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Il Forteto, una terribile storia italiana Il Forteto, una terribile storia italiana
Maria Cristina Franzoni Erano giovani allora. Un gruppo di giovani che ambivano ad un futuro migliore di quello che la cultura contadina dell’hinterland pratese... Il Forteto, una terribile storia italiana

Maria Cristina Franzoni

Erano giovani allora. Un gruppo di giovani che ambivano ad un futuro migliore di quello che la cultura contadina dell’hinterland pratese poteva offrire loro.

Un hinterland che sta crescendo a dismisura, velocemente e senza alcun progetto di qualificazione. Semplicemente una sorta di ubriacatura industriale che il boom economico degli anni ’60 con i suoi strascichi aveva regalato a macchia di leopardo sul territorio cozzando e stravolgendo una cultura contadina che si riproponeva ancora simile a se stessa generazione dopo generazione. In fondo era allora che si stava uscendo davvero dalla grande guerra con prospettive di benessere che sembravano incondizionate e per tutti. E quei giovani insoddisfatti non avevano per niente chiaro in che luogo della storia si trovassero né quali fossero le forze allora in gioco. Difficile saperlo in effetti perché non c’erano punti di riferimento validi a disposizione, mancavano confronti e forme culturali dal respiro ampio…. a chi ci si poteva rivolgere per comprendere e chiarire? La società intorno cresceva economicamente rivendicando a sé la forza e non lasciava spazio al respiro. In questo contesto un po’ ovunque l’insoddisfazione giovanile, studentesca, operaia e sociale, cresceva. Ma lì, nella provincia pratese, eravamo in terra contadina lontano dalle città e dalla possibilità di scambi utili ad una visione più ampia. Quei giovani si ritrovavano in uno spazio parrocchiale di un piccolo comune e in questo contesto si presenta il Fiesoli, il più anziano di tutti, pur essendo poco più che trentenne.

C’era bisogno di un punto di riferimento e sufficientemente provocatorio e lui senz’altro lo fu’. Si presenterà infatti come favorito da un diretto contatto con Dio, una sua diretta emanazione. Lui sapeva come fare per dare risposta alla insoddisfazione interiore di quei ragazzi e riempì quei vuoti con il suo personale bisogno di riempire il proprio di vuoto , prendendosi la loro fame di identità.

Con lui e intorno a lui inizia una storia di abusi di varia natura che durerà almeno trentacinque anni.

La gioventù di quei ragazzi si contorcerà in quei tempi di sofferenza trasformandoli in un modo che non potranno mai più dimenticare.

Il luogo principale dove si svolsero le vicende di questa tragedia è una proprietà agricola fatta di vari edifici e una grande quantità di terreno dove coltivare frutta e verdura, allevare pecore e produrre formaggi, tenere cavalli…una proprietà regalata dalla regione Toscana nel comune di Vicchio nel Mugello a nord di Firenze.

Una comunità a cui senza alcuna ragione legale e/o burocratica vennero affidati minori e adulti disabili o comunque in difficoltà familiare. Pur non avendone i requisiti sanciti dalla legge infatti un centinaio di persone furono coinvolte e travolte dalla arroganza delle leggi interne a questa comunità soffrendone conseguenze pesantissime in taluni casi sino al suicidio.

Cosa che nessuno ebbe a controllare e verificare.

La cornice fatta dalla meravigliosa campagna del Mugello, l’attività agricola e quella considerata di accoglienza dei più disagiati, era una bella cartolina da mostrare e consentiva di mettere la coscienza in pace a quei giovani. Giovani così velocemente indeboliti e sradicati da se stessi da acconsentire a cose che fuori da lì sarebbero state inaccettabili come la omosessualità imposta, lo sradicamento degli affetti familiari, la distruzione di qualsiasi forma di autostima sostituita dal rincorrere l’investitura temporanea del capo, lo sfruttamento lavorativo minorile e non, il ladrocinio perpetrato nei confronti dei compensi mai retribuiti e le proprietà indebitamente acquisite, le ambigue relazioni con il mondo esterno.

E’ una storia che chiede di essere vista, osservata, ascoltata finalmente dopo decenni in cui le vicende tragiche che si sono srotolate in quei luoghi e in quelle persone sono state tenute sotto silenzio, mistificate, depistate ed è stato molto faticoso uscire da quell’incubo.

Ma quello che più importa e che dà afflato vitale alla scrittura de “ La società immatura” è la necessità di ricomporre le connessioni sociali tra l’allora e l’oggi che ci riguardano tutti e che fanno di quelle vicende qualcosa di assolutamente contemporaneo, ancora vivo, presente e dalle mille facce. Qualcosa con cui tutti, proprio oggi, ci dobbiamo misurare.

https://www.edizionisi.com/libro_titolo.asp?rec=277&titolo=La_societ%E0_immatura_-_Il_caso_Forteto