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La Grande Truffa del Recovery Fund La Grande Truffa del Recovery Fund
(O credete che Draghi sia stato messo lì per caso?) Un nostro articolo di qualche giorno fa ha riscosso un notevolissimo successo di lettori.... La Grande Truffa del Recovery Fund

(O credete che Draghi sia stato messo lì per caso?)

Un nostro articolo di qualche giorno fa ha riscosso un notevolissimo successo di lettori.

Bene, statistiche ufficiali alla mano, risulta del tutto evidente che ci stanno truffando, o meglio prendendo per i fondelli con la grande campagna vaccinale, ma non crediate che questa sia l’unica truffa in corso.

Ne esiste una, da molti decenni, oseremmo dire da molti secoli, capace di paralizzarci e tenerci in costante sudditanza. La truffa del denaro. Questa truffa oggi conosce un nuovo capitolo, che farà crescere in maniera esponenziale il potere dei banchieri.

Se Andrea Tosatto, nel suo bellissimo “The Covid Show”, ha ben descritto lo stato di ipnosi in cui siamo stati infilati da un anno a questa parte, cosa dire allora del The Money Show?

In poche righe ve lo illustriamo. Gli specialisti della materia ci scuseranno se eviteremo le grandi parole tipiche degli economisti, i diagrammi e le equazioni.

Per rappresentare una realtà semplice sono sufficienti parole semplici.

Il denaro ha una duplice natura.

Da un lato è uno strumento che misura il valore di un bene. Un pallone ‘vale’ 10 euro, nella misura in cui qualcuno è disposto a pagare 10 euro per averlo. Una casa vale 100.000 euro per lo stesso motivo.

Il denaro nasce esattamente per questo, per avere uno strumento in grado di agevolare gli scambi di natura economica, ossia diversi dal ‘dono’.

Nei primi tempi della sua storia il denaro è esattamente questo. Una pecora è come una banconota, un campo vale 100 pecore, per procurarmi il campo mi devo procurare 100 pecore o un altro bene che qualcuno sia disposto a pagare 100 pecore (cioè di valore equivalente) che interessi al proprietario delle pecore. Ma (l’esempio della pecora è calzante) il denaro, essendo qualcosa di fisico (oggi di virtuale, ma vedremo che non cambia nulla) è a sua volta un bene, e dunque una merce, e dunque ha un mercato. Ma se ha un mercato, anche il suo valore cambia o può cambiare nel tempo. Ed ecco che nasce un cortocircuito, per cui è ancora una strumento di misurazione, ma non è più fisso, come un metro o un giro di lancette.

Diventare il pastore, ossia avere il diritto di emettere il denaro, rende di per sé padroni di tutto il mercato dei beni. Per questo, in tutta la storia conosciuta, solo lo Stato, ossia l’Autorità suprema che TEORICAMENTE dovrebbe rappresentare l’intera società, oggi si direbbe il ‘bene pubblico’ ha avuto la possibilità di creare il denaro.

E non solo. il denaro doveva essere misurabile, non tanto per l’interesse generale, quanto perché nei grandi scambi, acquisto ad esempio di armi, di terre, di titoli nobiliari, ognuno aveva la pretesa di una garanzia ‘legale’… la pecora doveva essere in buona salute, e avere quel peso, cioè. Ed ecco il “Signore”, imperatore o Re, che mettendo il suo sigillo sulla moneta d’oro (metallo d’elezione per le sue eccezionali caratteristiche e per la simbologia ad esso legata nei tempi antichi che ha sostituito pecora e quant’altro) garantendone peso e purezza.

Benissimo. Salteremo qui secoli di storia, limitandoci a dire che i banchieri inventarono la banco-nota, facendosi garanti dell’esistenza del deposito in oro, in scambi in cui trasportarlo risultasse oneroso e difficile. E arriveremo ai tempi nostri.

Ai tempi nostri si è ‘scoperto’ che essendo il denaro un misuratore di valore, ma a sua volta misurabile, la sua esistenza fisica, appunto come bene, è una pura complicazione. Il denaro può benissimo essere SOLTANTO cartaceo, e la sua quantità deve corrispondere grosso modo al valore delle merci e dei servizi prodotti dal sistema economico che lo utilizza.

