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La fragilità delle mode e il “gioco” del politico impiccato. La fragilità delle mode e il “gioco” del politico impiccato.
È curioso il modo in cui nel nostro paese “le mode” arrivino velocemente e, allo stesso modo, decadano, senza lasciare particolare traccia o memoria:... La fragilità delle mode e il “gioco” del politico impiccato.

È curioso il modo in cui nel nostro paese “le mode” arrivino velocemente e, allo stesso modo, decadano, senza lasciare particolare traccia o memoria: siamo in un mondo globalizzato, malato di apparenze, ipocrita, debole.

Se penso ai racconti dei nostri grandi vecchi, quelli che oggi non ci sono più, mi viene facile pensare che il degrado attuale dipenda fondamentalmente da una mancanza di struttura, cultura e mentalità. I nonni di chi oggi ha quarant’anni hanno affrontato o subito il terrore della guerra, l’ansia di perdere le cose e gli affetti più cari e hanno ricreato con l’operosità del costruire, del migliorare, del donare, del crescere, del comunicare. Questione di struttura, questione di essersi formati nel dramma della grave mancanza e di avere costruito dentro se stessi quel valore, quella conservazione, riuscendo a radicare in loro un’idea, il fondamento su cui inventare, rinascere, crescere e rinforzarsi. Come una vitamina aggiunta che, laddove il cibo normale non basta, reintegri la carenza, mantenendo saldo l'”edificio”.

L’epoca moderna e contemporanea (i nostri genitori, noi e i nostri figli) si è adagiata sul benessere costruito da quegli avi gloriosi, morali, etici e non ha coltivato abbastanza, non ha irrigato, integrato, approfondito. Quella odierna è una generazione spaesata che usa strumenti senza capirne la matrice, che ottiene risultati senza conoscerne il calcolo, una generazione che non ha sapienza, ha poca esperienza, scarsa saggezza e nessuna lungimiranza. Il vuoto è fisiologico, naturale. Se una pianta è potenzialmente bellissima e forte, non puoi incolparla se inaridisce per una improvvisa mancanza di acqua e sali minerali dovuta ad un cambio di clima o ad un evento imponderabile.

Per questo la politica, come in qualsiasi altro campo, è così labile nei consensi. Un giorno sei Re il giorno dopo sei niente. Uno dei tanti “uno nessuno e centomila” che nascono, vivono e muoiono senza particolari ragioni. Basta pochissimo, a volte non serve nemmeno un motivo reale, e decadi. Decadi perché l’elettorato attuale, non avendo quelle strutture radicate con il sudore e dalla fatica esistenziale, non ha strumenti per trattenere un’idea, un sentimento o un pensiero qualsiasi. Ieri amavi con tutto te stesso, ma nella misura in cui il tuo “edificio” è saldo… ma se la tua struttura è debole, il sentimento risulta immaturo, non radicato perché non aveva basi solide. E l’idea, il sentimento o il semplice pensiero si disperdono: l’oggetto del tuo interesse decade, fisiologicamente, velocemente ed irrimediabilmente. Ieri ho votato Salvini perché è forte? Perché pensa all’Italia prima di tutto? perché va di moda? Oggi voto un altro qualunque e non mi serviranno motivazioni particolari: una struttura fragile come la mia esprimerà coefficienti di resistenza molto bassi. Cinquant’anni fa magari avrebbero dovuto uccidermi piuttosto che modificare una mia idea politica, ma all’epoca la struttura che avevo era solida e, senza pressioni drastiche, nessuno avrebbe mai potuto facilmente cambiarmi.

L’epoca senza il filtro della cultura è destinata al baratro. Se non comprendi da cosa devi difenderti sei spacciato ancor prima di provare a vivere. E cambiare il senso di marcia diverrà sempre più arduo man mano che la bellissima pianta non riuscirà a trovare acqua e luce bastanti per via di quella desertificazione sempre più incombente.

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