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Il nuovo (ma antico) metodo scientifico: “Aprire la bocca e dare fiato” Il nuovo (ma antico) metodo scientifico: “Aprire la bocca e dare fiato”
Franco Slegato Lo spettacolo indecoroso di decine di scienziati, ricercatori, medici, che sgomitano per avere un palcoscenico televisivo e in genere mediatico, è ciò... Il nuovo (ma antico) metodo scientifico: “Aprire la bocca e dare fiato”

Franco Slegato

Lo spettacolo indecoroso di decine di scienziati, ricercatori, medici, che sgomitano per avere un palcoscenico televisivo e in genere mediatico, è ciò che ha caratterizzato, in maniera indelebile, il periodo cosiddetto ‘pandemico’.

Personaggi spesso di levatura internazionalmente infima, ma assurti, in Italia, al ruolo di grandi esperti, grazie alle posizioni occupate nella sanità, pubblica o privata, o nelle università, hanno preteso di parlare in nome della scienza, facendo costantemente passare le loro prese di posizione, le loro affermazioni, come verità assolute, in quanto prodotte da indagini scientifiche, o più banalmente “basate sul metodo scientifico”.

Ma un’analisi anche sommaria, permette di cogliere almeno due aspetti che mettono in crisi e affossano senza appello la loro pretesa:

– il fatto che le opinioni espresse siano spesso, e non su aspetti marginali, pesantemente contrastanti fra di loro;

– il continuo, e a volte imbarazzante, cambio di rotta anche individuale, per rincorrere la realtà, e far dimenticare le previsioni sbagliate o le posizioni precedenti.

Questo ci porta ad affermare che in tempi difficili (qualunque sia il motivo per cui i tempi sono difficili) affidarsi alla scienza (a scapito del buonsenso…) ossia, in realtà, agli scienziati, sia estremamente rischioso, perché per gli scienziati moderni il vero metodo scientifico è “aprire la bocca e dare fiato”, adeguandosi alle esigenze indicate dai loro finanziatori (case farmaceutiche, multinazionali in genere) e dalla politica, cui devono in gran parte le posizioni accademiche e professionali occupate.

Gli esempi di tutto questo sono così numerosi e così sotto gli occhi di tutti (solo i ‘giornalisti’ fanno finta di nulla, e rilanciano ogni castroneria senza preoccuparsi della castroneria precedente) che non cale citarli. Quello che invece è probabilmente interessante è ‘scoprire’ come la cd pandemia abbia solo portato alla ribalta un fenomeno che in realtà perdura da decenni, probabilmente dalla nascita stessa della scienza moderna. Perché il rapporto fra ‘scienza’, scienziati, politica e money non è di oggi…

intervista all’editore

Cominciamo da lontano, ossia dalla scoperta della radioattività, marzo 1896, Henry Bécquerel, e non M.me Curie come comunemente si crede. M.me Curie invece isolò il radio, due anni più tardi, il che permise, per contaminazione, di rendere radioattiva qualunque cosa.

Bene, in tempo reale (come si dice oggi) decine di scienziati e ricercatori scoprirono che la radioattività era il toccasana per innumerevoli problemi di salute, pubblicarono riviste ‘scientifiche’ che certificavano le loro intuizioni… e le case farmaceutiche inondarono dopo pochi anni (ma non pochissimi, il tempo di verificare gli effetti a lungo termine ci sarebbero stati) il mercato di prodotti “attivati”.

Bevande radioattive, cosmetici radioattivi, addirittura biancheria radioattiva, vernici luminescenti…

Questi deficienti (perché le cose vanno chiamate col loro nome) senza avere al più pallida idea di quel che poteva causare l’esposizione alle radiazioni, condannarono a morte decine di migliaia di persone, fra cui centinaia di operai ed operaie impiegati nella produzione.

Charles Davis, un importante medico di Chicago, scriveva nel febbraio del 1921 sul Journal of Clinical Medicine : “La radioattività è l’essenza stessa della vita […] previene la pazzia, stimola le emozioni nobili, ritarda la vecchiaia e crea una splendida, lieta vita giovanile” .