Per questo da mezzo secolo gli economisti parlano di “Moneta FIAT”, ossia che nasce semplicemente dal nulla. Quando qualcuno vi dirà con aria sfottente “cosa credi, che il denaro nasca sugli alberi?”, potrete rispondergli tranquillamente che sì, è come se il denaro nascesse sugli alberi. Qualcuno decide che il motore dell’economia ha bisogno di più ‘benzina’ per girare? Ecco il celebre “bazooka di Draghi” in azione. E in più, con l’avvento dell’elettronica, non c’è più neppure bisogno di stamparlo. Basta scrivere dei numeretti e fornire tutti di una carta di debito.

Sembrerebbe tutto semplice e anche bello, e lo sarebbe se chi decide sulla quantità di denaro in circolazione fosse al servizio del bene comune.

E invece, nel corso dei secoli, la banco-nota emessa dai banchieri ha conquistato la preminenza sul denaro coniato. Fino al punto che oggi una banca può emettere denaro (ossia prestare denaro) dodici volte in più rispetto ai reali depositi custoditi nel caveau. Grazie a questa preminenza, gli equilibri di potere fra il Sovrano ed il Banchiere si sono spostati a favore di quest’ultimo, al punto che oggi tutte le banche Centrali sono di proprietà di banche private. Laddove la politica ha mantenuto una sua forza, come in Giappone, il controllo statale sull’attività delle Banca Centrale assicura che questa emetta denaro in funzione delle necessità del paese (o quantomeno, certo, delle sue classi dirigenti). In Europa, dove non esiste uno Stato Centrale, la BCE si muove a piacimento, facendo gli interessi dei più forti, sia intesi come Stati (in particolare la Germania) che come concentrazioni di potere economico.

Ed eccoci al cuore di questo articolo.

In Giappone, il debito pubblico è più del doppio di quello italiano, ma lo Stato deve pagare gli interessi a una banca che controlla direttamente. Quindi, in sostanza, a se stesso.

In Italia, già dal 1981, decenni prima che arrivasse l’Euro, il Tesoro non aveva più potere sulla Banca Centrale, tranne che riguardo alla nomina del Presidente, che comunque era sempre scelto nei board delle banche private che ne detenevano il capitali. Ma ovviamente il rapporto di forza fra Banchieri e Stato era ancora a vantaggio di quest’ultimo, almeno in linea teorica).

Con l’avvento dell’Euro, il nostro debito pubblico è diventato un debito reale, non virtuale come quello del Giappone. Ed eccoci entrati a pieno titolo nel “The Money Show”.

Il Recovery Fund si basa sostanzialmente su un’impennata enorme del debito pubblico, dato che oltre la metà dei fondi ci verranno prestati (sia pure praticamente ad interessi zero).

La parte ‘a fondo perduto’ dimostra solo che l’UE avrebbe potuto semplicemente emettere l’intera cifra, per tutti gli Stati, e non l’ha fatto solo per non creare inflazione: cosa questa che agli Stati indebitati come il nostro avrebbe fatto solo comodo, ma avrebbe sensibilmente alleggerito l’ammontare degli interessi che paghiamo ogni anno ai possessori dei nostri titoli di Stato (ossia per il 90% alle grandi banche).

Il ‘debito pubblico’ italiano è dunque solo la conseguenza del rapporto di potere esistente fra banchieri e Stati Nazionali. E oltretutto è giuridicamente il più classico dei debiti usurai. Ricordiamo che è usura prestare a chi sicuramente non potrà restituite, obbligandolo a un eterno pagamento degli interessi. Questo è quanto sta succedendo oggi. L’Italia ripartirà, con il Recovery Fund, in modo che possa costantemente ripagare gli interessi sul milardo e 600 milioni di euro di debito. L’UE vigilerà che le politiche nazionali garantiscano il surplus di almeno 100 milioni l’anno (4 finanziarie…) necessari a pagare gli interessi.

O credete che Draghi sia stato messo lì per caso?

Franco Slegato