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I controproducenti distinguo del Movimento 5 Stelle e le logiche illogiche che lo stanno sgretolando dall’interno I controproducenti distinguo del Movimento 5 Stelle e le logiche illogiche che lo stanno sgretolando dall’interno
ITALIA – A ridosso delle ultime elezioni regionali in Emilia e Calabria e nell’approssimarsi di tutte le possibili amministrative sui territori della Penisola, più... I controproducenti distinguo del Movimento 5 Stelle e le logiche illogiche che lo stanno sgretolando dall’interno

ITALIA – A ridosso delle ultime elezioni regionali in Emilia e Calabria e nell’approssimarsi di tutte le possibili amministrative sui territori della Penisola, più o meno manifestamente, più o meno dentro al Movimento 5 Stelle, si anima un dibattito a dir poco surreale: se sia giusto o no stringere alleanze con il nemico storico (d’altri tempi), il PD.

Detto che le due opposte fazioni sono, grossomodo, gli aderenti alla linea ufficiale del NO alle alleanze sui territori e la linea dissidente (o quanto meno non allineata) del PERCHE’ NO?, proviamo ad uscire dal prendere una posizione o l’altra per “ragioni interne”, che ovviamente non riguardano un giornale. E allora proviamo a “ragionare” rimettendo al posto loro le categorie in ballo.

LE CATEGORIE, sono o dovrebbero essere innanzitutto quelle della politica; in subordine quelle di una politica democratica; infine quelle di una dialettica democratica, In tutto questo discorrere non si può non praticare la via greca, quella che governa qualsiasi dialettica e cioè la logica (oltre che la retorica).

Caliamo tutto questo sul dibattito in corso di cui dicevamo: alleanze col PD mai (sui territori), alleanze col PD perché no?

Premesso che quelli del “perché no?” timidamente non direbbero mai PD sì, per una sorta, forse, di pudore morale che residua dai primordi del Movimento, soffermiamoci ai ragionamenti ed alla logica che sottende a ciascuno dei due diversi esiti.

I RAGIONAMENTI – Quelli del NO: assolutamente non si può e non si deve praticare la via delle coalizioni sui territori con quel partito che più di altri ha massacrato quei territori. E poi, sembrano aggiungere i fondamentalisti “Come lo spieghiamo ai nostri elettori? Come faremmo a dire di votarci dopo che chiedemmo loro la fiducia proprio contro?”.

Quelli del “Non vorrei ma bisogna“: non si dovrebbe cercare un’alleanza col PD ma rischiamo di sparire schiacciati fra le ganasce dello stesso PD che, stando al Governo, inizia a rivendersi tutto quello che lì si sta facendo di buono, e le destre, ben forti delle mille alleanze che propongono a tutti e che guidano.

LA LOGICA – Ora, da osservatori, dobbiamo chiederci e ci chiediamo quali siano le logiche di queste due posizioni. I fondamentalisti, la famosa montagna del post rivoluzione francese, si aggrappano, senza adottare una vera logica consequenziale, al principio secondo cui il Movimento ha accettato di far parte del Governo, ispirandosi al sottile distinguo che al Governo si è trattato di un patto stretto sui programmi (accordo programmatico), sui territori non riproducibile (chissà poi perché) e dunque mai col PD. E di fatto questa è tutto tranne che una logica!

La pianura (sempre per restare nella metafora post rivoluzionaria) invece chiede una logica che “scenda” dal governo ai territori, insomma che quale che sia stato il principio informatore dell’alleanza al governo con il PD (come lo fu con la Lega), si applichi anche sui territori (perché no?).

Sempre da osservatori terzi, ci sembra che l’interruzione della cascata e della catena logica propugnata dai montagnardi, quanto meno acritica, non abbia altresì comportato, ad esempio, conseguenze logiche ma soprattutto pratiche: i fautori del no, magari già eletti nei consigli regionali o comunali, perché non si sono dimessi alla stretta dell’accordo governativo con il mortal nemico? Perché, loro sui territori, hanno continuato a partecipare ai consigli mentre ora (da quel che si legge sulle diatribe interne sulle pagine dei quotidiani) gridano allo scandalo? Per uno che apre alle alleanze sui territori anche col PD, altri portavoce sono pronti a sconfessarlo: però non hanno gridato allo scandalo all’alleanza fatta al Governo con la Lega o col PD (dove sì ci sono i “veri mostri”). E le elezioni regionali hanno ridotto tutti gli eletti del Movimento a stare in minoranza, come effetto di quella mancata alleanza o come effetto di un dissenso non manifestato. Un’ambiguità costata cara in tutta Italia.

Mentre il popolo votante, che non ama le sottigliezze, non capisce perché al Governo sì e altrove no e, sbrigativamente, non ti vota più, i fautori del NO non capiscono a loro volta perché hanno perso voti. Certamente non è bastato dire “Al Governo non c’era altra possibilità” perché il popolo sa che un’alternativa c’è sempre e che si poteva resistere ad oltranza.

Si profilano almeno un paio di conseguenze politiche: seguendo i primi il Movimento sparirà stritolato dai maestri delle politiche pratiche (Lega e PD); seguendo i secondi il Movimento sparirà sotto il peso della mancata promessa fatta ai cittadini “mai col PD”.

Un dubbio amletico dalla stessa soluzione se gli Stati Generali del Movimento di prossima convocazione, non decideranno finalmente di partorire una linea politica, diversa da quella dei NO, da quella dei NI o da quella del SI al capo. Se da questi Stati Generali il Movimento sarà in grado di rigenerarsi dandosi delle linee politiche realmente ispirate a dialettiche politiche chiare a tutti, che prendano in considerazione anche il cambiamento delle cose, i mutamenti in corso, le dinamiche ecc. ecc. accogliendo anche il dialogo interno e consentendo alle correnti di esprimersi ed essere rappresentate, se, saprà farne una teoria finalmente logica e se, insomma, sarà in grado di uscire dalle ipocrisie, dai silenzi, dai battibecchi nelle sedi sbagliate, dai falsi distinguo utili solo a chi è interessato, beh forse una speranza per il Movimento ci sarà ancora: la speranza di comprendere il proprio paese e interpretarne al meglio i bisogni e deciderne i destini.

O.N.