Potenza del metodo scientifico: aprire la bocca e dare fiato.

Ovviamente queste ‘informazioni’ diventavano poi verità assolute per la stampa, ma anche per i medici ordinari, e dunque per l’ignaro cittadino.

M.me Curie è morta nel 1934 per una grave forma di anemia, dovuta all’esposizione alle radiazioni, insieme a migliaia di altri poveracci di cui le cronache non parlano.

Ma veniamo a tempi più recenti.

Roberto Burioni ha l’abitudine di sostenere che i vaccini sono innocui, per la precisione che un’iniezione di esavalente ha lo stesso effetto negativo della puntura di una zanzara.

Immaginate lo stupore di chi scrive quando lo sentì affermare (cosa che non sapevo) che il primo vaccino per la pertosse venne ritirato perché aveva conseguenze “troppo severe”.

A metà gli anni ‘30 del secolo scorso M.me Curie era appena morta, ma la pratica di buttare sul mercato (oggi si direbbe inserire nei protocolli) sostanze appena scoperte, non era minimamente messa in discussione. Così, negli anni ‘50, si cominciò a produrre un vaccino, (peraltro ideato da due scienziati francesi molti decenni prima) costituito da cellule del batterio della pertosse, inattivate col calore o con la formaldeide

Gli effetti collaterali, in particolare a livello del sistema immunitario erano gravissimi, e dopo pochi anni, ma molte migliaia di vite devastate, la vaccinazione venne sospesa (ma mantenuta in realtà fino a quando non si riuscì a produrre un vaccino analogo, ma meno dannoso).

Non male per una puntura di zanzara.

Il rischio di effetti dannosi, anche gravissimi, di massa, per le nuove sostanze prodotte, divenne chiaro col passare dei decenni, e dunque i tempi della sperimentazione clinica si dilatarono. Questo non evitò casi di intossicazione mortale, vere e proprie stragi e catastrofi sanitarie (la nascita, ad esempio, dei bambini focomelici causata dal talidomide prescritto alle gestanti per calmare l’ansia: sperimentato solo sugli animali e mai su femmine incinte, e siamo agli anni ‘60….) ma in linea di massima mostrò un effettivo adeguamento del marketing sanitario (e delle agenzie del farmaco) a un minimo di rispetto per la vita delle persone. Però, gli scienziati, sempre ligi agli ordini dei loro finanziatori e padrini, non dissero ‘beh’ quando negli anni ‘80, per fronteggiare la famosa “epidemia” dell’AIDS, venne autorizzato dopo soli sei mesi di sperimentazione su un modesto campione di malati, un farmaco chiamato AZT (un chemioterapico del quale gli stessi scienziati ben conoscevano l’inaudita tossicità, essendo già stato proposto anni prima come cura contro il cancro, e bocciato dall’FDA) in grado di fermare per qualche mese l’HIV, ma che già nel breve termine azzerava letteralmente le funzionalità dei sistema immunitario.

L’AIDS è proprio una malattia del sistema immunitario, e fu così che decine di migliaia di morti vennero attribuite al virus, mentre invece erano causate dall’AZT. Ci vollero anni perché questo fosse riconosciuto, e la mortalità da AIDS crollò verticalmente con l’abbandono del medicinale killer (oggi utilizzato in quantità infinitesimali in alcuni ‘cocktail’, nei casi di malattia molto avanzata).

E’ appena il caso di ricordare che l’AIDS è ormai una sindrome marginale, rara, non mortale, senza che mai sia stato prodotto un vaccino per combatterla.

Qual è il medicinale che è stato poi autorizzato per una campagna di massa (totale) sulla popolazione senza uno straccio di sperimentazione almeno a breve termine?

Un attimo, fatemi pensare…

Franco Slegato

http://www.edizionisi.com/libro_titolo.asp?rec=274&titolo=Dittatura_sanitaria_e_moderna_Resistenza