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ISTAT: 7 milioni di abitazioni inutilizzate ma si continua a costruire freneticamente ISTAT: 7 milioni di abitazioni inutilizzate ma si continua a costruire freneticamente
Fa molto riflettere l’ultimo censimento Istat che mette in evidenza una situazione assai strana: su circa 31 milioni di abitazioni, un quinto di esse... ISTAT: 7 milioni di abitazioni inutilizzate ma si continua a costruire freneticamente


Fa molto riflettere l’ultimo censimento Istat che mette in evidenza una situazione assai strana: su circa 31 milioni di abitazioni, un quinto di esse e cioè 7 milioni, sono vuote o abbandonate. Eppure si continua a costruire a più non posso. Cosa sta succedendo? Il rapporto dell’Istituto Superiore dell’Ambiente ci dice che il consumo del suolo pubblico ha “bruciato” 14 ettari al giorno nel 2018 (due metri quadrati al secondo). Perché si continua a costruire? Il responsabile non è altro che il Prodotto Interno Lordo, quello che a fine telegiornale viene riassunto con la sigla PIL. Ed è un meccanismo che se produci lo tieni alto e dovrebbe essere cosa positiva, il problema è che a volte sei costretto a produrre cose che non servono.

Secondo Alessandro Mortarino, coordinatore nazionale di Salviamo il Paesaggio non ci sarebbe miglior modo per rilanciare il comparto edilizio che recuperare gli stabili abbandonati e incidere comunque positivamente sul PIL senza spreco di denaro e suolo pubblico. In merito è stato anche presentato un disegno di legge alle Commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente, al Senato. “Una proposta che non è contro lo sviluppo, ma anzi vuole favorire lavoro sostenibile, per noi e per l’ambiente- sottolinea Mortarino”.

L’idea sarebbe quella di pianificare una struttura ecosostenibile da una parte relativa ai suoli e alla loro capacità di fornire servizi ecosistemici, l’altra al riutilizzo del suolo pubblico, rigenerando, bonificando o naturalizzando, del resto il recupero di certi territori è quanto ci chiede l’Europa, con l’obiettivo della Land Degradation Neutrality, prevista dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Come ricorda sempre il rapporto Ispra, infatti,  gli Stati membri devono prevedere sia l’azzeramento della cementificazione, sia l’aumento delle superfici naturali, che vanno sottratte all’urbanizzazione. Obiettivo più che auspicabile in un Paese ad alto rischio di dissesto idrogeologico, come il nostro.

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