscitato forti polemiche, intanto nelle file del PD pescarese che non ha visto di buon occhio la dieci giorni dedicata al Vate, accusando in questi giorni gli organizzatori di avere di fatto proposto La Festa della Rivoluzione del fascismo – aggiungendo – “Difenderemo fino alla fine Gabriele d’Annunzio dalle strumentalizzazioni ignoranti da chi ne sta utilizzando la memoria per lanciare un revisionismo nero sulla storia italiana”.

I relatori: Giuseppe Parlato, Stefano Trinchese, Antonio Fares, Giordano Bruno Guerri

Dal tavolo dei relatori del Festival la risposta non si è certo fatta aspettare ed anche ieri, gli illustri intervenuti hanno brevemente ma puntualmente precisato che, semmai, le manipolazioni e le strumentalizzazioni storiche sono state perpetrate dalla lettura per così dire “classica “storica di d’Annunzio e della vicenda della presa di Fiume… fuori dai denti, cioè, da quella della sinistra antifascista.

Giordano Bruno Guerri, Presidente della Fondazione de Il Vittoriale degli Italiani, ha iniziato il suo saluto di congedo alla manifestazione di cui è stato ospite in questi giorni, proprio con una frecciatina per nulla velata al Governo italiano che, continuando sulla falsariga dei precedenti, in questi giorni “ha incredibilmente taciuto senza dare una risposta alla polemica sollevata dalla Croazia, in seguito alla scelta della città di Trieste di commemorare d’Annunzio con un monumento proprio il giorno della presa di Fiume” (cfr. l’articolo di Ovidio News del 12 sett. https://ovidionetwork.it/dannunzio-la-statua-di-trieste-e-le-proteste-della-croazia/ ). Un silenzio – ha proseguito – che si colloca esattamente nel solco di chi non difende le proprie scelte nel proprio territorio nazionale, subendo le reprimende ingiustificate degli altri paesi, e continua ad alimentare con il silenzio le troppo sbrigative associazioni al fascismo tout court dell’occupazione di Fiume, poiché, “quell’azione di d’Annunzio non fu fascista”.

professor Giuseppe Parlato – storico

Anche lo storico Giuseppe Parlato, nel suo intervento, ha specificato che dalla Carta del Carnaro, l’atto formale con cui fu costituita la Reggenza di Fiume, si evince che il d’Annunzio e Alceste De Ambris scrissero nero su bianco una costituzione tutt’altro che fascista ma di stampo sindacalista, prevedendo una democrazia diretta avente base nel lavoro produttivo, le autonomie funzionali e locali, le libertà di pensiero, volendo realizzare una sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe, religione….”. Il fortissimo attrito fra Mussolini e d’Annunzio, si manifestò in tutta la sua insanabilità, anzi, proprio in seguito alla conquista militare di Fiume con la quale il Poeta Guerriero intese mettere fine alla annosa questione delle Terre Irredente “intrapresa in pieno spirito risorgimentale, del quale questo d’Annunzio deve considerarsi epigono e al quale attinse per stabilire le istanze mazziniane e tutt’altro che fasciste”.

d’Annunzio a Fiume

Insomma, una questione quella del d’Annunzio fascista tutt’altro che materia di conciliazione fra accuse di revisionismo storico e controaccuse di falsificazione storica. Certo è che se del Poeta d’Annunzio, Mussolini ebbe sempre soggezione intellettuale, di quello guerriero, seguìto ed amato dalle sue truppe fedelissime, ebbe timore. Le contromosse con le quali il Duce rese vano e liquidò l’esperimento del Carnaro e dell’occupazione di Fiume sono storia, quella degli accadimenti: la firma giolittiana al trattato di Rapallo nel novembre 1920 decretò la fine di quelle pretese irredentiste e di quella occupazione. d’Annunzio si oppose fino a giungere a proclamare lo stato di guerra contro l’Italia. Il nuovo capo del Governo italiano Giovanni Giolitti ordinò allora al generale Enrico Caviglia di farla finita con la Reggenza del Carnaro, sgombrando la città dai legionari. I duri scontri che seguirono, noti come il Natale di Sangue, videro la morte di 17 legionari del Carnaro, i cui nomi sono stati letti ieri, nella sala dell’Aurum, ad uno ad uno nel ricordo che ne ha fatto Antonio Fares, il figlio di uno di quei soldati caduti. La battaglia provocò in totale 25 morti e 139 feriti nelle truppe regolari e 31 morti e 61 feriti tra gli insorti, fra cui molti civili: avvilito da questo episodio di guerra civile fra italiani, d’Annunzio decise di arrendersi, per evitare ulteriori lutti e danni alla città. Il 18 gennaio 1921 d’Annunzio lasciò Fiume per ritirarsi a Gardone Riviera, nell’aurea prigione del Vittoriale, un po’ volontaria… un po’ impostagli dal Duce.

Ariel

Mostra fotografica sul d’Annunzio a Fiume – Aurum La fabbrica di idee – Pescara

Foto: proprietà Ovidio News