Il Ministro degli esteri completa il tragitto per traslocare il fu 5 Stelle nel sistema dei partiti che doveva combattere. Prime durissime reazioni
L’intervista rilasciata oggi da Luigi Di Maio al Fatto di Marco Travaglio ha indubbiamente il pregio della chiarezza.
Uscendo finalmente dall’ambiguità che ne aveva caratterizzato le posizioni degli ultimi mesi, (“massimo rispetto per le decisioni dei territorio” era stato il matra che accompagnava ogni dichiarazione) il Ministro degli Esteri e già capo politic del M5S dice oggi al fatto che occorre un patto col PD sui sindaci, per presentare liste comuni o alleate dal 2021 in tutti i comuni. Che nelle regioni ‘ci siamo mossi tardi’. Il che aggiunto all’alleanza di governo, fa indiscutibilmente e senza che nessuno su Rousseau abbia dato il olacet, una bela alleanza strutturale, sistemica, con il Partito Democratico.
Lui ha stabilito che “da soli non si vince”, e quindi, finalmente cancellate le autonomie territoriali, spiega come “il modello nazionale vada replicato ‘dove possibile’ a livello locale. Sottolinea come i risultati elettorali regionali e comunali abbiano una ricaduta sulle leadership nazionali di governo.
Insomma, la svolta, secondo lui, deve essere rapidamente completata.
Si scrive ‘svolta’, ma si tratta di un tradimento a 360 gradi: degli elettori che hanno votato M5S per mandare a casa i vecchi partiti, degli attivisti che hanno dato l’anima non certo per qualche assessore in più. E della ragione stessa di essere del M5S. i questo parere Barbara Lezzi, secondo cui “se questo deve essere il M5S, quello raccontato oggi da Di Maio, possiamo tranquillamente dire che fino ad ora abbiamo scherzato, giocato o forse tradito”.
O. N.