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Giornalismo politico, oggi. Antropologia della comunicazione Giornalismo politico, oggi. Antropologia della comunicazione
La recente crisi di Governo innescata ad agosto, come noto, dal segretario della Lega, ha “scoperto” il nervo dolente della stampa, per così dire... Giornalismo politico, oggi. Antropologia della comunicazione

La recente crisi di Governo innescata ad agosto, come noto, dal segretario della Lega, ha “scoperto” il nervo dolente della stampa, per così dire amica. Senza fare i nomi dei volti che continuamente appaiono nelle televisioni nazionali, ne valga uno per tutti, Vittorio Feltri, che rappresenta la punta dell’iceberg di un modo di fare giornalismo, oggi imperversante in Italia, su cui vorremmo fare il focus.

Piantarsi lì davanti allo schermo e dare letteralmente sfogo ai propri dolori di pancia, sputare tutto il veleno possibile sotto forma di “opinione autorevole” dà la misura di un giornalismo che certamente è diventato una creatura da studiare: non più dedito alla accuratezza delle fonti, non più capace di approfondite analisi tecniche politiche, non più attento a non denunciare le distanze dalle proprie viscerali simpatie politiche, ecco che si dà alla “lettura” mistificante della realtà distorta dalle proprie personali propensioni. Un opinionismo che farcisce di ingiurie il suo nemico, un giornalismo che preferisce soffermarsi sulla mimica facciale dell’avversario…. del “prossemico”… ridotto alla “semiologia che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione”.

L’evoluzione, o meglio, l’involuzione, di questo prezioso mestiere è oggi nella sua fase peggiore: dopo averci millantato negli anni scorsi una falsa oggettività dietro un’acredine per il nemico politico ancora trattenuta (e qui valga come esempio la Gruber), fatta di battutine, frecciatine, disequilibrata concessione di tempo agli interlocutori a seconda del partito di appartenenza, ecc., assistiamo oggi al più sfacciato schieramento a prescindere dalle argomentazioni dell’altro. Una sequela di accuse, sparate al vento da un podio non autorizzato, a capo basso, che se imbracciassero un mitra equivarrebbe a una sventagliata ad alzo zero: questo è il giornalismo oggi, almeno quello conclamato attraverso la tv, così i Direttori di testata e i loro caporedattori, le loro più pregevoli “firme” imperversano con una soloneria, una saccenza, una protervia mai viste prima. Con intervistatori spesso compiacenti “per amor di audience”.

Ma soprattutto: qualcuno al di qua dello schermo, da casa, si accorge di questo pessimo modo di essere giornalisti? Di questo svilimento quotidiano di una professione che in una democrazia dovrebbe essere e interpretare, a difesa dei cittadini, uno dei contrappesi del potere, a garanzia delle libertà di ciascuno e di tutti? Ci si rende conto delle lobby che, pagandone le tristi performance falso-opinioniste, ne dettano ogni parola, ogni smorfia?

Ariel