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Il ruolo di Mussolini nel contenimento della minaccia comunista Il ruolo di Mussolini nel contenimento della minaccia comunista
In questo contesto Mussolini pensava ancora di poter giocare un ruolo, con i suoi fascisti, nella politica post-bellica degli Alleati e della Chiesa:... Il ruolo di Mussolini nel contenimento della minaccia comunista

Negli ultimi mesi di guerra l’Italia era il teatro di trattative segretissime e patti indicibili. Mentre già si intravvedeva il futuro di un mondo diviso in blocchi contrapposti, i nazisti cercavano un’intesa con i servizi segreti anglo-americani attraverso la mediazione del Vaticano. Il primo dei patti indicibili fu la resa delle armate tedesche in Italia, passata alla Storia come l’“operazione Sunrise”.

Grazie a questa astuta manovra gli eserciti anglo-americani riuscirono a raggiungere i valichi alpini prima dell’arrivo dell’Armata Rossa e delle bande partigiane comuniste di Tito. Appena conclusa la guerra gli Alleati e il Vaticano diedero inizio a un’altra operazione ancora più segreta col nome in codice di “Paperclip”. Si trattava di esfiltrare nell’America Latina migliaia di criminali di guerra nazisti per poterli poi utilizzare in funzione anti-comunista. L’intera operazione era gestita dall’OSS americano e dalla Compagnia di Gesù. Poiché la rete di esfiltrazione era già pienamente operativa all’indomani della fine del conflitto, ne consegue che essa fu predisposta con un certo anticipo e quindi a guerra ancora in corso.

In questo contesto Mussolini pensava ancora di poter giocare un ruolo, con i suoi fascisti, nella politica post-bellica degli Alleati e della Chiesa: quello di contenimento della minaccia comunista. Fino ad allora egli aveva puntato le sue chance su un’intesa con il suo vecchio estimatore, poi acerrimo nemico, Winston Churchill con il quale era costantemente in contatto. Secondo l’attendente del duce Pietro Carradori, lo stesso Mussolini sin dal 1944 aveva intavolato trattative con emissari inglesi. I primi contatti sarebbero avvenuti all’isola Beretta sul lago d’Iseo. Poi Cadegliano Vaconago a due passi dal confine italo-svizzero di Laverna-Ponte Tresa e ancora, sempre nel Varesotto, a Porto Ceresio, località turistica sul lago omonimo, conosciuto anche nella sua parte ticinese come lago di Lugano. Sulla sponda svizzera sorgeva l’enclave di Campione d’Italia, dal gennaio 1944 sotto il controllo del governo del Sud e base di alcune strutture informative americane e inglesi (OSS e SOE). Proprio a Porto Ceresio, secondo Carradori, presente nelle vesti di collaboratore, Mussolini accompagnato dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Francesco Maria Barracu, aveva sostenuto alcuni incontri in una villa sul lago con degli emissari inglesi, il 21 settembre 1944 e il 21 gennaio 1945.

Questa fitta rete di relazioni segrete lascia intuire che un filo sottile tenesse legata la sorte dei due uomini politici. Probabilmente Churchill avrebbe voluto, nell’interesse della Corona inglese, riprendere le relazioni con il fascismo nel dopoguerra, ma non poteva offrire nessun salvacondotto: la sentenza di morte, come abbiamo visto, era già stata emessa. Egli, tuttavia, non poteva nemmeno darvi esecuzione, perché probabilmente temeva la rivelazione di qualche segreto indicibile che avrebbe screditato la sua immagine pubblica e danneggiato gli interessi che proteggeva. Per aggirare i veti misteriosi che legavano le mani di Churchill, Mussolini poteva contemplare – siamo nel campo delle ipotesi, naturalmente – di mettere gli Alleati di fronte al fatto compiuto di una riappacificazione nazionale. Perciò il 25 aprile 1945, grazie alla mediazione del cardinal Ildefonso Schuster, si incontrava all’Arcivescovado di Milano con una delegazione del CLNAI. Il suo desiderio era concordare un passaggio di poteri senza violenze. Lo attendevano, però, tre sgradite notizie. La prima era che i tedeschi, senza alcuna consultazione, stavano per arrendersi agli Alleati. La seconda era che pure le alte gerarchie vaticane lo avevano scaricato. La terza: i rappresentanti del CLNAI non avrebbero accettato nient’altro che una resa incondizionata.

Sandro Pertini, giunto in ritardo quando la riunione era già terminata, addirittura arringò gli altri membri della delegazione del CLNAI a non accettare nemmeno la resa! Perché tanta ostinazione da parte delle forze antifasciste, quando ormai il corso della lotta era deciso e la fine così vicina?