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Il Potere e la libertà come protagonisti dell’ambiente sociale Il Potere e la libertà come protagonisti dell’ambiente sociale
F. Z. L’elemento centrale dell’esistenza è la relazione. Nulla esiste di per sé, tutto esiste in base alle relazioni col resto dell’esistente. Le relazioni... Il Potere e la libertà come protagonisti dell’ambiente sociale

F. Z.

L’elemento centrale dell’esistenza è la relazione. Nulla esiste di per sé, tutto esiste in base alle relazioni col resto dell’esistente.

Le relazioni non sono mai paritarie: in una relazione c’è sempre una parte più forte ed una parte più debole.

In una relazione semplice, a due, una parte può esercitare influenza sull’altra, può essere dominante, ma ne subisce comunque a sua volta un’influenza, ed è costretta a lasciarla in vita perché l’assenza dell’altro da Sé determina la morte del Sé.

Ma la relazione semplice non esiste, dato che la vita ha bisogno di un ambiente in cui dispiegarsi, e un ambiente non è altro che un dipanarsi di relazioni complesse.

Basti pensare a un qualunque sistema naturale (un bosco, un mare) per comprendere come l’insieme delle relazioni determini un equilibrio complesso di influenze reciproche: questo equilibrio di influenze reciproche è esattamente quello che noi intendiamo per “potere”.

Esattamente come in un bosco alberi, cespugli e la flora in generale si rubano il sole, riempiono il terreno con le loro radici a discapito delle altre, (ma anche si coprono e scaldano a vicenda) così nelle società animali e infine nella società umana, il Potere è dato dal gioco della sopravvivenza, dell’affermazione individuale, di gruppo, generazionale e via dicendo.

Se si concorda con questa visione (proposta per primo da Michel Foucault) si può immediatamente escludere la possibilità di realizzare una società idilliaca, senza contrasti e contrapposizioni: la tendenza ad acquisire “potere” è un fatto completamente naturale, se vogliamo anche antropologico, perché l’uomo è comunque un animale (più o meno pensante).

“Combattere il potere”, ma anche “battersi per il potere”, “avere il potere” sono, in mancanza di una visione del mondo coerente, espressioni approssimative.

Se vogliamo usare in questo libro una terminologia corretta, e mai come in questo caso la forma è sostanza, dobbia partire dalle descrizioni per arrivare così a definizioni dal significato preciso.

Il potere è, come abbiamo visto, un ambiente, un insieme di relazioni: esistono, quote di potere, centri di potere, equilibri di potere. Ed è in base a questi equilibri che di riflesso si definisce la libertà. La libertà in senso assoluto prevede l’esistenza di un singolo completamente libero dai legami sociali. Tutta l’affannosa ricerca di una definizione della Libertà da parte della cultura liberale e libertario-anarchica, fino alle posizioni estreme di Stirner e del suo “Unico” si infrangono di fronte alla semplice considerazione che i legami con gli altri sono essenziali per l’esistenza stessa dell’individuo, determinano la sua stessa soggettività, e perciò non potrà mai liberarsene.

La famosa frase “la tua libertà arriva fino a dove comincia la mia”, gode di fama del tutto immeritata. Il solo modo di declinare il concetto che vuole esprimere è: “il tuo potere arriva fino a dove incontra il mio”, per essere pedanti, anzi, “la tua quota di potere si ferma quando si scontra con le altre quote”.

Ma allora come si può descrivere il concetto di libertà (assenza di vincoli) se questa assenza è impossibile? La libertà non esiste?

No. é solo che bisogna tornare all’interno del sistema di relazioni, e vedere in che modo queste relazioni si dipanano. La libertà, nell’ottica che stiamo proponendo, è uno spazio, e precisamente lo spazio che si crea per l’individuo grazie ai contrasti esistenti fra diversi centri di potere, che non potendo affermarsi in maniera definitiva, assicurano all’ambiente (sociale) una sufficiente viscosità.

La libertà è dunque (descrizione) quello spazio che si crea in mancanza di un potere assoluto, e nello scontro fra tanti diversi centri di potere. In quello spazio, ognuno di noi può esercitare il proprio potere, dove cioè, in termini adesso puramente umani, può mettere in pratica i suoi progetti, le sue idee. Si vede bene che in questa nostra descrizione siamo finiti pari pari alla domanda di Nietzsche: “Non dirmi “da” cosa vuoi essere libero, ma “per” cosa vuoi essere libero”. Non la libertà come assenza di vincoli ma la libertà come possibilità.

Ecco che ora può essere definito con precisione cosa sia “lottare per la libertà”: costruire spazi in cui muoversi, combattendo non ‘genericamente’ il potere (idea senza senso) ma lavorando sugli equilibri del potere e impedendone la cristallizzazione e la creazione di squilibri troppo forti.

Questo atteggiamento è automaticamente una lotta “per” il potere, e di conseguenza la libertà può essere assicurata solo da una “rivoluzione permanente”.

Tutte le ideologie basate sull’idea di Stato, comunque questa sia stata fino ad oggi declinata, sono ideologie che non considerano prioritaria la creazione di spazi di libertà, in ultima analisi liberticide. Lo Stato è un ente per niente metafisico, non ha personalità, non ha in sé alcun elemento morale. Lo Stato è semplicemente una struttura in cui si cristallizza il sistema (l’equilibrio) dei poteri, e che per sua vocazione annulla l’individualità stringendo in maniera assoluta il contesto normativo (la legge uguale per tutti e imposta a tutti) ed impedendo proprio all’individuo di sviluppare le relazioni che ritiene più favorevoli alla sua evoluzione. Lo Stato e il potere sono sempre e comunque sovrapponibili, ma se è vero che il Potere è ineliminabile, lo Stato (inteso appunto come istituzione “sovrana” che detiene il monopolio della legge e della forza) non lo è. Perciò, chi voglia lavorare per l’apertura di spazi liberi deve spingere perché ciò che oggi chiamiamo Stato divenga una somma di tanti poteri diversi, in cui nessuno abbia una netta supremazia. E costruire a propria volta dei centri di Potere, ossia delle strutture in grado di non subire la supremazia (assoluta) dei centri di Potere più forti.

La società che immaginiamo non è dunque né democratica né oligarchica: è una “poliarchia”, che possiamo definire la struttura sociale più possibile vicina all’Anarchia.

Non stiamo dicendo niente di particolarmente originale, stiamo solo leggendo la società da un punto di vista diverso.